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Giovedì, 18 Aprile 2024
Energia e ambiente

Il nucleare è una fonte di energia verde e pulita?

La Commissione europea potrebbe inserirla tra le fonti "green". Ma i dubbi sul suo contributo al clima restano. Ecco perché

A Bruxelles, le lobby del settore energetico e quelle ambientaliste stanno profondendo gli ultimi sforzi per influenzare, in un senso o nell'altro, la decisione della Commissione europea sulla cosiddetta tassonomia, ossia il documento che stabilisce quali fonti sono "green" e quali no. Una decisione importante perché dall'etichetta ottenuta dipendono i corposi investimenti futuri dell'Ue nel settore. Sulla graticola, insieme al gas naturale, c'è il nucleare, tornato in auge anche in Italia. Nell'attesa di sapere cosa ne pensa Bruxelles, il quotidiano tedesco Deutsche Welle ha provato a dare una risposta alla domanda se questa fonte di energia sia davvero "green", ma anche "cleen", perché non è detto che "verde" e "pulito" siano due sinonimi quando si parla di produzione energetica. Vediamo nel dettaglio.

Transizione ecologica

Si parte da un numero: 40%. È la percentuale, sul totale di emissioni di gas serra mondiali, derivante dal settore energetico. È dunque evidente che se si vogliono ridurre le emissioni climalteranti, tra cui quelle di Co2, quella dell’energia è un’industria che merita enorme attenzione. Ma sappiamo anche che non tutte le fonti energetiche inquinano allo stesso modo. Molti Stati si stanno impegnando per aumentare progressivamente la produzione energetica da fonti rinnovabili o “verdi”, in quella transizione ecologica o decarbonizzazione di cui tanto si sente parlare. In questo contesto, il nucleare è talvolta indicato come fonte pulita da alcuni, mentre altri sostengono, più cautamente, la necessità di utilizzarlo almeno come combustibile “di transito” (spesso in parallelo al gas naturale) per potersi appoggiare poi interamente alle rinnovabili. Ma, dati alla mano, quella atomica è un’energia che possiamo considerare pulita?

Emissioni zero?

Secondo il DW, l’energia nucleare non è a emissioni zero. In effetti, nessuna fonte energetica lo è, dunque si tratta di capire quali inquinano di più e quali meno. Quanto al nucleare, viene prodotta della Co2 in tutte le fasi, dall’estrazione dell’uranio al trasporto, fino alla “lavorazione”, passando per la costruzione (e la demolizione) delle centrali. Infine, non vanno dimenticate le emissioni legate al trasporto e allo stoccaggio delle scorie radioattive, che richiedono protocolli di alta sicurezza.

Eppure, diversi gruppi d’interesse sostengono che l’energia atomica non produca emissioni. Un esempio è la compagnia austriaca Enco, che ha offerto una consulenza al governo olandese in cui ha dichiarato che questa fonte energetica non genera emissioni di Co2. Ma la neutralità di un’opinione simile potrebbe essere dubbia, se è vero che Enco è stata fondata da ex membri dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), e che ha contatti regolari con stakeholder del settore.

Di contro, il collettivo di ricercatori Scientists for future (S4F) ha stilato un report, presentato alla Cop26, dove afferma che il nucleare non è assolutamente a emissioni zero. Il punto, secondo Ben Wealer dell’Università Tecnica di Berlino, è che i fan del nucleare “non prendono in esame molti fattori”, anche esterni alla produzione energetica in sé e per sé. La stessa conclusione è raggiunta in tutti gli studi visionati da DW.

Quanta Co2 viene prodotta con l’energia nucleare?

A questo punto è d’obbligo indagare su quanta anidride carbonica è effettivamente emessa dall’energia atomica. Qui il discorso si complica, perché i numeri variano grandemente a seconda che si consideri il processo di generazione elettrica oppure l’intero ciclo di vita di un impianto nucleare. Nel 2014, stime Onu indicavano un range compreso tra i 3,7 e i 110 grammi di CO2 per kilowatt-ora (kWh). Non sono molti gli studi che analizzano l’intero ciclo vitale delle centrali, perché non è semplice raccogliere dati attendibili per ogni fase. Uno di questi è stato realizzato da Mark Jacobson, dell’Università della California di Stanford, e ha calcolato un valore compreso tra i 68 e i 180 grammi di Co2 per kWh.

