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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Covid, Gerry Scotti: "Io col casco dell'ossigeno, intorno a me tutti intubati: pregavo" 

Il conduttore - non ancora negativo - racconta i giorni del ricovero all'Humanitas in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera

"Bisogna prenderli e lasciarli in quella stanzina un’ora. Non c’è bisogno di 36 ore come è stato per me. Sicuro che cambiano idea". Gerry Scotti, intervistato dal Corriere della Sera, non usa mezzi termini per rivolgersi ai negazionisti. E al quotidiano racconta oggi la sua esperienza con il coronavirus, che l'ha portato "all'anticamera della terapia intensiva". "Quando mi hanno detto che mi ricoveravano sono diventato verde - rivela - ho sudato freddo. Io li vedevo tutti, vedevo 24 persone immobili, intubate, come nei film di fantascienza". 

Gerry Scotti e il coronavirus

Tutto è cominciato alla fine di ottobre, con sintomi abbastanza blandi, che poi però sono andati a peggiorare. "Febbriciattola, stanchezza, colpi di tosse. Una settimana e passa tutto, pensavo. Invece no". Quando scopri di essere malato, "ti viene l’istinto a non piangerti addosso, questa malattia è subdola, puoi stare due o tre giorni con poca febbre, addirittura senza come successo ad alcuni miei amici, e dopo 7 giorni ti negativizzi. Speravo di essere in quel mazzetto di fortunati vincitori". E invece no. 

"Parametri tutti sballati, il peggior tg della mia vita"

E pochi giorni dopo è stato necessario il ricovero. "Al secondo controllo al Covid Center dell’Humanitas a Rozzano mi è stato consigliato di rimanere da loro perché avevo tutti i parametri sballati: fegato, reni, pancreas. Ero già nell’unità intensiva, perché quando entri nel pronto soccorso del Covid Center non c’è l’area rinfresco, l’area macchinette, l’area vogliamoci bene: si apre una porta e da lì in poi vedi tutto quello che hai visto nei peggiori telegiornali della tua vita. Sono diventato verde, ho sudato freddo". 

"Io col casco dell'ossigeno, intorno a me persone intubate: pregavo per loro" 

Fino all’anticamera della terapia intensiva. "I medici mi dicevano di non spaventarmi: non la mettiamo in terapia intensiva ma in una stanza a fianco perché abbiamo bisogno di monitorarla, per sapere se la sua macchina, il suo corpo, ha bisogno di cure particolari. Ero in una stanzina, di là c’era la sliding door della vita di tantissime persone. Con due altri pazienti ci strizzavamo l’occhio, dai che ce la fai. Ho appurato — stando lì, due notti e un giorno — che quella era l’ultima porta. Se decidevano di aprire quel varco... Io li vedevo tutti, vedevo 24 persone immobili, intubate, come nei film di fantascienza. Pregavo per loro invece che pregare per me. Sono arrivato all’ultimo step indolore della terapia prima che ti intubino. Per un paio di giorni a orari alterni ho dovuto indossare anche io il casco dell'ossigeno, è stato un toccasana. Ricordo lo slogan: il casco ti salva la vita. Adesso ho capito bene di che casco si tratta... Poi una mattina hanno girato indietro il letto e mi hanno riportato nella mia stanza". 

Gerry Scotti torna a casa: "Non dimenticherò chi ha combattuto con me il coronavirus"

Il futuro in famiglia e in tv

Ora per Gerry, che ancora non è negativo, è tempo di tirare un sospiro di sollievo. Come raccontato ieri a Deejay Chiama Italia, il conduttore ha in progetto di tornare in onda per l'ultima puntata di Tu si que vales, il varietà del sabato sera di Canale 5; quanto al game show preserale 'Caduta Libera', invece, a partire da giovedì andranno in onda le repliche. Ma gli occhi del conduttore guardano già al Natale e all'arrivo della prima nipotina, che presto lo renderà nonno grazie al figlio Edoardo. 

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