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Venerdì, 19 Aprile 2024
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La gestione dei rifiuti urbani è da riformare, Agcm: "Concorrenza nemica del malaffare"

L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha realizzato un'indagine conoscitiva sul mercato del settore. Diverse le problematiche riscontrate. Ecco le proposte per fare meglio

Concorrenza fa rima con ambiente, nel campo dei rifiuti, ed é un antidoto alla corruzione e al malaffare diffuso nel settore. A sostenerlo con convinzione é Giovanni Pitruzzella, presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) che stamattina, presso la sede romana, ha partecipato alla presentazione di un'indagine conoscitiva sul mercato della gestione dei rifiuti urbani. “Quella della gestione dei rifiuti urbani – ha detto in apertura il presidente dell’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato, Giovanni Pitruzzella – è una grande questione economica, ambientale e anche giudiziaria: basti pensare all’intensa attività delle eco-mafie in questo campo e quindi alla necessità di intensificare il controllo di legalità soprattutto nelle regioni meridionali”. "Le discariche maleodoranti nelle quali ci si imbatte ogni giorno  - continua il presidente - non sono altro che la prova della cattiva gestione del sistema". Il sistema va dunque riformato e la concorrenza contribuisce a farlo garantendo maggiore efficienza.

Ecco le proposte dell'Agcm per cambiare le cose: 

1) no alla gestione integrata, oggi prediletta dagli enti locali. Meglio scegliere l'affidamento separato delle varie fasi del servizio di raccolta dei rifiuti (dalla raccolta, allo smaltimento);

2) no all'affidamento diretto. Procedere all'affidamento diretto solo se il soggetto che si propone come gestore ha una serie di requisiti: deve operare con standard che rispettano la media del settore. Se così non fosse, meglio fare ricorso alle gare pubbliche che privileggiano il miglior offerente. L'affidamento diretto, infatti, impedisce una valutazione comparativa ed é chiaro che può rischiare di andare a svantaggio dei cittadini;

3) tagliare i tempi dell'affidamento del servizio. Oggi in Italia i gestori hanno contratti con una durata ventennale e questo cristallizza il mercato. La durata massima deve essere ridotta. Cinque anni bastano al gestore per riprendere gli investimenti fatti e dovrebbe essere quindi questa la durata massima prevista;

4) preferire un modello di gestione centralizzata ad un modello diffuso, in voga oggi. In altri termini questo vuol dire stabilire degli standard che tutti devo rispettare. L'Antitrust indica anche l'ente che potrebbe stabilire tali standard e controllare affinchè vengano rispettati: l'autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico. Potrebbe, per esempio, definire i parametri di efficienza che i gestori che si candidano al bando devono rispettare, vigilare in fase di affidamento del servizio messo a bando e occuparsi di redigere contratti-tipo di affidamento. 

5) le dimensioni degli Ato vanno standardizzate. L'ambito territoriale ottimale devrebbe essere, per legge, almeno provinciale. Ma la realtà é diversa e in Italia la frammentazione della gestione dei rifiuti non é stata superata. Secondo l'Agcom ci dovrebbe essere un Ato ogni 30mila/100mila abitanti. Questo perchè l'Ato è responsabile anche del recupero energetico e dallo smaltimento dei rifiuti e operare in un territorio più esteso significa poter avere accesso a più impianti e dunque di poter scegliere quello più efficiente. Bisognerebbe quindi intervenire per raggruppare in un unico bacino gli ambiti troppo piccoli e al contrario, per separare quelli troppo grandi. 

Questi alcuni dei consigli dell'Agcm per correre ai ripari dagli errori di gestione e dalle eventuali sanzioni, tutelare l'ambiente e cercare di evitare che il malaffare continui a prosperare nel settore dei rifiuti. "L'indagine dell'Autorità - spiega Valeria Amendola, che ha coordinato l'indagine - ha coinvolto aziende, regioni ed enti locali e le soluzioni arrivano anche dal confronto con le best practice europee". Proprio il confronto con gli altri Paesi europei fa emergere una triste realtà: L'Italia è indietro nella raccolta differenziata e fa un uso ancora troppo eccessivo delle discariche, che smaltiscono ancora il 30% dei rifiuti, il target previsto dalla direttiva europea entro il 2020 ammonta al 50%. Nel Nord Europa solo l'1,5% dei rifiuti finisce in discarica. 

Come fare per disincentivare questa pratica? Secondo l'Autorità la soluzione sta nel promuovere l'eco-tassa. "La gestione della frazione differenziata attuale non va più bene, è superato perchè non risponde al principio di chi inquina paga e quindi bisogna cambiare: il sistema deve diventare duale, ci deve essere una responsabilità diretta dei produttori degli imballaggi", spiega Valeria Amendola.

Oggi, il contributo richiesto ai produttori di imballagi non rispecchia i costi ambientali, essendo lo stesso per tutti i tipi di imballaggi. Andrebbe aumentato il contributo richiesto per quelli più inquinanti per disincentivare questa produzione e favorire meccanismi virtuosi. "Spostare l'onore dai cittadini ai produttori (oggi l'80% degli oneri é a carico dei cittadini che pagano la Tari) e trasformare il mercato degli imballaggi, oggi monopolistico (il Conai gestisce tutto) in concorrenziale i suggerimenti dell'Agcm", conclude Amendola.
 

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