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Giovedì, 28 Marzo 2024
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"La scuola cattolica" non eccelle ma fa riflettere su cosa è andato storto negli anni '70

La recensione del nuovo film di Stefano Mordini con Riccardo Scamarcio, Valeria Golino e Jasmine Trinca in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia

È un tuffo negli anni '70 La scuola cattolica, il film presentato oggi alla 78° Mostra del Cinema di Venezia in anteprima per la stampa e per il pubblico. Pantaloni a zampa di elefante, ragazzi dai capelli lunghi, le cassette con la musica di Lucio Battisti, le ragazze dal trucco al naturale ma oltre a tutto il fascino di questo periodo storico, nel nuovo film di Stefano Mordino fuori concorso a Venezia 78, emerge anche il marcio e il lato oscuro della società italiana di quegli anni. I soldi, le case di lusso, l'èlite separata dalla plebe, i figli maschi che devono essere eterosessuali altrimenti non sono degni di essere uomini, i ragazzi che devono essere "cattivi" altrimenti non possono far parte del gruppo e quell'educazione cattolica che spinge alla repressione della propria natura e non insegna poi così tanto a fare del bene.

Tratto dal romanzo omonimo di Edoardo Albinati ma ancor prima da un fatto di cronaca che ha segnato un'intera generazione, il cosiddetto "delitto del Circeo", La scuola cattolica approda nelle sale del Lido di Venezia per farci riflettere, a posteriori, su cosa è andato storto nell'educazione dei "figli di papà" degli anni '70. Ragazzi privilegiati, ricchi, con un futuro assicurato, colti, superbi e con un'eccessiva libertà, ragazzi che non si sono dovuti guadagnare niente nella vita e che non hanno saputo scindere tra bene e male e cogliere la morale di quella scuola cattolica che frequentavano e che avrebbe dovuto renderli persone migliori. I giovani assassini del massacro del Circeo sono ragazzi che falliscono, in prima persona, i principi di quell'educazione cattolica votata al rispetto di dogmi antiquati, sono vittime della stessa dottrina che sono spinti a venerare ma che gli si ritorce contro insegnandogli che un ragazzo di sesso maschile debba essere distaccato, insensibile, eterosessuale, andare a letto con più donne possibile e dimostrare, continuamente, di essere "uomo" (secondo la concezione di uomo che vigeva in quegli anni). 

"Non sono mai me stesso quando sono con i miei amici" dice uno dei protagonisti del film mentre si confessa con il prete della sua scuola. "Non ce la faccio più a nascondere la mia omosessualità" ammette, ancora, uno dei padri dei ragazzi della Scuola cattolica scappando poi di casa. Uomini forzati a non poter avere neanche un briciolo di sensibilità, di gentilezza nei confronti del diverso, delle donne, di chi non ha la loro stessa cattiveria gratuita o non abbastanza soldi sul conto. Essere un ragazzo come quelli che frequentavano la scuola cattolica negli anni '70 voleva dire essere sottomessi a una pressione psicologica insopportabile con cui fare i conti tutti i giorni. E come si finiva? O assassini, o avanzi di galera, o repressi a vita.

Al Festival del Cinema di Venezia, dopo innumerevoli film dedicati alle donne, si dà spazio anche a personaggi maschili a cui viene data luce in questa pellicola che, anche se non convince fino in fondo, qualcosa di buono ce l'ha perché fa riflettere su cosa non ha funzionato nella società italiana degli anni '70 e a cosa dobbiamo stare attenti per non ripetere gli stessi errori del passato. 

Dopo una prima parte introduttiva (e anche la più interessante) che indaga le origini della mentalità assassina dei ragazzi del delitto del Circeo, lo spettatore viene messo davanti a un'estenuante sequenza di stupri, soprusi, violenze, gli viene sbattuta in faccia tutta l'insesibilità e leggerezza di tre ragazzi che, per riempire il tempo e farsi quattro risate, si sono tramutati da studenti per bene di una scuola da soldi ad assassini. 

Vedere il film da un lato fa rabbia ma dall'altro fa tirare un sospiro di sollievo perché, oggi, quella violenza psicologia, quella repressione e quella discriminazione non ci sono più, o perlomeno, non a questi livelli.

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