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Venerdì, 29 Marzo 2024
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La terza dose costerà di più agli Stati Ue. Ma servirà?

Gli esperti sono divisi, per l'Ema non sembra necessaria. Bruxelles, dal canto suo, si è assicurata già 2 miliardi di nuove dosi, a caro prezzo. Mentre i Paesi poveri arrancano

La terza dose costerà di più all'Unione europea. La notizia, già emersa nel maggio scorso, è stata confermata in questi giorni dal Financial Times: le aziende farmaceutiche Pfizer e Moderna hanno aumentato i prezzi dei loro rispettivi vaccini anti-Covid negli ultimi accordi di fornitura sottoscritti con Bruxelles. Si tratta dei contratti che, nelle intenzioni dell'Ue, dovrebbero garantire ai 27 Paesi membri una copertura fino al 2023, a partire proprio dalla controversa terza dose. La Commissione europea si è voluta assicurare una potenza di fuoco con 2,1 miliardi di vaccini a fronte di una popolazione di 446 milioni di persone. Ma tra gli esperti vi sono dubbi sull'opportunità di una immunizzazione massiccia dopo le prime due dosi.   

Lo scetticismo dell'Ema 

In una intervista a Politico, Emer Cooke, la direttrice dell'Ema, l'Agenzia europea per i farmaci, ha dichiarato che i vaccini stanno funzionando contro la variante Delta e che al momento non ci sono segnali della necessità di ricorrere a una terza dose per tutti coloro che hanno completato il primo ciclo vaccinale. "Finora non ci sono dati sufficienti per indicare che una terza dose sia necessaria", ha detto Cooke. L'Ecds, il centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, sta osservando la situazione nell'Ue, ma anche in Paesi come Israele dove stanno già somministrando la terza dose. "Per alcune fasce della popolazione, potrebbe esserci la necessità (di un terzo vaccino, ndr), ma questo non significa che ce ne sia bisogno universalmente per tutta la popolazione", ha aggiunto la direttrice dell'Ema. Una tesi che si basa sul fatto che i vaccini "rimangono efficaci" anche con la variante Delta, e che pur essendoci una riduzione nell'efficacia, questa "non è significativa".

I dubbi degli esperti

Sull'utilità della terza dose, si sofferma un lungo articolo del quotidiano belga Le Soir, che dà voce a una serie di esperti. Secondo l'epidemiologo Antoine Flahault, che guarda al caso di Israele, dove il governo ha avviato la somministrazione della terza dose per gli over 60, "non abbiamo ancora visto un grande afflusso di anziani vaccinati ingombrare gli ospedali israeliani che tuttavia segnalano un'ondata di nuove contaminazioni. Quindi, è vero che le persone anziane possono soffrire di una ridotta immunità legata all'età, ma rimangono comunque protetti contro forme gravi di Covid, ricoveri e decessi. Non è questo l'obiettivo che cercavamo con il vaccino?", conclude. 

La Food and drug administration degli Usa (la Fda), di cui Israele generalmente segue le raccomandazioni, non ha dato il via libera alla somministrazione della terza dose. La Germania ha dato il via libera, ma solo per gli over 60 e i soggetti più a rischio. Una misura che potrebbe riguardare anche la Francia. Mentre il Regno Unito sta valutando un piano per la terza somministrazione agli over 50. Tra i dubbi degli esperti di casa: "Penso che non ci siano prove a sostegno della necessità di iniettare una terza dose agli over 50", ha affermato l'immunologa britannica Sheena Cruickshank, secondo cui bisognerebbe concentrarsi solo sulle persone con immunosoppressione. "Anche quando i vaccini offrono una protezione ridotta, come si è visto con la variante beta - prosegue Cruickshank - ricerche precedenti suggeriscono che proteggono ancora dagli impatti peggiori della malattia". A suo avviso, sarebbe meglio dare priorità alla vaccinazione al di fuori dei Paesi ricchi: “Se guardiamo al quadro globale, finché il virus circolerà saremo in pericolo. Fino a quando non avremo un'ampia copertura vaccinale in tutto il mondo, non potremo mai davvero sperare di sfuggire a questa pandemia".

Meglio pensare ai Paesi poveri?

Cruickshank tocca un punto dolente. Oggi, dei 4 miliardi di dosi somministrate nel mondo, solo l'1,1% ha riguardato i Paesi più poveri. Stando a un documento del Consiglio europeo ottenuto da Politico, finora l'Ue non si è distinta per generosità sui vaccini nei Paesi a basso reddito: a oggi, le donazioni sono ferme a 7,9 milioni di dosi, contro le quasi 60 milioni degli Usa e i 24,2 della Cina. Ecco perché diverse organizzazioni umanitarie, sulla scorta dei pareri degli esperti come quello dell'immunologa Cruickshank, sottolineano come sia più sensato spingere sulla vaccinazione globale invece che puntare sulle terze dosi in casa (esclusi chiaramente i soggetti ritenuti più a rischio). L'Ue, con i suoi maxi contratti di fornitura, potrebbe vaccinare ancora 4 volte la sua intera popolazione. Ma se le evidenze scientifiche dovessero continuare a suggerire che non vi è necessità di ulteriori immunizzazioni di massa, cosa ne farà delle scorte pre-acquistate e rimaste in eccesso?   

I profitti di BigPharma

Una domanda la cui risposta non riguarda di certo Pfizer, che dal canto suo tiene a sottolineare che la terza dose non è poi così inutille, anzi: "Nuovi studi dimostrano che una terza dose ha effetti neutralizzanti contro la variante delta (che sono) più di cinque volte superiori nei giovani e più di undici volte superiori nelle persone anziane", fa sapere la casa farmaceutica che ha sviluppato il vaccino (e ne divide i profitti) con la tedesca BioNTech. Chiaramente, la tesi di Pfizer porta con sé il sospetto di conflitto di interessi. La multinazionale ha ottenuto una quasi esclusiva nella vendita del suo vaccino all'interno dell'Ue, con un contratto da 1,8 miliardi di nuove dosi che dovrebbero servire proprio a coprire le eventuali terze e ulteriori somministrazioni da qui al 2023. Il costo di queste dosi, rispetto al primo contratto con Bruxelles, è salito da 15,5 a 19,5 euro. Anche Moderna, che dovrebbe fornire ulteriori 300 milioni di dosi, ha aumentato il prezzo, portandolo da 19 a 21,5 euro. Secondo il Financial Times, anche grazie a questi contratti, le vendite di Pfizer raggiungeranno i 56 miliardi di dollari, mentre Moderna potrebbe arrivare a 30 miliardi di dollari. Per loro, a prescidendere se le dosi andranno ai Paesi ricchi, o a quelli a basso redditto, l'affare è già fatto. 


 

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