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Sabato, 20 Aprile 2024
Addio sanità pubblica

Stiamo crescendo una generazione di medici depressi e incapaci

Ospedali senza medici, specializzandi in fuga, il sistema sanitario in tilt. Ora Pierino Di Silverio, presidente nazionale del sindacato di medici e dirigenti sanitari, chiede al governo di estendere il decreto Calabria a tutta Italia. L'inchiesta

La tragedia del covid ha aperto una crepa nella sanità pubblica italiana, palesando uno dei problemi più urgenti del Paese: la carenza del personale medico, soprattutto nei Pronto soccorso. In Italia mancano all'appello 30mila sanitari perchè gli ospedali si allineino agli standard europei. Lo dice il rapporto sanità del Crea (Centro per la ricerca economica applicata in sanità) dell'Università Tor Vergata di Roma. Quello che nemmeno la pandemia di SARS-CoV è stata in grado di far venire alla luce è un'altra piaga: i medici già operativi non vengono formati. Ogni anno migliaia di medici specializzandi invece di trascorrere il periodo di formazione nelle sale operatorie o sui macchinari per gli esami diagnostici, lo passano a sopperire al sottorganico in corsia, con turni massacranti, in violazione delle normative. Mancano i medici dunque ma quelli che abbiamo non li facciamo crescere. A meno che non serva forza lavoro per garantire i servizi base. Allora sono in prima linea anche più di un dirigente. Senza diritti perché il sistema li considera studenti. Un'ingiustizia pagata soprattutto dai pazienti, che si chiederanno: chi sono i nuovi medici in uscita dalle università italiane?

Medici specializzandi con turni massacranti: "C'era chi dormiva in ospedale, io sono fuggito"

"Una generazione di medici depressi, mortificati, che si specializzano con una formazione non eccellente e non idonea per gli standard prescritti dalla legge. Tutto per colpa di una visione miope di professori universitari, che non fatico a definire baronale". Non usa mezzi termini direttamente a Today Gianmaria Liuzzi, neo specialista in Patologia clinica a Milano, responsabile nazionale dei giovani di Anaao Assomed (Associazione medici dirigenti) ed ex responsabile nazionale Als (Associazione liberi specializzandi).

Dalle scuole di specializzazione nasce il fenomeno dei medici a gettone

"È un problema che, secondo i nostri dati, colpisce dal 70 all'80 percento delle scuole, - prosegue Liuzzi - dove il tempo degli specializzandi non viene impiegato per la formazione ma funge sistematicamente da tappabuchi. Il più delle volte lavorano in ospedali universitari, sovraffollati, dove abbiamo dai cinque ai dieci specializzandi per posto letto, dove non vengono rispettate una serie di tutele: il monte orario settimanale, le ferie, la malattia e i trasferimenti. In più i direttori di scuola non permettono il rispetto del Dl Calabria". Cioè la legge che consente a un ospedale di bandire un concorso pubblico per assumere in via preventiva un medico in formazione già dal terzo anno di scuola di specializzazione.

Perché avremo sempre meno medici nei Pronto Soccorso

"La catastrofe è doppia perché, oltre a essere scontenti e non idonei a livello formativo, - continua Liuzzi - per sfuggire a quegli ambienti tossici, i medici in formazione tentano altri concorsi in specializzazione". Infatti, numeri alla mano, circa il 30% dei 15mila specializzandi in formazione ogni anno, prova a entrare in un'altra scuola di specializzazione o comunque a cambiare ospedale. Tutto per avere una formazione migliore o quanto meno fuggire da ambienti malsani. "Così però si bruciando borse di specializzazione, - puntualizza ancora Liuzzi - si crea una mala programmazione nelle varie branche, sopratutto quelle della emergenza urgenza, dove è emerso il fenomeno dei medici a gettone".

Il controllore è il controllato 

Ma se il sistema in cui viviamo prevede che i professionisti più esperti insegnino il lavoro alle future leve, possibile che non esista una struttura per tutelare e valutare il percorso pubblico di formazione? In effetti c'è, è l'"Osservatorio nazionale della formazione medico-specialistica". Peccato sia composto quasi completamente da professori universitari. "Di fatto i controllori sono anche i controllati. Una cosa tutta all'italiana. Inoltre, anche volendo, non ha gli strumenti normativi per verificare la corretta applicazione della legge", conclude Liuzzi.

L'obiettivo: "Ripartire dal Dl Calabria"

Ma se le cose stanno così, come si risolve il problema? Per il presidente nazionale di Annao Assomed Pierino Di Silverio, non c'è dubbio: qualcosa di buono è stato fatto e la svolta è stato il Dl Calabria. "Oggi le aziende possono fare concorsi aperti anche a specializzandi, con una graduatoria a parte e l'assunzione vale per la vita, significa che è tutelato da un contratto" spiega il numero uno del sindacato dei medici dirigenti a Today. Ma c'è un problema. "Questo sistema è stato attuato per strutture che si dicono inserite in rete formative, ciò significa che per attuarlo serve un accordo fra l'azienda sanitaria e la Regione".

