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Venerdì, 26 Aprile 2024
LO STUDIO

Green economy: l'Italia mette la quinta e supera la Germania

I dati, contenuti nel rapporto annuale di Legambiente e Istituto Ambiente Italia, ci dicono che nel Belpaese diminuiscono i rifiuti e le emissioni inquinanti e crescono invece le energie rinnovabili. Siamo leader in Europa nell’industria del riciclo e il primo produttore di geotermoelettrico

Sembra incredibile ma è vero: l’Italia supera la Germania per efficienza nell’uso di energia e risorse. Aumentano le rinnovabili e si riducono la produzione di rifiuti e le emissioni inquinanti, crescono le vendite di biciclette. L’Italia dimostra, a sorpresa, di essere competitiva grazie ad una conversione ambientale “inconsapevole” e non supportata da lungimiranti politiche ambientali. La causa del miracolo sembrerebbe essere la crisi che ha colpito il Paese e che ci ha portato ad una gestione più efficiente delle risorse consumando meno energie, producendo da fonti rinnovabili, aumentando il riciclaggio di rifiuti nell’industria, adottando stili di vita sostenibili. A dirlo è il rapporto annuale di Legambiente "Ambiente Italia 2014", realizzato in collaborazione con l’Istituto Ambiente Italia.

“L’Italia – dichiara Duccio Bianchi, dell’Istituto di ricerche Ambiente Italia – deve questo primato a diverse ragioni: la prima è la rapidità con cui l’industria italiana, in presenza di una forte crescita dei prezzi energetici dopo il 2005, ha adottato una serie di misure di efficienza a cui non aveva fatto ricorso negli anni di bassi costi. La seconda è la presenza di un sistema di ricchi incentivi alle rinnovabili, la terza è la crescita del riciclo nel comparto siderurgico, nella produzione di metalli, nel settore cartario o vetrario che riduce le estrazioni di materie prime. La quarta è legata alla struttura dei consumi finali delle famiglie più orientati sui consumi immateriali che sui beni materiali. Dal nostro rapporto “Ambiente in Europa” emerge dunque come l’Italia abbia una struttura economica ben “vocata” alla conversione ecologica che si basa sul recupero, sull’efficienza energetica e sul riciclo. Una conversione che può diventare strutturale se sostenuta da giuste politiche”.

Le buone notizie non finiscono qui: l'Italia è il leader europeo nell’industria del riciclo, in particolare per il riciclo dei metalli ferrosi, plastica, tessili. Anche sul totale dei rifiuti, escludendo solo quelli minerali e vegetali, la Penisola con 37 milioni di tonnellate avviate a recupero, è il secondo paese europeo per valore assoluto di recupero, appena dietro la Germania e ben sopra a paesi come la Francia o la Gran Bretagna. Il Belpaese, è anche il primo produttore di geotermoelettrico, il secondo produttore di fotovoltaico (dopo la Germania), il terzo produttore d’idroelettrico (dopo Svezia e Francia) e da bioenergie (dopo Germania e Gran Bretagna), il quinto produttore di eolico (dopo Spagna, Germania, Gran Bretagna, Francia). Infine nel 2012 le emissioni di CO2 dai consumi energetici, pur a parità di consumi nel 1998, sono minori del 15%. Nel 2012 in Italia si sono registrati circa 355 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 dai consumi energetici contro i 736 della Germania.

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Nonostante tutto nel rapporto vengono ritenute deboli le politiche pubbliche. A sferrare il colpo contro "la politica miope" Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente che lancia un appello al premier Renzi: "Il Governo decida di puntare veramente sulla green economy per rilanciare l’Italia sostenendo produzioni, regole, stili di vita in grado di costruire un benessere materiale e sociale buono per tutti. Ma una sfida importante si gioca anche in Europa, con il semestre italiano di presidenza Ue e le imminenti elezioni europee di fine maggio. Quello che serve è un green new deal europeo per lo sviluppo di una nuova economia, basata sul risparmio di risorse, sull’efficienza, sulla ricerca e innovazione, sulla coesione sociale, l’accoglienza, la valorizzazione dell’agricoltura di qualità. Il prossimo Parlamento Europeo si troverà ad affrontare problemi non più irrinunciabili e a disegnare un nuovo profilo dell’Europa, superando le scelte ideologiche dell’austerity, rivedendo l’impostazione stessa del bilancio comunitario e costruendo le condizioni per garantire una reale partecipazione dei cittadini".

I nostri punti critici. C'è da lavorare sul tasso di occupazione, tra i più bassi in Europa, la mobilità privata preferita a quella pubblica, la poca eguaglianza sociale, la supremazia della discarica per smaltire i rifiuti urbani e la piaga dell’abusivismo edilizio. Ecco alcuni dati: un gran fossato separa l'Italia dalla Germania per quanto attiene alle condizioni sociali. La Penisola si rivela essere una società sempre meno inclusiva con forti diseguaglianze generazionali. Per quanto riguarda il tasso di occupazione della popolazione tra i 20 e i 64 anni, in Italia è del 61%, un valore in discesa dal 2008 (63%) e che si “stacca” da quello dell’Unione Europea (68,5%) e della Germania (76,7%). Il tasso di occupazione femminile tra i 20 e i 64 anni in Italia è del 50,5% contro il 62,4% della media Ue e il 71,5% della Germania. Resta poi il problema della disoccupazione che supera il 12%, ma non molto sopra la media europea (11%). In crescita il livello di giovani che non lavorano né studiano né sono attivi disoccupati (i NEETS) che si attesta al 25% rispetto al 10,8% di quello tedesco. L’Italia è diventata, inoltre, uno dei paesi europei con il più alto tasso di esclusione sociale che nel 2012 ha raggiunto il 29,9%, contro il 19,6% della Germania. Per quanto riguarda il mondo dell’istruzione solo il 21,7% dei giovani si laurea tra i 30-34 anni contro il 32% della Germania e contro il 43,6% della Francia. La spesa ricerca e sviluppo sul Pil è pari all’1,27% contro una media europea dello 2,06% e il 3% della Germania.

In tema di mobilità per la prima volta nel 2013 il tasso di motorizzazione privata (cioè le auto per abitante) non cresce, anche se l’Italia resta ai vertici europei con 610 auto ogni 1.000 abitanti, rispetto alle 525 della Germania o delle 483 della media europea. Così come non cresce, anzi si riduce, la mobilità automobilistica. Il trasporto pubblico rimane stazionario. Segnali positivi arrivano invece dalle vendite annuali delle biciclette e dal successo del bike sharing e car sharing. In Italia nel 2012 sono state vendute 1.606.000 di bici contro i 3.966.000 della Germania. Invece per quanto riguarda i programmi di bike sharing sono attivi in 102 città italiane contro le 47 di quelle tedesche.

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