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Giovedì, 28 Marzo 2024

Alberto Berlini

Giornalista

Perché dobbiamo parlare ancora di Emanuela Orlandi

Il rasoio di Occam è un principio metodologico che indica di scegliere tra più soluzioni egualmente valide di un problema quella più semplice. Del caso di Emanuela Orlandi in 39 anni si è detto e si è scritto davvero di tutto: la pista del terrorismo internazionale legata all'attentato a Papa Wojtyla; il ricatto della malavita per riavere i soldi investiti in Vaticano e riciclati dallo Ior tramite il banco ambrosiano per finanziare il sindacato polacco Solidarnosc; gli interessi contingenti di faccenderi di questa o quell'altra fazione; la banda della Magliana; ex ministri; cardinali; personaggi in cerca di visibilità. Tutto archiviato perché di prove alla fine non ne è uscita neppure una.

Il 22 giugno prossimo scatterà il quarantennale dalla scomparsa della 15enne, e ancora una verità non c'è. Però ora c'è una novità: il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi ha partecipato alla realizzazione di un documentario prodotto dalla pluripremiata società di produzione televisiva inglese RAW. La docu-serie "Vatican Girl" disponibile dallo scorso 20 ottobre su Netflix in tutto il mondo ha un pregio: far uscire dai confini italiani una vicenda che potrebbe nascondere una scomoda verità. C'è una testimonianza in particolare che parla di come nella vicenda Orlandi possa intrecciarsi anche l'ombra della pedofilia. Abusi sessuali, o approcci sessuali che per ora possiamo definire solo presunti, commessi all'ombra del Cupolone tra le mura vaticane dove vivevano gli Orlandi, famiglia che ha servito la Santa Sede per decenni. Il padre di Emanuela, Ercole Orlandi, era commesso della Prefettura della casa pontificia.

Come ha raccontato lo stesso Pietro Orlandi in una lunga intervista che ha concesso a Today.it, tra quelle mura Emanuela si sentiva al sicuro. Ma c'è una inquietante verità che forse non è stata approfondita abbastanza: la testimonianza di una amica di Emanuela Orlandi che racconta di un presunto approccio da parte di un alto prelato come confidato dalla stessa Orlandi una settimana prima della scomparsa. "Ci ha provato" queste le parole che sono state riportate. "Il riferimento è sessuale" chiarisce Pietro Orlandi a Today spiegando come in ambienti vaticani si sapeva che c’erano quei tre, quattro cardinali che si avvicinavano alle ragazzine, ai ragazzini… "anche se nel 1983 la pedofilia nella Chiesa era un vero tabù".

Pietro Orlandi è convinto che i tre papi che si sono succeduti alla guida della Citta del Vaticano siano stati al corrente di informazioni riservate, e abbiano in qualche modo contribuito a nasconderle agli inquirenti. Per questo Pietro rivolge un appello tramite Today.it a Papa Francesco affinché riveli quanto è di sua conoscienza sul "Dossier Orlandi".

"Papa Francesco ora racconta la verità su Emanuela Orlandi": l'appello di Pietro Orlandi

pietro orlandi appello papa francesco-2

Il legame degli Orlandi con il Vaticano oggi si è interrotto. Pietro Orlandi è stato a lungo dipendente dello Ior: fu lo stesso Papa Giovanni Paolo II a promettergli che sarebbe diventato il "banchiere del Papa". Forse per comprare il suo silenzio? Ma poi venne prepensionato e da quando Pietro si è spostato è decaduta la sua cittadinanza. Tuttavia quando Jorge Mario Bergoglio ha assunto la guida della Chiesa, Pietro insieme alla madre ha partecipato alla prima messa officiata da Papa Francesco. In quell'incontro Papa Francesco ha pronuciato loro la famosa frase "Emanuela sta in cielo".

pietro orlandi papa francesco-2

Cosa ha voluto dire? Emanuela è morta? Ma allora perché nei registri vaticani figura ancora come vivente? Esiste un dossier che il Vaticano non ha voluto condividere? Papa Francesco è a conoscenza di una verità così drammatica da non poter essere resa pubblica? Davvero la soluzione a questo mistero che ha tirato in ballo i segreti della Repubblica, il connubio con la malavita, il riciclaggio di denaro sporco, la sfida del papato alla secolarizzazione della sfera di influenza di Mosca nell'Europa dell'Est, si può risolvere con una nefandezza così terrena tra le più alte sfere della cristianità? 

Quasi 40 anni di silenzi annegati in troppe parole ora attendono delle risposte. Per questo è un bene che la voce di Pietro raggiunga i quattro angoli del mondo. "Mi scrivono anche dal Sudamerica ora" racconta ancora Pietro a Today.it. Perché la storia di una ragazzina di 15 anni scomparsa sotto il cielo di Roma potrebbe raccontare le storie di troppi adolescenti che ancora attendono di uscire dall'oblio.

L'intervista integrale a Pietro Orlandi

L’ultima volta che la voce di Emanuela viene sentita dai suoi familiari è da una cabina telefonica di Piazza Sant'Apollinare, dove la quindicenne frequentava una scuola di musica. Era stata quel giorno a lezione (suonava il flauto). All’uscita telefonò a casa da una cabina del telefono, rispose una sorella: Emanuela disse che avrebbe tardato perché non arrivava l’autobus. Raccontò brevemente di essere stata avvicinata da un uomo che le aveva proposto di distribuire volantini della ditta di cosmetici Avon nel corso di una presentazione presso la sede della casa di moda Sorelle Fontana che si sarebbe dovuta svolgere qualche giorno dopo. La Avon, interpellata dalla polizia, spiegò poi di non avere in programma nessuna distribuzione di volantini. Quella sera Orlandi non tornò a casa, e la famiglia denunciò la scomparsa. Il 3 luglio Papa Giovanni Paolo II, durante l’Angelus, lanciò un appello ai responsabili della scomparsa di Orlandi perché la liberassero, accennando così apertamente a un rapimento. Sempre a luglio, la famiglia Orlandi ricevette le telefonate di un uomo che parlava con un forte accento anglosassone (i giornali lo soprannominarono “l’amerikano”) che, in cambio della liberazione della ragazza, chiese la scarcerazione del turco Ali Agca, l’uomo che il 13 maggio 1981 aveva sparato a Papa Giovanni Paolo II in piazza San Pietro. Il 17 luglio una telefonata fece anche ritrovare un nastro in cui si sentiva la voce di una ragazza che chiedeva aiuto. Le telefonate dell’uomo noto come “amerikano” furono in tutto 16, ma non contennero mai prove concrete sul fatto che Orlandi fosse realmente sua prigioniera. Nel corso degli anni, più volte sono emersi elementi che hanno condotto le indagini a concentrarsi verso gli ambienti vaticani e più volte è stata presa in considerazione la possibilità di un delitto con movente sessuale. Con il documentario “Vatican girl” questa ipotesi torna alla ribalta. Nel silenzio più assoluto di Papa Francesco.

Vatican girl e i luoghi del mistero del caso Emanuela Orlandi

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