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Giovedì, 25 Aprile 2024
Riarmo

Le armi come il vaccino: l'Ue vuole una centrale d'acquisto congiunto. Ma i trattati glielo vietano

Il piano di Bruxelles per promuovere la cooperazione nella corsa agli armamenti tra i 27. A oggi, la spesa comune tra i Paesi membri è ferma all'11%

L'impegno è arduo. Da un lato, c'è da colmare le lacune più urgenti: sistemi di difesa aerea e missilistica da rafforzare, scorte da ricostituire (tanto più dopo averle usate per sostenere l'Ucraina), armi e mezzi da sostituire perché risalenti ancora al genio ingegneristico dell'era sovietica (e dunque ben noti ai generali del Cremlino). Dall'altro, c'è un limite legale: i trattati non prevedono che l'Unione europea possa finanziare direttamente operazioni di difesa. La Commissione Ue lo sa bene, ma l'occasione è storica: la guerra lanciata dalla Russia ha rilanciato la corsa agli armamenti dei Paesi membri. E ora Bruxelles vuole che questa corsa venga fatta insieme, un po' sul modello dell'acquisto congiunto di vaccini anti-Covid. Un primo passo per superare le gelosie nazionali, e cominciare a costruire una vera difesa europea.

Nasce da questi ragionamenti il piano presentato dalla Commissione "per rafforzare la base industriale e tecnologica della difesa europea". Il piano si basa su un'analisi dei gap degli eserciti dei 27 Paesi membri: mancano difese aeree per proteggere le città o le infrastrutture chiave da attacchi di missili, droni di sorveglianza e aerei da combattimento, carri armati e forze navali moderni. A questa mancanza di armi su larga scala si aggiungono ostacoli alla mobilità e alla logistica, l'assenza di una rete di connettività satellitare con copertura europea e crittografata, buchi nella sicurezza informatica e carenza di munizioni dopo le spedizioni di materiale per aiutare l'esercito ucraino.

Non tutte queste lacune possono essere coperte nell'immediato. L'urgenza, come dicevamo, è ricostruire gli stock svuotati di recente per via del sostegno a Kiev (o per carenze negli acquisti negli ultimi anni), rimpiazzare armamenti dell'era sovietica, e dotarsi di difese aeree e anti-missili più moderne. Secondo i calcoli della Commissione, finora la spesa complessiva dei Paesi Ue per la difesa è stata di circa 200 miliardi di euro all'anno. Il totale dovrebbe aumentare di 60 miliardi se i 21 Stati membri che fanno parte della Nato raggiungeranno l'obiettivo di investire nella difesa l'equivalente del 2% del Pil. Ma gli eventuali nuovi investimenti nazionali non saranno sufficienti a migliorare lo stato della sicurezza del Vecchio Continente se non ci sarà un reale coordinamento tra gli eserciti, cosa fino a oggi solo abbozzata nell'ambito della Pesco, ossia la politica di cooperazione sulla difesa varata dall'Ue nel 2015 anche in seguito alla guerra in Crimea.

Secondo la Commissione, una frammentazione della spesa a livello nazionale rischia di finire per alimentare le industrie belliche non europee. "Purtroppo, altri precedenti aumenti di spesa", si legge nel documento in riferimento agli Stati Uniti, sono andati a beneficio dei "nostri alleati". E, "quel che è molto peggio" dei "nostri rivali". Da qui il richiamo a indirizzare i nuovi investimenti verso l'acquisto congiunto di armamenti, che nel 2020 si era fermato all'11% del totale, contro il 35% del target fissato dall'Ue. Per promuovere gli acquisti congiunti, Bruxelles mete sul piatto "500 milioni di euro del bilancio dell'Ue in due anni". Ma tra il dire e il fare, c'è di mezzo il vuoto normativo: la Commissione, infatti, non può "finanziare elementi che toccano le operazioni di difesa", secondo quanto ha spiegato un alto funzionario dell'esecutivo Ue a Politico.

Per aggirare questo ostacolo legale, Bruxelles intende finanziare "l'ecosistema manifatturiero più ampio", ossia tutta quella parte di produzione che non necessariamente è legata alle operazioni di difesa, come la ricerca e lo sviluppo. Ma si pensi anche, per esempio, all'industria dei droni, che possono essere usati sia per fini civili, sia per quelli militari. Un escamotage che, a dirla tutta, non è nuovo: già in passato la stessa Ue, per voce del suo Parlamento, ha criticato la scarsa trasparenza nel mercato internazione delle armi a duplice uso. 

A ogni modo, superati i cavilli democratici, la Commissione intende creare "una task force per gli appalti congiunti nel settore della difesa per collaborare con gli Stati membri per sostenere il coordinamento e risolvere i conflitti di cui hanno bisogno per gli appalti a brevissimo termine per far fronte al nuovo contesto di sicurezza". Questa task force, è l'idea di Bruxelles, "aprirà la strada a un quadro dell'Ue per gli appalti congiunti nel settore della difesa", ossia sarà la base per la creazione di una vera e propria centrale di acquisti congiunti europea. Sempre che i governi nazionali siano d'accordo.

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