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Giovedì, 25 Aprile 2024
Sanzioni e scappatoie

Come la Russia può aggirare l'embargo sul petrolio (anche grazie alle navi Ue)

I "taxi" del mare, i mix di greggio, ma anche le scappatoie legali: così Mosca prova a salvare il business dell'oro nero

Dopo quasi un mese di negoziati, i leader dei 27 Paesi Ue hanno finalmente trovato l'accordo per vietare le importazioni di petrolio dalla Russia a partire dal 2023. Per risolvere il problema del veto dell'Ungheria, l'intesa prevede che l'embargo non riguardi l'oleodotto di Druzhba, che rifornisce Budapest (ma anche altre regioni europee), ma solo il trasporto via mare, che rappresenta circa il 70% dell'attuale export di greggio russo verso il blocco. Eppure, proprio in mare rischiano di vanicarsi gli sforzi di Bruxelles per colpire il business petrolifero di Mosca.

Il ruolo della Grecia

Come segnalato da diversi esperti del settore, infatti, quello delle petroliere è un mercato pieno di opacità. E in questo mercato, ci sono Paesi Ue che giocano un ruolo centrale, come la Grecia. Gli armatori ellenici, infatti, detengono una fetta importante delle rotte commerciali dell'oro nero. E da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, le loro navi hanno aumentato i giri di affari con i giganti del petrolio russi. La società di intelligence marittima Lloyd's List ha segnalato che una rete di navi per lo più di proprietà greca sta imbarcando in queste settimane volumi crescenti di greggio da altre navi russe, i cui traffici sono bloccati dalle sanzioni già comminate da Paesi come Usa e Regno Unito.

I taxi del greggio

Il metodo è quello usato già in passato per aggirare le sanzioni a Venezuela e Iran, altri due big del petrolio internazionale: una nave sanzionata (in questo caso russa) trasporta il greggio fino a un punto di contatto in mare con un'altra petroliera non sanzionata: fatto il trasbordo, quest'ultima si occuperà di rifornire il cliente finale. Secondo Lloyd's List, armatori greci (ma anche maltesi) stanno facendo una fortuna con questo stratagemma, che formalmente non è illegale. E stanno aiutando la Russia a mantenere la produzione a livelli elevati.

Secondo quanto emerge dal registro navale di Lloyd's List, dall'inizio del conflitto, "si stima che 4,5 milioni di barili di greggio per un valore di circa 509 milioni di dollari americani abbiano lasciato il Paese ogni giorno". Sempre secondo i dati dei Lloyd's, nel corso del mese di aprile 190 petroliere hanno lasciato le linee nei porti petroliferi russi di Primorsk, Novorossijsk, Ust-Luga e San Pietroburgo, 76 delle quali battevano bandiera greca. Gli elleni hanno così triplicato la loro quota nel trasporto petrolifero russo rispetto all'anno precedente, scrive Die Welt. Mentre i barili che la Russia non è riuscita a consegnare all'Europa sono andati in India e ad altri acquirenti asiatici.

Questo schema, che finora ha tenuto a galla il settore petrolifero russo, potrebbe però saltare con l'embargo Ue: sostituire l'attuale quota di clienti europei (circa il 43% indica Lloyd's List) con i nuovi acquirenti non sarà facile nell'immediato. Le società russe potrebbero essere costrette a ridurre l'estrazione, o addirittura a fermare il pompaggio in alcuni pozzi, con conseguenze pesanti sulle infrastrutture. Già a maggio, scrive Politico, il taglio della produzione ha superato gli 800mila barili al giorno. 

Aggirare le sanzioni

Per ridurre l'impatto dell'embargo, e far arrivare greggio russo in Ue nonostante le sanzioni, gli armatori conoscono altre tecniche che potrebbero venire utilizzate: una di queste consiste sempre nel passaggio del petrolio da una nave russa a una non russa, dove viene diluito con altri greggi. E così, per esempio, una nave battente bandiera greca può raggiungere un porto Ue con un carico etichettato come petrolio kazako o del Turkmenistan. Politico segnala che le petroliere che trasportano greggio russo stanno disattivando i transponder di identificazione, rendendo difficile rintracciare la loro destinazione. "Coloro che sono nel business in termini di [evasione] delle sanzioni, conoscono queste tecniche". dice Maria Shagina, esperta dell'Istituto finlandese per gli affari internazionali. "I nordcoreani lo fanno. Lo fanno gli iraniani. Sarei scioccato se i russi non lo facessero", ha aggiunto un ex alto funzionario delle sanzioni del Tesoro degli Stati Uniti.

I furbetti del greggio sono abituati a questi trucchetti. Dopo l'accordo politico raggiunto al vertice di questa settimana, gli ambasciatori Ue sono adesso al lavoro per definire i dettagli tecnici dell'embargo, e prevenire il più possibile le scappatoie. A rendere l'azione di contrasto più difficile c'è anche il fatto che attualmente l'aggiramento delle sanzioni è considerato un reato amministrativo e non un reato penale in 15 Paesi dell'Ue. La Commissione europea ha proposto di renderlo un crimine europeo, ma ciò richiede l'approvazione unanime dei 27 membri del blocco. Il caso del veto dell'Ungheria è un precedente fresco che non invita all'ottimismo. 

Il business greco delle petroliere

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