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Martedì, 16 Aprile 2024
Islam / Francia

La Francia vuole vietare l'hijab nelle competizioni sportive

Inizialmente la proposta di legge voleva mettere al bando tutti i simboli religiosi. Ma un emendamento proposto dai repubblicani, e approvato dal Senato, menziona esplicitamente l’hijab

Dopo scuole e uffici pubblici il Senato francese vuole ora vietare l’uso del velo nelle competizioni sportive. La controversa decisione, osteggiata dal governo di Emmanuel Macron, è stata approvata con 160 voti favorevoli e 143 contrari nella camera alta del Parlamento la scorsa settimana. Prima del voto, i senatori del partito di destra Les Republicains avevano modificato la proposta di legge, che inizialmente riguardava i "simboli religiosi", per menzionare esplicitamente "l'uso dell'hijab".

"Se l'uso del velo non è esplicitamente vietato, potremmo assistere alla nascita di club sportivi comunitari che promuovono alcuni segni religiosi", si legge nell’emendamento. Oltre alla loro presunta preoccupazione per la laicità, i senatori hanno sostenuto che il velo è un potenziale pericolo per la sicurezza di chi li indossa durante lo sport.

L'emendamento, proposto dai repubblicani dovrà adesso passare per una commissione composta da membri del Senato e della Camera bassa che si impegnerà a trovare un compromesso sul testo prima della sua pubblicazione, il che significa che l'emendamento può ancora essere cancellato.

Continua quindi la lotta della Francia in difesa della laicità, che negli ultimi anni si è in realtà scontrata più di una volta con alciuni simboli dell'Islam. Da anni il Paese osteggia esplicitamente l’utilizzo di simboli religiosi, con particolare attenzione rivolta all’utilizzo dell’hijab. Dal 2004 l’utilizzo di qualunque simbolo religioso è vietato all’interno delle scuole, sia per i docenti che per gli alunni. Nel 2019 poi, il Senato ha adottato un emendamento alla legge sulla scuola di fiducia per vietare l'uso del velo da parte dei genitori nelle gite scolastiche, ma questo emendamento è stato respinto in commissione congiunta.

Nel settore pubblico, il velo è vietato. I dipendenti pubblici devono rispettare una rigorosa neutralità, sia che siano in contatto con il pubblico o meno. Per quanto riguarda il settore privato, invece, il datore di lavoro può vietare il velo. Tuttavia, la decisione non deve essere motivata da criteri religiosi ma dalle conseguenze che l'indumento potrebbe avere in termini di organizzazione, igiene o sicurezza sul lavoro. Ad esempio, in ambito sportivo, la federazione calcistica francese vieta già alle donne di indossare l'hijab nelle partite ufficiali, così come nelle competizioni che organizza.

L'articolo 2 della legge sul lavoro dell'agosto 2016 prevede anche la possibilità di inserire nel regolamento interno norme che stabiliscano il principio di neutralità nell'azienda e che limitino la manifestazione delle convinzioni (politiche o religiose) dei dipendenti. Ma il datore di lavoro non può vietare il velo e autorizzare la kippah, per esempio. Deve bandire tutti i segni religiosi, politici e filosofici. Infine, questa regola può essere applicata solo ai dipendenti in contatto con i clienti.

Lo scorso anno il Paese ha approvato il contestato disegno di legge sul “separatismo religioso”, che prevede un maggiore controllo da parte dello stato sulle organizzazioni religiose e i luoghi di culto che diffondono «teorie o idee» che «provocano odio o violenza». Il termine «separatismo», indica il fatto che, secondo Macron, molte persone musulmane vivrebbero in una «società parallela», porosa al fondamentalismo islamico e contraria ai valori laici della Repubblica francese.

La legislazione mira a garantire che la vita pubblica in Francia rifletta i valori della laicité, la laicità di stato, un principio giuridico secolare che separa Chiesa e Stato e impone la neutralità della Francia sulla religione. La legge espande la capacità dello stato di chiudere luoghi di culto e scuole religiose, così come di bandire predicatori che considera "estremisti". Tra le preoccupazioni per il finanziamento estero delle moschee, richiede ai gruppi religiosi di dichiarare grandi donazioni straniere e di far certificare i loro conti. Questa legge prevede una serie di misure volte a contrastare l'odio religioso e pratiche considerate contrarie ai principi repubblicani. Diversi esponenti della comunità musulmana, però, hanno contestato il provvedimento, ritenendolo uno strumento di ingerenza da parte dello Stato.

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