Il nucleare è climate-friendly?

Bisogna dunque capire se il nucleare è conveniente rispetto alle alternative, nei termini di impatto ambientale. Com’è probabilmente normale aspettarsi, la produzione di energia dall’atomo (117 g/kWh, secondo le stime dell’Agenzia per l’ambiente tedesca) è meno inquinante di quella da combustibili fossili come il carbone (1034 g/kWh per la lignite e 864 g/kWh per l’antracite) o il gas naturale (442 g/kWh), cui pure molti governi non intendono rinunciare. Ma se confrontato a quello delle rinnovabili, il valore delle emissioni generate dal nucleare è comunque elevato: oltre il triplo del fotovoltaico (33 g/kWh), circa 13 volte in più delle centrali eoliche (tra i 9 e i 7 g/kWh) e quasi 30 volte tanto gli impianti idroelettrici (4 g/kWh).

La questione delle scorie

Una delle critiche maggiori mosse al nucleare è la produzione di scorie radioattive di difficile stoccaggio. In Francia, che è tra i massimi produttori mondiali di questa energia, si sta lavorando alla creazione di un grande centro di stoccaggio sotto i campi di grano vicino a Bure, piccolo villaggio rurale nel nord-est del Paese. Il deposito sarebbe collocato a circa 500 metri sotto la superficie, e conterrebbe circa 85.000 tonnellate dei rifiuti a maggiore radioattività prodotti "dall'inizio dell'era nucleare fino alla fine degli impianti nucleari esistenti", dice Audrey Guillemenet, geologa che lavora al deposito. "Non possiamo lasciare questi rifiuti in siti di stoccaggio in superficie", dove si trovano ora, ha aggiunto. "Sono sicuri, ma non sostenibili". Costo dell'operazione? 25 miliardi di euro.

Il nucleare conviene?

E qui veniamo all'ultimo punto. Come detto, in molti ritengono che le nuove tecnologie consentano di costruire centrali atomiche “moderne e pulite”, idealmente a basso costo. Si riferiva a qualcosa del genere anche il ministro alla Transizione ecologica Roberto Cingolani, quando qualche mese fa è finito nella bufera per un’apertura alla rivalutazione di questa fonte energetica, che in Italia è stata abbandonata dopo il referendum del 1987. Ma le cose potrebbero stare diversamente, come dimostrano anche i costi dei depositi per le scorie. Secondo Wealer, “i tempi di costruzione (delle centrali nucleari, ndr) sono troppo lunghi e i costi troppo alti per avere un effetto apprezzabile sul cambiamento climatico”, e “ci vuole troppo tempo perché l’energia nucleare diventi disponibile”.

Concorda Mycle Schneider, autore di un rapporto annuale sullo stato dell’industria nucleare globale: “Le centrali nucleari sono circa quattro volte più costose degli impianti eolici o solari, e richiedono il quintuplo del tempo per essere costruite”. Considerando tutto, sostiene, si tratta di un’investimento che inizierà a essere operativo in 15-20 anni, mentre il mondo ha bisogno che si riducano drasticamente i gas serra nel prossimo decennio.

È poi la stessa produzione di energia tramite l’atomo a essere influenzata dal riscaldamento globale, piuttosto che il contrario. Talvolta nelle scorse estati diverse centrali nucleari hanno dovuto chiudere temporaneamente a causa delle temperature eccessive, che ponevano rischi alla sicurezza: ad esempio, l’estrema siccità ha prosciugato i corsi d’acqua essenziali per il raffreddamento degli impianti. Ad ogni modo, osserva Schneider, l’industria nucleare globale è tutt’altro che in una fase di “rinascimento”: “Negli ultimi vent’anni, sono entrate in funzione 95 centrali e 98 sono state chiuse. Se togliamo la Cina dall’equazione, il numero di centrali nucleari è diminuito di 50 reattori”, ha dichiarato.

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