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Venerdì, 29 Marzo 2024
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“Mio padre è Stefano D’Orazio dei Pooh, ma lui ha rifiutato il test del Dna"

A sostenerlo è la 31enne Francesca Michelon che ha chiesto al musicista due milioni e mezzo di euro per il ‘mantenimento retroattivo’ dal momento della nascita e per i danni esistenziali. L’artista, però, si sarebbe sottratto per tre volte all'esame del Dna richiesto dal giudice

2 milioni e mezzo di euro: tanto chiede la 31enne Francesca Michelon come “mantenimento retroattivo”al batterista dei Pooh Stefano D’Orazio che sostiene essere suo padre.

La storia riportata da ‘Il Resto del Carlino’ racconta che la ragazza fino al 2006 era convinta di essere figlia di Oriana Bolletta e Diego Michelon, un tecnico del suono che collaborava proprio con i Pooh, finché nel 2006 sua madre le svelò tutt’altro.

L’uomo che l’aveva cresciuta non era suo padre biologico, poiché durante una crisi matrimoniale avvenuta tra il 1983 e il 1984, aveva avuto una relazione proprio con D’Orazio, in seguito alla quale si era accorta di essere incinta. Stando al racconto fatto alla Michelon, inoltre, Oriana Bolletta avrebbe comunicato la notizia al batterista dei Pooh che però aveva troncato ogni comunicazione.

Che Francesca Michelon non sia figlia di Diego Michelon lo certifica una sentenza del Tribunale di Venezia del 2013 che sancisce il disconoscimento di paternità: il test del Dna dimostra, infatti, che Michelon non è il padre biologico della donna. Nel 2014, pertanto, la donna ha avviato una causa a Marsala (competente perché il batterista dei Pooh ha la residenza a Pantelleria) per il riconoscimento di paternità da parte di D’Orazio. Il giudice ha disposto il test del Dna ma il batterista non si è presentato. L’ultimo incontro era fissato per l’inizio del mese di gennaio. 

La versione del musicista è che fra lui e la madre di Francesca ci sarebbero stati solo alcuni incontri, di cui uno solo nel 1984. Adesso gli avvocati del musicista chiedono che venga invalidata la sentenza di disconoscimento del Tribunale di Venezia, senza la quale non sarebbe valida di conseguenza neanche la successiva causa di riconoscimento, mentre i legali della donna vanno avanti anche con la richiesta di 2 milioni e mezzo di euro a titolo di mantenimento retroattivo, per quanto, specificano, “l’aspetto economico non è quello più importante”.

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