rotate-mobile
Sabato, 20 Aprile 2024
Il piano

Le 8 tecnologie green e le miniere su cui punta l'Europa per rivoluzionare l'industria

Permessi più rapidi, deroghe ai vincoli ambientali e aiuti di Stato: la risposta dell'Ue a Usa e Cina

Permessi rapidissimi per i progetti strategici in otto tecnologie chiave, dai pannelli solari alle pompe di calore, passando per le fabbriche di batterie e gli impianti di biogas. Meno burocrazia per aprire nuove miniere e ridurre la dipendenza dai Paesi terzi, in particolare la Cina, delle materie prime critiche, come terre rare e litio. E poi ancora una Banca dell'idrogeno per stimolare la conversione del settore energetico fossile. Sono questi alcuni dei punti chiave del pacchetto di proposte con cui la Commissione europea intende rispondere all'Ira, il maxi piano degli Stati Uniti per la transizione ecologica e digitale, accusato di eccessivo protezionismo da diversi governi Ue (in particolare Germania e Francia).

Il pacchetto, anticipato da una nuova normativa sugli aiuti di Stato, si fonda principalmente su due proposte di regolamento, il "Net-zero industry act"  e il "Critical raw materials act": il primo si concentra su quali tecnologie concentrare gli investimenti in Europa (ma non solo). Il secondo, invece, guarda alla filiera dell'approvvigionamento di materie critiche per sostenere lo sviluppo di tali tecnologie. In entrambi i casi, gli occhi sono puntati sui due grandi competitor internazionali: Usa e Cina. Per quanto riguarda le risorse per portare avanti questi piani, oltre ai già citati aiuti di Stato, la Commissione ha ribadito che punterà su un nuovo Fondo di sovranità che dovrebbe garantire risorse fresche anche per quei Paesi che hanno margini di bilancio più ridotti (come l'Italia, per esempio). Ma finora, è solo una promessa, che i falchi del rigore stanno già stoppando.

Net-zero industry act

Il "Net-zero industry act" si pone l'obiettivo di trasformare il panorama industriale europeo, facendo in modo che "la capacità di produzione di tecnologie strategiche a zero emissioni dell'Unione si avvicini o raggiunga almeno il 40% del fabbisogno europeo entro il 2030". Il timore di Bruxelles è che tali gli investimenti in tali tecnologie prendano la strada di Washington o Pechino, che hanno messo a disposizioni ingenti aiuti statali per velocizzare la doppia transizione ecologica e digitale. La Cina lo ha fatto già nel 2015, con il suo piano "Made in China 2025". Gli Stati Uniti si sono mossi solo a fine 2022, con l'Ira. L'Europa, che come gli Usa ha professato scetticismo verso la capacità dell'interventismo statale di stimolare lo sviluppo economico e tecnologico, prova adesso a recuperare il ritardo.

Lo fa innanzitutto delineando le 8 tecnologie su cui far concentrare investimenti (pubblici e privati): tecnologie solari fotovoltaiche e termiche; eolico onshore e energie rinnovabili offshore; batterie e accumulatori; pompe di calore e geotermia; elettrolizzatori e celle a combustibile; biogas e biometano; cattura e stoccaggio del carbonio; tecnologie di rete. Non c'è il nucleare, nonostante le pressioni della Francia. Ma per l'atomo c'è comunque un trattamento di favore, come vedremo più avanti.

Per favorire lo sviluppo produttivo di queste tecnologie, la Commissione propone di ridurre i tempi di attesa per i permessi pubblici per avviare i progetti: Bruxelles ha stabilito un tetto massimo di 9 mesi per i progetti che coinvolgono le otto tecnologie strategiche individuate con una capacità produttiva annua inferiore a 1 Gw, e un tetto di 12 mesi per progetti superiori a 1 Gw. Permessi più rapidi sono previsti anche per una serie di tecnologie considerate sempre a zero emissioni, ma non strategiche: le tecnologie per i combustibili alternativi sostenibili, le tecnologie avanzate per produrre energia nucleare con scarti minimi dal ciclo del combustibile, i piccoli reattori modulari e i relativi combustibili a minore impatto. Per queste, i tempi di attesa massimi saranno di 12 mesi per impianti al di sotto di 1 Gw, e di 18 mesi per quelli superiori a tale soglia.

All'interno delle tecnologie strategiche, la Commissione ha inserito un obiettivo che va incontro alle richieste dell'industria energetica fossile e di quella pesante: entro il 2030 l'Ue dovrà raggiungere una capacità di stoccaggio di Co2 pari a 50 Mt annuali. "Ciò eliminerà un importante ostacolo allo sviluppo della cattura e dello stoccaggio di Co2 come soluzione climatica economicamente valida, in particolare per i settori ad alta intensità energetica difficili da abbattere", scrive Bruxelles. Connesso a questo c'è anche una sorta di allegato al piano, la Banca europea dell'idrogeno, un'iniziativa che mira a stimolare la produzione di idrogeno, sia in Europa, sia all'estero, favorendo anche la conversione dei produttori di petrolio e gas.  

Protezionismo e materie prime

A differenza degli Stati Uniti, per favore la propria industria, la Commissione non introduce palesi strumenti protezionistici, come i generosi incentivi che Washington intende riservare ai consumatori che acquistano auto prodotte esclusivamente in Nordamerica e con materiali e componenti in maggioranza nordamericana. Semmai, introduce nuovi requisiti sugli appalti pubblici affinché i governi Ue prendano in considerazione la “sicurezza dell'approvvigionamento” quando si tratterà di elargire aiuti di Stato. "Non tutto verrà prodotto nell'Ue, ma nell'Ue deve essere prodotto di più", ha assicurato il vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans. In sostanza, il criterio della sicurezza dovrebbe spingere i Paesi Ue a dare priorità assoluta a sviluppare tecnologie che riducano la dipendenza dall'estero di componenti fondamentali, come le batterie per le auto elettriche o come i pannelli solari, per esempio. 

Connesso a questo c'è il tema delicatissimo delle materie prime. Il regolamento ad hoc presentato dalla Commissione prevede obiettivi ambiziosi per un settore, quello dell'estrazione mineraria, il cui processo di smantellamento in Europa va avanti da tempo: anche in questo caso, Bruxelles ha individuato una lista di materie prime critiche su cui puntare, ossia quelle strategiche per sviluppare le tecnologie a zero emissioni (e non solo): dal litio alle terre rare, dalla grafite al nichel. 

Su questi materiali, la dipendenza da Paesi terzi è elevatissima: quasi totale dalla Cina per le terre rare, lo stesso vale per il borato della Turchia, mentre il 63% del cobalto arriva dalla Repubblica democratica del Congo. Il Raw materials act prevede due target obbligatori da raggiungere entro il 2030: una quota di almeno il 10% di materie critiche estratte nell'Ue, e un tetto del 65% di dipendenza da Paesi extra Ue su ogni materia prima strategica, dall'estrazione alla raffinazione.

Per aprire nuove miniere, come scritto da Europa Today, occorre superare gli ostacoli posti dalle stesse norme Ue per la protezione della natura. Su questo, Bruxelles fissa dei permessi più rapidi e deroghe più ampie per i progetti strategici. La Commissione prevede poi di puntare sulla creazione di una filiera per il riuso e il riciclo che consenta di ridurre la pressione sull'estrazione dal sottosuolo. 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Le 8 tecnologie green e le miniere su cui punta l'Europa per rivoluzionare l'industria

Today è in caricamento