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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Rifiuti, in Italia si diffondono i biodigestori: ecco come funzionano

Gli impianti per lo smaltimento dei rifiuti convertono l'organico in biogas e il loro numero nel Belpaese è in crescita

I biodigestori smaltiscono i rifiuti, riducono le emissioni di gas serra in atmosfera e contemporaneamente creano energia termica ed elettrica. Si tratta di impianti in cui vengono trattati, attraverso un processo di compostaggio che avviene per via anaerobica (cioè in assenza di ossigeno), i rifiuti organici domestici e gli scarti agricoli. 

Come funzionano. Il processo, che prende il nome di digestione anaerobica (DA) si svolge in reattori chiusi (i digestori): i rifiuti vengono “digeriti” e miscelati con dei batteri; il compost così ottenuto in un secondo momento viene trasformato in biogas. Dal compost ricavato dal processo si ottiene infatti metano che poi unito all’anidride carbonica (ottenuta sempre nel processo di compostaggio) genera biogas che può essere infine trasformato in energia termica oppure in energia elettrica se immesso in motori azionanti gruppi elettrogeni. 

I biodigestori si stanno diffondendo rapidamente nel nostro Paese. Secondo dati del rapporto annuale 2014 del Consorzio italiano compostatori, “nel 2013 il sistema impiantistico del compostaggio e della digestione anerobica ha raggiunto una capacità potenziale di circa 8,3 milioni di tonnellate”. In aumento, si legge sempre nel rapporto, anche “il numero di impianti digestione anaerobica, che nel triennio 2011/2013 hanno visto una crescita di quasi il 60% con un totale di 43 impianti operativi, in grado di trattare la forsu (frazione organica del rifiuto solido urbano) da raccolta differenziata”. 

I numeri italiani. Di questi 43 impianti, l’85% (37) si concentra regioni del Nord-Italia, 1 impianto opera nel Centro mentre 5 sono localizzati al Sud. La tipologia di rifiuti trattati nel periodo 2010-2013 negli impianti di digestione anaerobica è variata in maniera significativa: se da un lato il quantitativo di rifiuto organico di origine urbana, composto quasi esclusivamente da forsu (51%), è rimasto sostanzialmente stabile pari a circa 520-560mila tonnellate per anno, è invece notevole l’incremento di rifiuti speciali come gli scarti agro-alimentari, che, al netto della frazione fanghi, sono aumentati di tre volte nel periodo analizzato.

La crescita del numero degli impianti va di pari passo con l’aumento del rifiuto organico proveniente dalla raccolta differenziata urbana. Da quasi 2 milioni di tonnellate raccolte nel 2003 si è passati infatti a oltre 5,2 milioni di tonnellate nel 2013, pari a circa 86 kg per abitante. E se al Nord si raccolgono 108 kg a testa rispetto ai 62 del Sud occorre far notare come il dato sia condizionato dalla diffusione del servizio di raccolta (più capillare nel Nord Italia); se infatti restringiamo il dato alla porzione di territorio effettivamente raggiunta dal servizio di raccolta differenziata i valori del Sud oscillano tra i 110 e i 130 kg pro capite.

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