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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Gaia Nanni e il difficile aborto a Firenze: "In molte mi avete scritto, per voi biglietti gratis al mio spettacolo"

L'attrice è tornata a parlare dell'aborto e ha confidato che in molte le hanno scritto la loro esperienza, alcuni però le hanno anche detto "cose orribili"

Gaia Nanni ha raccontato su Facebook il difficile percorso che ha dovuto affrontare prima di poter abortire a Firenze. Ginecologa obiettore di coscienza, incontri con psicologa ed una assistente sociale "che alla fine della prima seduta mi dice 'vede, lei è emotivamente scossa. Piange. Non siamo sicure che lo voglia davvero. Rifissiamo un altro appuntamento'". Un racconto che ha suscitato non poche reazioni anche perché è la stessa Nanni a spiegare la gravità della situazione in cui si è trovata sottolineando come la sua volontà fosse stata messa da parte: "Ero minorenne? No. Ero in un centro di accoglienza rifugiati e non parlavo una parola di italiano? No. Ero una donna che voleva mettere fine alla sua gravidanza ma la sua firma a nulla serviva".

A seguito del lungo post sul social sono state molte le donne che le hanno scritto per condividere la loro esperienza, il loro dolore o anche solo per rassicurarla che adesso la situazione a Firenze è migliorata. E lei a queste donne ha deciso di fare un regalo. Alcuni però non sono stati altrettanto carini e non hanno perso occasione per giudicarla male.

Gaia Nanni: "C'è chi mi ha scritto cose orribili, senza sapere"

"C'è chi mi ha scritto "Ciao Gaia, forse non ti ricordi ma eravamo in stanza insieme quel giorno" c'è chi mi ha detto, "Scusami se ti scrivo ma anche a me è successo ed è la prima volta che lo dico a qualcuno" e ci siamo trovate a piangere per quella santa vicinanza come due sorelle sconosciute", così inizia il secondo post ancora una volta condiviso su Facebook in cui parla di chi ha voluto condividere con lei la sua esperienza.

"C'è chi ha trovato il coraggio per dirmi che oggi a Firenze le cose vanno meglio - continua Nanni - e questo è un raggio di quiete che ripaga tutti; che sono tanti i medici amorevoli, che esistono stanze "dedicate" visto che il dolore - diciamolo - è già assordante di suo ed essere tra chi come te cerca quel silenzio può aiutare".

"C'è chi mi ha scritto cose orribili, senza sapere. Ci stava anche quello e me lo prendo. L'equazione "ora te lo tieni assassina che non sei altro speriamo tu moia" non tiene conto della miriade di casi per cui una donna decide di mettere fine ad una gravidanza (malformazioni del feto e incompatibilità alla vita, condizioni economiche e psichiche di grande precarietà, stupri, concepimento con spirale e molte altre cose che metterei nel nonsonoca**ivostri e restate umani percaritadiddddio).

Il regalo per chi ha vissuto un aborto difficile

"Per tutte quelle donne che mi hanno scritto in privato, loro lo sanno, e per quelle che lo sanno - ha aggiunto poi l'attrice - ma non hanno trovato la forza per scriverlo lascerò dei biglietti pagati da me per la serata del 6 luglio a Empoli per lo spettacolo Donne Guerriere". "Saranno a nome quella e potete ritirarli in cassa, siete le benvenute. Se si cantano i diritti, se si urlano, magari attecchiscono meglio", la scelta di lasciarli a nome quella non è un caso proprio lei si è sentita chiamare quella dal medico che doveva eseguire l'aborto.

Nanni ha poi scelto di usare Facebook anche per "scusarsi" con i giornalisti e gli autori di Mediaset per aver rifiutato le richieste di interviste: "Non ho la struttura emotiva per venire nei vostri salotti, magari arriverà anche quella un giorno, ma davanti ad un Pillon qualunque rischierei di piangere o ricorrere al lancio dello zoccolo volante - abile pratica di mia madre di San Frediano". "Ci si fa, bambine. Insieme, ci si fa", ha poi concluso l'attrice.

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Il racconto di Gaia Nanni sull'aborto

“Io sono di Firenze e abortire a Firenze non è stato per nulla facile”. Comincia così la lettera aperta pubblicata su Facebook dall'attrice fiorentina Gaia Nanni, all'indomani della sentenza della Corte Suprema Usa, che ha annullato la sentenza del 1973 che garantiva alle donne statunitensi il diritto all'aborto a livello costituzionale.

“Sì, lo so. Avrei potuto scegliere un inizio più romanzato e farvi entrare piano piano in una trama con un lieve parapendìo su 'Cavolo, ma sembra che anche lei allora. Sembra, leggendo tra le righe, che sia capitato a lei oppure ad una sua amica'. Niente smancerie. Ci entrate dentro come ci sono entrata io: senza nessuna formalità”, prosegue l'attrice, che ripercorre dopo molti anni quella la sua esperienza.

“La brava ginecologa che mi seguiva da una vita era obiettore, nulla può fare per me che non avesse offeso nostro Signore quindi entro nell'iter del troviamo qualcuno che metta una firma e attesti che effettivamente io voglia davvero interrompere la mia gravidanza'. Ero minorenne? No. Ero in un centro di accoglienza rifugiati e non parlavo una parola di italiano? No. Ero una donna che voleva mettere fine alla sua gravidanza ma la sua firma a nulla serviva".

"Faccio più incontri con una psicologa ed una assistente sociale - spiega ancora - che alla fine della prima seduta mi dice 'vede, lei è emotivamente scossa. Piange. Non siamo sicure che lo voglia davvero. Rifissiamo un altro appuntamento'. E passano i giorni. Che sembrano mesi. Le settimane, anni. Arrivo alla benedetta firma con annessa ecografia che attesti la gravidanza in corso. Il medico mi fa sdraiare. Non mi guarda in faccia. Non parla con me. Si gira verso la specializzanda e dice mentre mi visita: 'Questa ha l'utero retroverso'. Da quel momento 'quella' - che sono io - finisce in ambulatori e stanze dove si mettono al mondo bambini, accanto a chi chiama la futura nonna e a chi ha già scelto il nome, e te? E Quella? Io no. Non mi chiedono un numero di telefono. Non mi chiedono se avessi un accompagnatore all'accettazione. Ricordo solo lo sguardo gentile di una infermiera che mi portò del the e dei biscotti”, scrive Nanni.

“Sono passati molti anni da allora. Mi chiedo se serva ancora oggi la firma di qualcun altro che ci dica cosa possiamo fare del nostro corpo e della nostra vita. Il dolore di quello che è stato non ve lo racconto, l'unico balsamo sarebbe non farci passare nessuna altra donna da quell'iter disumano. Oggi che tutti ci indigniamo, giustamente, per la mostruosa sentenza della Corte suprema Usa sull’aborto, ho voluto raccontarvi questa storia. La mia storia. Perché ancora una volta – conclude Nanni -, non si tratta solo di me e perché rendere difficile l'applicazione di un diritto equivale a negarlo”.

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