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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Green economy

L'Italia del riciclo vale 34 miliardi di euro

Il 68% dei nostri imballaggi viene avviato a riciclo. In crescita aziende e addetti del settore. Tutti i numeri del rapporto 2014

Sebbene la crisi economica stia colpendo il comparto manifatturiero che presenta un tasso di natalità negativo (-11% nel periodo 2008-2012) l’industria della green economy legata alla gestione dei rifiuti registra negli ultimi 5 anni un trend positivo sia per il numero di addetti (+13%) che di aziende (+10%) per un volume di affari che si aggira sui 34 miliardi di euro, per un valore aggiunto di circa 8 miliardi di euro valutabile nel suo complesso in oltre mezzo punto percentuale di Pil.

I dati sono tratti da “L’Italia del Riciclo”, il rapporto annuale sul settore della gestione dei rifiuti promosso e realizzato da FISE Unire (il braccio di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti) e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e presentato stamattina a Roma

In aumento le società di capitali mentre calano le ditte individuali. Resta preponderante il volume delle piccole e micro imprese. Il 93% delle imprese che hanno nella gestione dei rifiuti il proprio core business registra meno di 50%, il 65% ne ha addirittura meno di dieci.

Nonostante la riduzione della produzione industriale e dei consumi delle famiglie cui si è assistito nel 2013 il settore del riciclo degli imballaggi ha tenuto. Il 68% degli imballaggi viene avviato al riciclo facendo registrare un incremento dell’1% rispetto all’anno precedente: 7.633 milioni di tonnellate contro le 7.562 del 2012 e le 7.511 del 2011. Il dato è generalmente positivo in tutte le filiere con alcuni picchi nei comparti della carta (86%) dell’acciaio (+74%) e del vetro (+73%). A contribuire al dato potrebbero aver avuto un ruolo decisivo le politiche legate alla raccolta differenziata sulle quali sta spingendo un numero sempre maggiore di comuni italiani. A conferma il fatto che altre tipologie di rifiuti, quali ad esempio apparecchiature elettriche ed elettroniche abbiano fatto registrare un calo. Vale a dire, se c’è la campana per la raccolta del vetro sotto casa si differenzia, se si deve fare un viaggio all’isola ecologica per buttare il vecchio personal computer....

L’industria rifiuti complessivamente sta bene ed ha buone prospettive di crescita per il futuro sia a livello nazionale che europeo. Gli estensori del rapporto stimano infatti che che la prevenzione dei rifiuti, l’ecodesign, il riuso possano generare risparmi pari a 600 miliardi di euro e ridurre le emissioni di gas serra dal 2 al 4%. 

Inoltre il conseguimento dei nuovi obiettivi in materia di rifiuti creerebbe circa 600.000 nuovi posti di lavoro, rendendo l’Europa più competitiva e riducendo la domanda di risorse scarse e costose. Le misure proposte, che consentirebbero peraltro di ridurre l’impatto ambientale, prevedono il riciclaggio del 70% dei rifiuti urbani e dell’80% dei rifiuti di imballaggio entro il 2030 e, a partire dal 2025, il divieto di collocare in discarica i rifiuti. Tanta, dunque, la strada ancora da percorrere. Le imprese chiedono regole chiare e applicabili, condizioni omogenee e ragionevoli tempi di rilascio delle autorizzazioni ambientali. 

“Proprio in considerazione delle dimensioni di queste imprese”, ha evidenziato Anselmo Calò, presidente di UNIRE, “le profonde carenze ed inefficienze che affliggono il settore, a livello soprattutto normativo ed amministrativo, sono ancora più difficili da sopportare, specie in una fase di recessione come quella attuale. Troppi sono i decreti e i regolamenti attesi da tempo: tra questi il decreto sui criteri di assimilazione, i criteri End of Waste, le linee guida per il rilascio delle autorizzazioni, gli standard per il trattamento di alcune tipologie di rifiuti, la disciplina della preparazione per il riutilizzo”.

“In attesa dei regolamenti europei che richiederanno tempo e saranno parziali” ha affermato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, “si dovrebbe procedere con un decreto del ministro dell’Ambiente, sul modello del DM 5.2.98, che stabilisca caratteristiche e condizioni almeno per tutte le tipologie di rifiuti non pericolosi che possono essere sottoposti ad un recupero completo, che consentano circa 34 miliardi di euro.

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