Paola Egonu: "Vale la pena far nascere un bambino di pelle nera condannato all'infelicità?"
La pallavolista e futura co-conduttrice di Sanremo si chiede se valga la pena avere un figlio di colore che dovrà soffrire quello che ha sofferto lei in vita
24 anni, origini nigeriane, 1,93 cm di altezza e una potenza che l'ha portata a essere una delle pallavoliste più forti e medagliate degli ultimi anni. Bronzo al mondiale del 2022, oro all'Europeo del 2022, questa ragazza nata a Cittadella, nella provincia di Padova si è fatta conoscere da tutti per il suo talento come pallavolista ma anche per la sua personalità grintosa e ribelle al punto da essere scelta come co-conduttrice del Festival di Sanremo 2023. Stiamo parlando di Paola Egonu, una vera potenza sul campo ma anche una ragazza fragile che, nella vita, ha dovuto affrontare molte difficoltà, prima tra tutte quella di crescere con una pelle più scura di quella dei suoi amici, pelle che fin dall'infanzia l'ha fatta essere vittima di razzismo.
Intervistata da Vanityfair alla vigilia del suo debutto televisivo sul palco dell'Ariston, Paola si è raccontata a cuore aperto e tra tante soddisfazioni e sogni, ha svelato anche qualche suo amaro pensiero legato al razzismo e al desiderio di maternità arrivando perfino a chiedersi se valga o meno la pena avere un figlio di colore, sapendo tutto quello che sarà costretto ad affrontare in vita.
"Mi chiedo a volte se sia il caso di mettere al mondo dei bambini - ha ammesso Paola -. Se mio figlio sarà di pelle nera vivrà tutto lo schifo che ho vissuto io. Se dovesse essere di pelle mista, peggio ancora. Lo faranno sentire troppo nero per i bianchi e troppo bianco per i neri. Vale la pena, dunque, far nascere un bambino e condannarlo all’infelicità?"
Un quesito che Paola di chiede e che le fa tornare a galla tutti i brutti ricordi legati al suo passato.
"A quattro anni ho capito di essere diversa - rivela Egonu -. Ero all’asilo e, con un mio amichetto, stavamo strappando l’erba del giardino: ci facevano ridere le radici. La maestra ci ha messo in castigo. Per tre volte le ho chiesto di andare in bagno. Per tre volte mi ha risposto di no. Alla fine ci sono andata di corsa, senza permesso. Troppo tardi: mi ero fatta tutto addosso. La maestra mi ha riso in faccia: 'Oddio, fai schifo! Ma quanto puzzi!'. E, per il resto del giorno, non mi ha cambiata. Ho dovuto attendere, sporca, l’arrivo di mia madre nel pomeriggio. Ancora oggi, 20 anni dopo, fatico a usare una toilette che non sia quella di casa mia".
"Sono cresciuta in un contesto in cui lo standard di bellezza presupponeva l’essere bianca - ha, poi, aggiunto Paola -. E, sa, i ragazzini possono essere molto spiacevoli. Io ero sempre la più alta, ero nera, con questi ricci che odiavo. A un certo punto mi sono rasata a zero. Peccato che poi venivo presa in giro perché non avevo i capelli. La vita era uno schifo. Io mi sentivo uno schifo"
Una riflessione amara, quella di Paola che fa emergere quanto sia ancora dominante il razzismo nella società contemporanea nonostante le lotte per eliminare ogni forma di diversità dall'orientamento sessuale alla "razza".