“The Voyage of time”: un incantevole viaggio nel tempo (da vedere rigorosamente al cinema)
Terrence Malick torna al cinema dal 3 marzo con un documentario visionario e carico di domande
L'essere umano ha sempre cercato di dare delle risposte a ciò che lo circonda. La curiosità e il mistero dei fenomeni naturali hanno da sempre un'aura che attrae magneticamente e spinge a svelarne la natura. La scienza, fin dalla sua istituzione, cerca delle risposte. In questa ricerca si inserisce il cinema di Terrence Malick. Il regista americano apprezzato da critica e pubblico nel 2016 realizza questo documentario, che dopo essere stato presentato a Venezia ’73, esce ora nei cinema. La sua genesi è lunga e meticolosa, come tutti i lavori di Malick d'altronde. Nasconde però quello che è un interesse intrinseco per queste tematiche da parte del regista che qui riprende ed esplora, senza limiti temporali, l'indagine della vita già parzialmente trattata nel suo The Three of Life. Il nuovo film è in primis uno spettacolo esclusivamente sensoriale: la vista e l'udito guidano gli spettatori in un viaggio che attraversa il tempo.
L'esperienza della sua visione è da vivere in sala, non c'è alcun dubbio, è anzi obbligatoria per godere a pieno del prodotto. Non ci sono dialoghi ne interazioni tra personaggi, considerata la loro totale assenza. Ciò che si sente sono solo i suoni della natura, la musica che accompagna la narrazione e la voce calma e soffusa di Cate Blanchett. L'attrice australiana esterna tutte quelle domande che l'uomo rivolge alla natura e che molto spesso rimangono senza risposta, a riconferma del sublime(kantiano) e dell’inafferabilità di quest’ultima.
"The Voyage of Time", il percorso attraverso il tempo
Non c'è una vera e propria trama nella pellicola. Questa è concepita come un viaggio per tappe che mostra l'evoluzione della natura e della vita. Si inizia dalla nascita del cosmo, dalla scintilla pulsante che ha creato la Terra e poi gli elementi che combinandosi hanno dato la vita alla natura che vediamo oggi. Il fuoco, la lava incandescente che ribolle e cresce senza sosta seguendo la sua essenza. E poi ancora l'acqua con la sua dirompente potenza che diventa con il tempo ospite delle prime creature.
Nascono le cellule, fucine della vita, e poi giungono i pesci più piccoli e le meduse. I granchi si ammassano sui fondali, le foche nuotano avvitandosi su se stesse lontano dalle mastodontiche orche. Malick ci mostra alcune delle creature che rappresentano una piccola parte della vastità della vita, ricostruendo anche i dinosauri prima della loro estinzione. In questo lungo processo appare poi l'ultima creatura, la più evoluta ma anche quella che ha modificato più di ogni altra la forma della natura: l'essere umano. Non ci dilunghiamo in questa lista espositiva ma vi lasciamo il trailer qui sotto per farvi un’idea.
Il trailer
L'evocazione in "The Voyage of Time"
Il racconto messo in scena è esclusivamente visivo. Le immagini rappresentano le domande e allo stesso tempo forniscono alcune risposte. La narrazione di Cate Blanchett non è una didascalica illustrazione che le accompagna spiegandone il significato. La sua è più una riflessione ad alta voce, l'esplicitare quelle domande alla fonte primaria della vita: Madre natura. È così che Malick la definisce e la evoca, la cerca disperatamente nelle sue parole. La interroga in un dialogo silenzioso. I suoi quesiti sono esistenziali: Cosa siamo? Perché siamo qui? Siamo frutto dell'amore o del caso che governa le regole di questo mondo? Domande che fanno riflettere sulla straordinarietà che vige nel regno naturale. L’inarrestabile sgorgare della lava dalla roccia nonostante l'acqua la spenga, il potere dell’acqua che lentamente modifica anche la pietra, sono immagini che fanno riflettere. Indicano la naturalità dei processi evolutivi e il loro ritmo entra in contrasto con quelli meccanici della vita di tutti i giorni. Ci invita a riflettere sull'importanza del tempo e di come tutto faccia il proprio corso.
Si approfondisce il rapporto tra la Madre e l’uomo, suo figlio. Questo si sente però da essa ingannato davanti al dolore. Questa forza è mutevole e ai suoi occhi contraddittoria. Crea e protegge ma allo stesso tempo (si) distrugge, (si) rigenera ed evolve per sopravvivere. Così i primi uomini scoprono anche il suo lato più temibile e - come dei figli - imparano da lei. Tutto questo viene accompagnato da un lavoro certosino di regia, fotografia ed effetti grafici. Il regista si è servito anche di collaboratori scientifici per creare un prodotto che fosse il più accurato possibile. Un sapiente impiego della nuove tecnologie che, affiancate dalla regia attenta di Malick fatta di carrellate in movimento, primi piani e lunghe panoramiche, ricostruiscono un passato che non conosciamo. Immagini potenti, corredate da una musica che mima i versi degli animali e nella sua potenza evoca il tempo, mostrano quanto la forma che abbiamo dato al nostro presente si ispiri al nostro passato. E il futuro invece? Non si hanno risposte per le strade che gli esseri umani possono percorrere. Cosa dura nel tempo? si chiede Malick. L’unica costante nello scorrere dei minuti e delle ore è il ciclo della Natura che preservandosi nella sua circolarità, rimane.