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Martedì, 16 Aprile 2024
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The Whale: il grande e tragico ritorno i Brendan Fraser

Arriva al cinema il 23 febbraio il film drammatico presentato in concorso alla 79esima edizione del festival del cinema di Venezia, dove il suo attore protagonista ha ricevuto la standing ovation più lunga di tutta l’edizione, e ora candidato a tre premi Oscar, tra cui quello per il miglior attore protagonista

Un film tanto atteso e tanto discusso quello del regista Darren Aronofsky, che già ha diretto capolavori come Madre! con Jennifer Lawrence nel 2017, Il cigno nero con Natalie Portman nel 2010 e Requiem for a dream nel 2000. Questa volta ha deciso di adattare per il grande schermo l’omonima opera teatrale di Samuel D. Hunter del 2012, trasformandola in un dramma intimo e toccante. Protagonista indiscusso è l’attore Brendan Fraser, che per il ruolo (interpreta un uomo obeso) ha dovuto indossare per ore una pesante tuta protesica. Accanto a lui la giovane attrice resa nota dal suo ruolo nella serie targata Netflix Stranger things Sadie Sink e Hong Chau (The Menu, 2022). 

La trama 

Charlie (Brendan Fraser), un professore di scrittura per una scuola serale online che soffre di una grave obesità che lo costringe a vivere chiuso in casa e che limita quasi completamente i suoi movimenti, ha perso quasi ogni legame con il mondo esterno e con le persone, se non per la sua amica e infermiera Liz (interpretata da Hong Chau). Un giorno la giovane figlia adolescente (Sadie Sink), che non vede ormai da anni, si presenta alla sua porta e così Charlie, consapevole che gli rimangano solo pochi giorni di vita, tenta di riallacciare il rapporto con lei. In quei pochi giorni si fa spazio però anche un giovane (Ty Simpkins) missionario della comunità religiosa New Life, che prende a cuore la condizione dell’uomo e decide di provare a salvarlo spiritualmente. Questi nuovi incontri spingeranno Charlie a fare un’analisi della sua vita e delle scelte compiute in passato che lo hanno portato ad essere come è oggi. 

Una storia tragica, un dramma toccante

Una colonna sonora che entra piano piano, quasi chiedendo il permesso, che vuole sottolineare senza distrarre, ogni silenzio, ogni battuta, ogni momento. Una sceneggiatura tagliente, che colpisce al cuore 
Una regia semplice, diretta e naturale (diversa da quelle a cui Aronofsky ha abituato il pubblico con i suoi lavori precedenti, molto più elaborate e meccaniche), capace di trasportare il pubblico nella stanza con Charlie e di chiuderci lì dentro con il protagonista, togliendoci il fiato proprio come accade a lui, intrappolato metaforicamente e letteralmente in quella casa come lo è nel suo corpo e nella sua vita, che ha rinunciato a vivere quando dopo un grave lutto ha deciso di abbandonarsi a tutto il suo malessere perché incapace di gestirlo da solo ma anche di chiedere aiuto. Questa reclusione e questo ingabbiamento suscitano un sentimento quasi claustrofobico durante la visione, sottolineato anche dalla scelta del regista di usare il formato 4:3 per il film, che funge come da cornice ad una scena da cui non si può scappare. È toccante anche il parallelismo con la carriera dell’attore protagonista Fraser, che dopo anni di allontanamento dal cinema a causa dei problemi di salute, cerca il riscatto in questa pellicola come l’uomo che interpreta cerca riscatto nella vita.

Una storia di sensi di colpa, di abbandono fisico e sentimentale, ma anche di amicizia, riconciliazione, speranza nella bontà d’animo delle persone. Ogni personaggio è magistralmente interpretato (è forse solo la giovane Sadie Sink a dare l’impressione di una non necessaria eccessiva caricatura del personaggio), chiaro nella propria caratterizzazione fin dalla sua prima apparizione sullo schermo. Brendan Fraser è lucido è impeccabile nel traportare in scena tutto il dolore e il sacrificio del suo personaggio, tutto il suo desiderio di riscattarsi agli occhi della figlia e del pubblico, in un percorso di deterioramento costante che sembra però non lasciargli scampo. E nonostante tutto lui si scusa, sempre e ripetutamente, come se la condizione in cui si ritrova sia un torto che lui ha fatto non a sé stesso ma agli altri, alla sua famiglia e alle persone che gli stavano intorno. Lui è preoccupato di suscitare disgusto in chi lo guarda, ma non prova ormai altro se non rassegnazione per la sua situazione. È una persona buona, che vuole il bene per gli altri anche a patto di sacrificarsi lui stesso. Persino con il suo lavoro di insegnante spera di aiutare gli studenti a tirare fuori la loro vera anima, nella sua purezza, sicuro che ognuno abbia da donare al mondo molto più di quanto mostra. E nonostante tutta la cattiveria che ha subito e sopportato negli altri, non può fare a meno di sorridere all’idea che in fondo, le persone siano in grado di fare del bene e salvarsi a vicenda. 

VOTO: 9     

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