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Martedì, 23 Aprile 2024
Fake & Fact

No, l'Ue non voleva far sparire le parole Natale e Maria dal nostro vocabolario

Hanno scatenando forti polemiche le linee guida sulla comunicazione della Commissione, poi ritirate, che erano solo per uso interno e il cui senso è stato in parte travisato

La Commissione europea ci vuole impedire di parlare del Natale o di chiamare i nostri figli Maria o Giovanni. Sono solo alcune delle esagerazioni nate dalla diffusione delle linee guida interne sulla comunicazione dell'esecutivo comunitario, che puntavano a spiegare ai funzionari come fare in modo che la comunicazione istituzionale potesse essere più inclusiva e che facevano parte della più ampia strategia Union of Equality, Unione dell'uguaglianza. Il documento ha creato una tale polemica (in realtà quasi solo in Italia) che alla fine Bruxelles ha deciso di ritirarlo

La notizia era stata data inizialmente da Il Giornale, che ha avuto per primo il documento incriminato, documento che chiedeva effettivamente di eliminare alcuni riferimenti alle festività religiose, tra cui (ma non solo) il Natale. Andando ad analizzare meglio il testo, a cui anche noi ora abbiamo avuto accesso, abbiamo provato a capirci di più. Al di là di quello che poi ognuno è libero di pensare riguardo alla necessità o meno di usare un linguaggio più “neutro”, nelle comunicazioni ufficiali di una istituzione o in generale.

Lo scopo delle linee guida, che erano state volute dalla commissaria all'Uguaglianza, Helena Dalli, era quello di eliminare termini ed espressioni che potrebbero risultare offensivi o poco inclusivi quando si trattano temi come religione, cultura, disabilità o genere. Si andava quindi dal modo in cui si devono identificare i transessuali, a come evitare generalizzazioni quando si parla di asiatici o rom, fino a come descrivere le persone sulla sedia a rotelle. Certo bisogna riconoscere che molte volte la ricerca del politicamente corretto si spingeva un poco oltre, come quando si chiedeva di evitare di dire "la colonizzazione di Marte", o "insediamenti umani su Marte", per evitare i termini "colonizzazione" e "insediamenti", che possono avere una "connotazione negativa". Roba davvero da fantascienza, è proprio il caso di dirlo. Ma non c'era però nessun accanimento particolare contro il cristianesimo (non c'era ad esempio il divieto di dire "Buon Natale", come riportato da alcune testate). 

Innanzitutto ricordiamo che si trattava di un testo per uso interno e indirizzato ai funzionari di Bruxelle e che doveva servire come suggerimento su come scrivere comunicati stampa, post sui social, materiale informativo e per presentazioni, discorsi pubblici e briefing. Insomma il modo in cui l'istituzione si rivolge ai suoi funzionari e ai cittadini, ma che non imponeva assolutamente nulla agli stessi cittadini che sono liberi (ovviamente) di continuare a parlare come gli pare e di che gli pare. 

 In una sezione dedicata alle culture e alle religioni le linee guida esortavano i funzionari ad "evitare di presumere che tutti siano cristiani". Per farlo si sostienava che piuttosto che utilizzare 'periodo di Natale' come riferimento generico alle vacanze di dicembre, sarebbe meglio utilizzare la parola festività e citare le diverse celebrazioni di quel periodo dell'anno. Ad esempio piuttosto che dire frasi come "il periodo natalizio può essere stressante", le linee guida suggerivano: "Le festività possono essere stressanti... per coloro che celebrano il Natale, o l'Hanukkah".

L'Hanukkah è una festività ebraica che ricade anche dicembre. Seguendo il suggerimento delle linee guida di Bruxelles una comunicazione della Commissione risulterebbe inclusiva nel senso che una frase del genere andrebbe bene sia per un cristiano che per un ebreo, non facendo sentire escluso nessuno dei due, e non facendo nemmeno torto a nessuno dei due. Certo i cristiani sono la maggioranza in Europa e gli ebrei una piccola minoranza, ma sarebbe così tremendo prendere in considerazione anche la loro presenza? Non ci farebbe piacere se ad esempio, a parti inverse, facessero lo stesso in Israele?

Pure sulla scomparsa del nome Maria dal “vocabolario comunitario”, andando più a fondo nel testo si capisce che è una esagerazione. Nel documento si consigliava, in qualsiasi contenuto comunicativo della Commissione, di "non usare nomi propri tipici di una specifica religione". Le linee guida fornivano come esempio tipico da evitare una frase come "Maria e Giovanni sono una coppia internazionale", ("Mary and John" si legge nel testo) suggerendo invece ad esempio di dire “Malika e Julio sono una coppia internazionale”. Il senso non è chiaramente quello di voler far sparire la Madonna dall'immaginario comune, ma quello di usare esempi che non risultino in maniera troppo evidente rappresentativi di una sola comunità, in questo caso quella cristiana.

Poi è chiaro che la comunità cristiana è ovviamente maggioritaria nel continente, ma il senso di una “comunicazione inclusiva” è proprio quello, cioè di includere e non escludere le minoranze. Guardando la cosa da un'altra prospettiva, se in un testo della Commissione trovassimo come esempio di nomi di coppia “Muhammad e Aisha” non ci sarebbe certo nulla di male o di strano, ma qualcuno potrebbe pensare che si tratta di nomi che identificano troppo la cultura islamica più delle altre, e a qualche cristiano potrebbe dare fastidio forse o comunque sembrare strano, indelicato. Ed è ed esattamente quanto la Commissione avrebbe voluto evitare (anche se finendo per guardare un po' troppo il pelo nell'uovo, e facendo un pasticcio che si è amplificato con la scelta stessa di ritirarlo).

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