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Mercoledì, 24 Aprile 2024
LO SPRECO

Lasciati marcire i carri armati che potevano aiutare l'Ucraina

Lite tra l'ex presidente Inps Boeri e il ministro Crosetto: “Militari favoriti nelle pensioni”. Ma intanto migliaia di cingolati, costati oltre tre miliardi, sono stati abbandonati in Piemonte

Il cimitero dei carri armati è nascosto tra le risaie della provincia di Vercelli. Il paese più vicino, Lenta, neanche novecento abitanti, è a meno di tre chilometri. Sono passati così tanti cingolati da qui che, se fossero funzionanti, potrebbero contribuire a difendere l'Ucraina dall'invasione russa. Ma ormai costava troppo renderli operativi. E anche demolirli. Così negli anni si sono accumulati. Una grossa parte è stata comunque rottamata. Un'altra, qualche decina di mezzi, è stata venduta funzionante alle forze armate del Pakistan e al piccolo Stato di Gibuti, in Africa, in cambio della concessione ad aprire una base di supporto per le unità italiane in transito. Sulla gestione della Difesa nel suo complesso, Tito Boeri, economista dell'Università Bocconi e presidente dell'Inps dal 2014 al 2019, fa notare le disparità con il resto dei lavoratori: “Non ce l'ho minimamente con i militari – scrive su Twitter il professore -. Anzi, li ringrazio per l'ingrato lavoro che svolgono, soprattutto di questi tempi. Però ci vuole trasparenza. Gli italiani possono essere d'accordo nel concedere loro trattamenti di favore. Ma è bene che lo sappiano”.

Le pensioni pagate ai militari superano i contributi incassati dall'Inps

Boeri fa notare che i dipendenti delle forze armate in Italia, “secondo le stime dell'Inps, per anni hanno ricevuto pensioni che valevano quasi il doppio rispetto a quanto avrebbero maturato sulla base dei contributi versati. Più di ogni altra categoria, a parte i politici”. Per le fasce d'età più giovani, il grafico pubblicato dell'ex presidente della previdenza sociale mostra infatti un calcolo contributivo di circa 1.500 euro al mese per pensioni lorde pagate oltre 2.500 euro. La differenza è stata ovviamente coperta dall'Inps, cioè dai contributi dei lavoratori non militari.

Il costo dei marescialli

L'economista ricorda anche che ogni dieci euro spesi per l'esercito, sei vanno al personale per il pagamento di stipendi e pensioni. Il 60,5 per cento, secondo le statistiche del 2021: “Altrove – spiega Boeri – siamo tra il 30 e il 40 per cento”. Come Regno Unito (32,7), Stati Uniti (37,5), Germania (41,7) e Francia (42,5). Più o meno al nostro livello sono Portogallo, Spagna e Montenegro. “Secondo – continua – ci sono più marescialli e ufficiali che soldati semplici in Italia. I dati del ministero della Difesa ci dicono che ci sono 63mila 500 marescialli e ufficiali contro 26mila militari di truppa”.

I carri armati abbandonati e le tracce di quelli venduti come rottame (Google Earth)-3

Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha risposto direttamente sulla pagina Twitter di Boeri: “Sbaglia professore. Questi dati rappresentano visivamente un antico problema della difesa italiana: il fatto di avere spese di esercizio ed investimento troppo basse rispetto a quelle del personale. Lei usa un grafico vero travisandone il significato”. Ma se vogliamo fare un bilancio visivo sulle conseguenze di anni di tagli, in linea sia con la riduzione della spesa ma anche con le diverse esigenze operative fino all'invasione russa in Ucraina, dobbiamo uscire dall'autostrada Milano-Torino e perderci nelle campagne di Lenta.

Come dimostrano le immagini scattate dal satellite, fino al 20 maggio 2021, nell'area militare c'erano ancora distese di mezzi corazzati. L'ultimo censimento attendibile risale al 2015 ed era stato pubblicato dal settimanale L'Espresso: 1.173 carri armati e 3.071 cingolati da combattimento abbandonati all'aperto, tra i quali novecento Leopard 1, trecento M-60, duecento M-109, tremila M-113. Numeri impressionati, se si pensa che allora la difesa italiana contava su appena 200 carri Ariete in servizio. E nemmeno oggi ne abbiamo di più, tanto che il piano di 980 milioni per aggiornare i 125 esemplari sopravvissuti terminerà soltanto nel 2034.

Il satellite rivela lo spreco

Dal 2015 buona parte del potenziale arsenale accumulato in Piemonte è stata resa inerte e venduta come rottame di acciaio e alluminio con un ricavo, per il ministero della Difesa, tra i quattro e i seimila euro a carro. “Era stata fatta qualche prova per rendere quei mezzi ancora operativi – racconta a Today.it una fonte del ministero – ma i costi si avvicinavano all'acquisto di un carro armato nuovo, senza poter contare però sulla tecnologia che nel frattempo si è evoluta. Finita la Guerra fredda, il nostro esercito è stato impiegato in missioni all'estero che non avevano bisogno di reparti corazzati”.

Un altro schieramento di mezzi corazzati abbandonati in Piemonte (Google Earth)-2

Il cimitero dei carri armati nasce come conseguenza del trattato Cfe per la riduzione e la limitazione delle forze armate convenzionali in Europa, firmato a Parigi il 19 novembre 1990 tra gli Stati membri della Nato e i governi dell'ex Patto di Varsavia. Da area di addestramento, dove migliaia di ragazzi di leva del reggimento Cavalleggeri Lodi avevano trascorso parte del loro servizio militare, nel corso degli anni la base di Lenta è diventata una sorta di discarica militare, dove sono stati inviati tutti i mezzi diventati troppo costosi per la loro manutenzione o resi inutili dai nuovi impieghi internazionali dell'esercito. Si stima che i cingolati lasciati arrugginire qui siano costati nel tempo oltre tre miliardi di euro. Dal 24 febbraio 2022, giorno dell'invasione russa in Ucraina, gli scenari sono però tornati ai tempi della Cortina di ferro. E mentre altri governi europei oggi affidano i loro carri armati a Kiev, delle nostre forze corazzate rimangono soltanto le tracce nel fango della baraggia vercellese.

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