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Martedì, 23 Aprile 2024

Claudio Pizzigallo

Giornalista

Bang Bang Baby è il primo vero capolavoro italiano di Prime Video

A noi non erano affatto dispiaciute Vita da Carlo e Monterossi, nonostante, soprattutto per l'esperimento di Carlo Verdone, non siano mancate le critiche. Ma con Bang Bang Baby, la serie tv in uscita su Prime Video il 28 aprile, la piattaforma streaming di Amazon ha realizzato quello che, a nostro avviso, è il primo vero capolavoro di Prime made in Italy.

Abbiamo visto in anteprima i primi 5 episodi su 10, quelli che verranno rilasciati il 28 aprile (gli altri usciranno il 19 maggio) e siamo letteralmente entusiasti di questa produzione. Il perché lo spieghiamo in questa recensione, in cui ci permettiamo anche una piccola, piccolissima critica a questo capolavoro che è Bang Bang Baby.

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Di cosa parla Bang Bang Baby

Iniziamo con una connotazione temporale: la serie è ambientata negli anni '80, precisamente nel 1986. La protagonista è Alice Giammatteo (Arianna Becheroni), studentessa di una scuola superiore di Bussolengo, in provincia di Verona, che nelle prime scene vediamo prestare un giuramento mafioso con un curioso parallelismo con la ragazza della pubblicità del Big Babol. 

Alice vive con la mamma Gabriella Giammatteo (Lucia Mascino), della quale ha preso anche il cognome da quando, circa dieci anni prima, il padre Santo Maria Barone (Adriano Giannini) è stato ammazzato a colpi di pistola mentre guardava moglie e figlia fare un giro sulle giostre. La mamma l'ha cresciuta da sola, con uno spirito femminista e autonomo, non senza qualche difficoltà ma in generale con tanto affetto.

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Un giorno, mentre è nell'ora di elettronica, Alice scopre che però il padre non è morto, anzi è appena stato arrestato per oltraggio al pudore dopo essere stato trovato nudo in strada. Questa scoperta sconvolgerà la sua vita più di quanto lei (e il pubblico) possa immaginare, perché per vederlo riaprirà un capitolo chiuso della sua infanzia, quello legato alla famiglia paterna, storico clan della 'ndrangheta calabrese trasferitosi a Milano per fare affari con i politici corrotti e capeggiato dalla temibile nonna Lina (Donna Romano), nota come "nonna eroina" e non nel senso degli eroi...

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Seguiranno sangue, sesso, Milano da bere, droga, telefilm anni '80, George Michael, Umberto Smaila e tante altre cose che non vi sveliamo per non fare spoiler. Intanto guardate il il trailer ufficiale di Bang Bang Baby.

Perché vedere per forza Bang Bang Baby 

I canoni della serie tv italiana "di mafia" sono stati recentemente rivoluzionati da Christian, la serie tv di Sky con Edoardo Pesce. Bang Bang Baby non può certo definirsi "erede" di Christian, ma in un certo senso si inserisce nello stesso filone, perché riesce a mescolare generi e registri con una brillantezza (purtroppo) rara nel panorama seriale del nostro Paese. 

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Commedia e dramma si alternano, anzi a volte persino convivono nella stessa scena. Si ride, c'è tensione, c'è anche quella specie di "effetto Stranger Things" per il revival anni '80 con tutto quello che ne consegue nell'immaginario nazional popolare di quell'epoca (e chi l'ha vissuta probabilmente si emozionerà non poco). 

La trama scorre via veloce ma profonda, gli attori principali e i comprimari non steccano mai una battuta, e - a proposito - la colonna sonora vintage è davvero superlativa. Insomma, se non diamo un 10 a Bang Bang Baby è solo per paura di essere delusi dal finale, e non certo per il piccolo appunto che muoviamo qui sotto.

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L'unico minimo difetto di Bang Bang Baby

Eccoci, dunque, all'unica pecca di questa serie. Una pecca di cui si accorgeranno in pochi, solo coloro che hanno una certa dimestichezza con i dialetti della Calabria. In sostanza: il clan Barone e quello dei Ferraù dovrebbero essere della provincia di Reggio Calabria (a giudicare dalla targa delle automobili), eppure l'accento dei protagonisti calabresi sembra più vicino al catanzarese o al cosentino che al reggino.

Inoltre, come noterà qualcuno, non mancano le incoerenze linguistiche, come l'alternanza tra "lauru", "fatiga" e "travagliu", o come quando Donna Romano tradisce la sua napoletanità (o Rocco la sua sicilianità). Ma, sia chiaro, un difetto così minimo non inficia in alcun modo la qualità di questa grande produzione italiana di Prime Video.

Voto: 9

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