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Venerdì, 19 Aprile 2024
RICICLO

Abiti usati, cresce la raccolta ma la filiera è 'malata': "Riforma del settore"

Grandi le potenzialità economiche del settore e degni di nota i risvolti ambientali. Purtroppo però il ciclo di questi particolari rifiuti ha dato vita anche ad un business 'criminale' del valore di duecento milioni. A lanciare l'appello, condiviso anche dall'Anci e dal Conau, al presidente Matteo Renzi Occhio del riciclone Italia e il Centro nuovo modello di sviluppo

Il settore della raccolta e del recupero degli abiti usati cresce: da 72mila tonnellate nel 2009 si è passati alle 110mila attuali. Il Trentino Alto Adige, la Toscana e la Basilicata sono le Regioni più virtuose. Fa bene anche il Sud Italia. La gestione del ciclo degli indumenti usati però non è sempre corretta. Così, da una parte il fenomeno evita che questo tipo di merci finisca nelle discariche, tra le altre cose già sature, dall'altro però note vicende di cronaca hanno evidenziato l’esposizione della filiera alla criminalità organizzata. 

L'appello. "È grave e preoccupante leggere parole come quelle riportate nella relazione del 2013 della Direzione nazionale antimafia 'le indagini della DDA e svolte dal Sostituto Procuratore Ettore Squillace Greco, hanno dimostrato come buona parte delle donazioni di indumenti usati che i cittadini fanno per solidarietà, finiscono per alimentare un traffico illecito dal quale camorristi e sodali di camorristi traggono enormi profitti'. Sarebbe però ancor più grave e triste che questi fatti compromettessero un’attività necessaria all’ambiente e ai bisognosi, buona pratica di economia sostenibile. Per questo chiediamo a lei Presidente di farsi parte attiva per una riforma del settore che nel rispetto del mandato affidato dal cittadino garantisca trasparenza e legalità per l’intera filiera, tutelando gli operatori che destinano gli indumenti raccolti a canali controllabili e di cui condividano la condotta". A lanciare l'appello su Change.org Occhio del Riciclone Italia e il Centro nuovo modello di sviluppo. 

Firma l'appello 

Appello condiviso anche dall'Anci e dal Conau  nel corso di un convegno che si è svolto ieri a Roma. “E’ necessario”, dichiara il Presidente del Conau Edoardo Amerini, “che si proceda in tempi rapidi alla definizione del decreto previsto dal Testo Unico Ambientale, per fornire un riferimento univoco e preciso su tutto il territorio nazionale per la disciplina delle attività di recupero e riuso degli abiti usati, con l’individuazione dei requisiti degli operatori e delle reti accreditate per la gestione degli stessi”.

“La filiera del recupero della frazione tessile”, afferma il delegato Anci per l’energia e i rifiuti Filippo Bernocchi, “può rappresentare per le amministrazioni un’occasione di sviluppo e crescita sia in termini di raccolta e riciclo sia in termini ambientali e sociali. "Iniziative come quella di oggi – prosegue Bernocchi - sono necessarie per sensibilizzare gli addetti ai lavori in modo da favorire maggiore trasparenza e uniformità nella gestione dei rifiuti tessili, che vanno adeguatamente supportate dal punto di vista normativo, nonché per cogliere le opportunità anche economiche per le amministrazioni, che il settore può offrire, attraverso una corretta gestione”.

L’indagine promossa dal Conau sulle singole province italiane ha registrato il proliferare di cassonetti e contenitori, posizionati in aree private aperte al pubblico, e a volte anche su strada, soprattutto nei piccoli comuni, in quelli ad alta densità abitativa o in quelli vicini a centri di raccolta non autorizzati (Veneto e Friuli Venezia Giulia). In alcuni casi, la raccolta viene pubblicizzata tramite l’apposizione sui contenitori di etichette che richiamano finalità di natura umanitaria configurando il conferimento come una “donazione”. Secondo l’analisi, tali contenitori sono stimati intorno alle 4mila unità, alle quali si aggiungono le raccolte “porta a porta”, per un totale di 25mila tonnellate annue raccolte (che corrispondono a circa il 25% del circuito ufficiale). I rischi provenienti da questa situazione, che comporta una forte disparità sul territorio nazionale, sono molteplici: dal punto di vista ambientale, non si assicura il rispetto delle previsioni normative riguardanti le fasi della raccolta e della successiva gestione finalizzate alla tutela dell’ambiente, conseguentemente viene a mancare la tracciabilità e quindi la certezza circa la reale destinazione dei materiali raccolti; sul versante economico, il Comune e l’azienda incaricata del servizio di raccolta dei rifiuti tessili subiscono la sottrazione di una porzione del flusso dei rifiuti e dei relativi proventi derivanti dalla valorizzazione degli stessi in termini economici; da ultimo, i soggetti che organizzano queste raccolte sopportano costi inferiori a quelli degli operatori per così dire “ufficiali”, agendo pertanto in concorrenza sleale rispetto a questi ultimi.

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