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Venerdì, 19 Aprile 2024
La misura

Il G7 fissa un tetto al prezzo del petrolio (ma solo a quello della Russia)

La Francia aveva proposto un price cap a livello globale. Che avrebbe colpito anche il principale produttore mondiale, gli Stati Uniti

Via libera al tetto ai prezzi del petrolio, ma solo a quello russo. Gli Stati Uniti hanno ottenuto l'ok del G7 alla proposta lanciata dall'amministrazione di Joe Biden per fermare gli aumenti del costo del greggio, che sta avendo un impatto notevole sull'inflazione negli Usa (un po' come il gas in Europa). Adesso, bisognerà capire come attuarlo nella pratica, e non sarà facile. 

Il problema di base, come è emerso quando l'Unione europea ha deciso di varare l'embargo all'oro nero di Vladimir Putin (che scatterà nel 2023), è che il mercato del petrolio è complesso, interconnesso e lungo la sua filiera gli interessi in gioco sono anche quelli delle aziende occidentali (si pensi alle raffinerie e alle petroliere, per esempio). Al G7, tanto per capirsi, la Francia aveva cercato di fare saltare il banco sul price cap proponendo che il tetto ai prezzi riguardasse tutti produttori di petrolio, non solo i russi. L'intento dell'Eliseo era di "punire" i Paesi dell'Opec, "rei", a detta dei funzionari francesi, di aver tirato il freno sulle solo produzioni nazionali per tenere alti i prezzi sul mercato. Ma la misura avrebbe colpito anche gli Stati Uniti, che sono il primo produttore mondiale di petrolio. 

Alla fine, il presidente Emmanuel Macron ha ritirato la proposta, e i leader del G7 si sono accordati sul principio: un price cap sui barili di Mosca per fermare il vantaggio competitivo della Russia, che finora sta incassando cifre record grazie all'aumento dei prezzi (spinto anche dagli embarghi e dalle riduzioni negli acquisti in Occidente) e all'aumento delle esportazioni verso l'Asia, in particolare in Cina. Pechino, approfittando di enormi sconti sui prezzi, ha importato per la prima volta 2 milioni di barili di petrolio russo al giorno il mese scorso. Anche le importazioni dall'India sono aumentate, sfiorando i 900.000 barili al giorno a maggio. Secondo l'Agenzia internazionale per l'energia, i ricavi delle esportazioni petrolifere russe sono aumentati di 1,7 miliardi di dolari a maggio, per un totale di 20 miliardi. Nel maggio 2021, l'incasso si era fermato a 15 miliardi.

Il piano del G7, in base alla proposta Usa, dovrebbe servire a "completare" gli embarghi decisi dagli stessi Paesi occidentali, che, come dicevamo, hanno finora avuto l'effetto opposto di aumentare i prezzi e i profitti dei produttori russi. Uno dei grandi limiti di questi embarghi è che le petrolierie con i barili di Mosca riescono a trovare facilmente nuovi sbocchi di mercato, e la minaccia di sanzionare chi acquista il greggio russo rischia di non funzionare. Da qui, l'idea alternativa: l'Occidente non compra il petrolio di Mosca, gli altri lo pagano a basso prezzo: chi rispetta l'accordo, non verrà sanzionato. 

Questo schema, secondo sempre gli Usa, ha più probabilità di successo: chiuse le scappatoie, i Paesi del G7 potrebbero usare il loro potere di cartello come acquirenti per spingere il mercato a prezzi più bassi. Ne guadagnerebbero i consumatori, mentre la Russia ridurrebbe le sue entrate. 

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