Pierino Di Silverio-2

Quindi, se uno specializzando frequenta una scuola universitaria convenzionata con un'azienda sanitaria, può accedere al bando di concorso, altrimenti no. Se il giovane vuole provare a entrare in una regione diversa, può anche farlo ma se vince, non può essere assunto prima di essersi specializzato. "Il decreto Calabria è stato un miglioramento oggettivo perché io tolgo lo specializzando dall'università. E poi, se mancano 15mila medici ma posso avere 37mila potenziali specialisti, risolviamo il problema della carenza. Inoltre posso dare agli specializzandi il così detto learning hospital (imparo mentre lavoro). Il Dl Calabria è un cambio epocale ma serve renderlo strutturale, omogeneizzarlo e regolamentarlo in tutta Italia per tutto il personale medico".

Medici specializzandi, sottopagati e con diritti violati

Già il fatto che i medici in erba non ricevano una formazione, è un problema non da poco. Se si guarda alla contropartita, diventa una beffa. La loro restribuzione è di 1.700 euro al mese (nette), che poi, salvo i versamenti previdenziali, l'assicurazione, la tassa dell'Ordine professionale e quella universitaria, diventano 1.300 euro. Il tutto poi in un ambiente lavorativo in cui i giovani vedono costantemente violati i loro diritti. Solo per citarne alcuni, un giovane medico non può godere del ricongiungimento familiare, degli assegni familiari, degli specializzandi caregiver, del congedo di paternità, del congedo per lutto grave, dell'indennità di svolgimento di attività straordinarie.

Inoltre vengono continuamente stressati da orari massacranti. Lo dice chiaramente una ricerca sulla condizione formativa dei medici specializzandi condotta dalla Als (Associazione liberi specializzandi) nel 2021 e basata su una serie di domande inerenti la conoscenza e il rispetto di una serie di garanzie sul lavoro. Sono stati 1.364 a rispondere ad almeno ad una domanda e 1.353 hanno risposto a tutti e 14 i quesiti. I risultati?

Solo per citare l'aspetto delle ore lavorative, il 32,3% degli interrogati non sapeva che il contratto di lavoro fissava a 36 ore settimanali il proprio impegno e che non si possono eccedere in alcun caso le 48 ore. Poi il 53,2% ha confermato come, negli ultimi dodici mesi, nella propria scuola di specializzazione si fossero superate le 48 ore di lavoro settimanali. Il 17,4% aveva detto di "no" e il restante 29,4% aveva detto di aver appena iniziato la scuola. Ma in quei dodici mesi, quante volte è stato superato il tetto delle 48 ore settimanali? Il 25% ha detto "sistematicamente" (oltre 19 settimane); il 18,3% ha detto "spesso" (da 6 a 18 settimane) e il 15% ha risposto "raramente" (da 1 a 5 settimane). Solo il 10% ha detto "mai" mentre il restante 30,2% ha detto di aver appena iniziato la scuola.

ricerca orario lavoro medici specializzandi 2021 - di Als

Insomma, i risultati del questionario hanno certificato la presenza di "realtà in cui la formazione medica è altamente insufficiente. Il giovane medico troppe volte viene trattato da studente ma contestualmente gli viene imposto di attuare mansioni prettamente lavorative senza la correlata certificazione di tutti i diritti che sono riservati ai lavoratori".

Giovani in fuga dalle scuole di specializzazione

Non stupisce dunque che i sindacati contino 6mila medici in fuga dalle scuole di specializzazione. Anche se non tutte. Restano gettonate quelle in cui l'attività privata e ambulatoriale rientra tra gli sbocchi lavorativi: Chirurgia Plastica e ricostruttiva, Oftalmologia, Malattie dell’apparato cardiovascolare. Vengono invece abbandonate quelle prettamente "ospedaliere e pubbliche" che sono state protagoniste nella lotta pandemica, prima fra tutte la medicina d'emergenza urgenza, dove, negli ultimi due concorsi di specializzazione (2021 e 2022), il 61% dei contratti statali è andato deserto o è stato abbandonato.

contratti medici specializzandi abbandonati - foto ricerca Als

Troppo spesso dunque i medici specializzandi non sono considerati un capitale umano su cui investire per un alto livello di formazione medica e chirurgica in Italia. Sono visti come manovalanza da mettere nel tagadà dei turni di un ospedale in emergenza perenne. In alcuni casi si è anche assistito a vere e proprie vessazioni, tali da richiamare l'attenzione delle Procure. Uno dei casi più recenti è quello di Perugia, dove la magistratura ha avviato un'indagine a seguito della denuncia dell'associazione degli specializzandi. Minacce, orari di lavoro con turni oltre le dodici ore, atteggiamenti denigratori e umiliazioni anche pubbliche da parte di un medico strutturato. Proprio dal capoluogo umbro viene Guido Santini, 31 anni della provincia di Arezzo, diventato medico di base dopo essere fuggito dalla scuola di specializzazione in Chirurgia toracica a Perugia.

Ma la vicenda del medico aretino è una goccia in un mare di storie rimaste inascoltate. Mancano i medici dunque, in tanti lanciano l'allarme. Suona ipocrita però quando il sistema sanitario ha tanti giovani che preferisce mandare al macello perché li considera studenti da spremere come cavie. Sono medici a tutti gli effetti invece. Li hanno anche chiamati "angeli" quando la pandemia ha terrorizzato il Paese. C'erano anche loro in prima linea, senza le stesse garanzie e lo stesso stipendio di un dirigente medico. Oggi chiedono di poter crescere. Chiedono di farlo in un sistema sanitario nazionale che, se non saprà cambiare, dovrà prepararsi ad affrontare un esodo di specialisti di alto profilo verso la sanità privata. O peggio all'estero dove un giovane non è un peso ma una risorsa.  

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