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Giovedì, 28 Marzo 2024

La recensione

Marianna Ciarlante

Giornalista

La legge di Lidia Poët, quando una serie Netflix ha il coraggio di essere diversa

Ultimamente le serie Netflix tendono a seguire un filone narrativo abbastanza predefinito che sembra per forza dover inglobare al suo interno alcuni elementi e alcune tematiche particolarmente di tendenza (parità di genere, minoranze, diversità, comunità lgbt ecc.) come se, senza questi temi "scottanti" una storia non potesse arrivare al cuore del pubblico. Uscire da questo binario già tracciato non è sempre semplice o scontato e, specialmente con le serie italiane, non ce lo si aspetta proprio, anzi, mai. La legge di Lidia Poët, però, ci stupisce e ci dimostra che con un po' dicoraggio in più, si può fare davvero la differenza. Una bella sorpresa, questa serie creata da Guido Iuculano e Davide Orsini, che scombina un po' le carte in un mondo dove fare serie tv sembrava ormai destinato al copia e incolla e, per quanto questa nuova serie con Matilda De Angelis abbia, al suo interno, alcuni rimandi a titoli di successo, pensiamo a Bridgerton che per alcune dinamiche familiari ci ricorda o addirittura a quei vecchi polizieschi alla Signora in Giallo di cui assume un po' le sembianze, riesce ad avere una sua identità dall'inizio alla fine e a imporla agli spettatori che, dopo essere entrati in quella Torino di fine '800, non ve vogliono più uscire. 

La legge di Lidia Poët riesce a fare quello che tante serie italiane dell'ultimo periodo non sono riuscite a fare, raccontare una storia credibile che segua la natura dei suoi personaggi senza piegarli a favore di una certa necessità comunicativa. Questa serie, infatti, dà la possibilità a ognuno dei suoi protagonisti di venire fuori con naturalezza e raccontare un pezzo della propria storia, della propria individualità senza per forza dover essere delle macchiette o dei prototipi fatti con lo stampino. La ribellione di Lidia, una donna che cercava la parità dei diritti femminili, così come è stata raccontata in questa serie, non cade mai nel forzato o nel banale, non diventa il manifesto di un femminismo cieco e sfruttato solo per attirare l'attenzione ma riesce a mostrare tutte le sfaccettature di una mente femminile che vuole raggiungere la propria indipendenza ma non rinuncia o nega di avere e desiderare anche altro dalla vita come l'amore passionale, l'amore fraterno, l'amore familiare, oltre che quello individuale.

Matilda De Angelis fa un ottimo lavoro nel vestire i panni della prima avvocata d'Italia, aiutata da un bravissimo Pier Luigi Pasino che interpreta con grande convinzione suo fratello, altro grande protagonista di questa serie. Uno degli aspetti più affascinanti de La legge di Lidia Poët, infatti, è l'aver scelto di puntare l'attenzione su un tipo di amore che sullo schermo non viene quasi mai rappresentato ma che ha tantissimo da raccontare al pubblico, quello tra fratelli. Il rapporto complesso ma affascinante, divertente ma anche duro tra Lidia ed Enrico, suo fratello più grande, avvocato come lei, è ciò che dà a questo titolo Netflix quel quid in più, quel qualcosa che le regala una luce diversa e rende questa serie una vera novità del piccolo schermo. 

Interessante anche la scelta di rendere il racconto semi-antologico con ogni puntata dedicata a un diverso caso da risolvere, elemento che rimanda a quei racconti gialli di una volta che, per quanto desueti al giorno d'oggi, sono sempre rimasti nel nostro cuore.

Leggera, ritmata, coinvolgente, La legge di Lidia Poët è una bella sorpresa di Netflix e la conferma che, rispettando la natura di una storia, seguendo l'identità dei suoi personaggi e non avendo paura di essere diversi da ciò che si trova già sul mercato e che "dovrebbe funzionare", non si può sbagliare ma solo fare un ottimo lavoro. 

Voto: 8

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