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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cultural innovation

Dalle visite tradizionali all'accesso digitale fino all'esperienza personalizzata: la fruizione museale e le sue trasformazioni

Dopo che i luoghi della cultura hanno temporaneamente trasformato i visitatori in utenti, è il momento di profilare un ritorno alla normalità, non senza degli accorgimenti opportuni

Fino a un paio di mesi fa non in molti avrebbero ricondotto le parole “Caccia al tesoro”, “flashmob” o “challenge” a “musei”. Eppure, in seguito all'emergenza Coronavirus, i social network sono stati adoperati come nuovi spazi espositivi virtuali e il digitale ha offerto la chance di un'accessibilità alternativa al patrimonio culturale, data la chiusura al pubblico, attraverso molteplici attività on line

I luoghi della cultura hanno dunque temporaneamente trasformato i visitatori in utenti, e ha funzionato: i musei hanno raddoppiato le loro attività on line a parallelamente aumentato il numero di follower, secondo l’Osservatorio Innovazione digitale dei Beni e delle Attività culturali del Politecnico di Milano, che monitora mensilmente i musei italiani e i teatri d’opera nel loro rapporto con le tecnologie. L'Osservatorio ha già presentato i dati raccolti relativi al mese di marzo, quelli di aprile saranno illustrati nell'ambito del convegno on line del 27 maggio "Dall'emergenza nuovi paradigmi digitali per la cultura".

Sappiamo, grazie all’Osservatorio, che nel 2019 quasi l’80% dei musei aveva almeno in parte digitalizzato la propria collezione ma solo il 30% ne aveva già pubblicato online sul sito una parte. Sempre nel 2019, il 67% dei musei aveva un account Facebook ma solo il 26% un account Instagram.

E adesso? “Da marzo in poi, in modo inaspettato, il digitale si è rivelato l’unico strumento per le  istituzioni culturali chiuse di continuare a restare “aperte” - sottolinea Deborah Agostino, Direttore dell’Osservatorio - quindi da complemento è divenuto necessario. Dal nostro monitoraggio la situazione lo scorso anno era ancora molto frammentata: su un campione di 420 musei italiani, il 76 % non aveva un piano strategico formalizzato rispetto all’innovazione digitale e un museo su 2 ha dichiarato di effettuare meno del 10% di investimenti sul digitale. L’attività più digitalizzata era la comunicazione, a seguire la catalogazione, la conservazione, il ticketing e la sicurezza. L’innovazione digitale era complementare alla visita in loco,  dal qr code alle audioguide. Durante il lockdown la partecipazione digitale è stata chiaramente forzata ma ha permesso di raggiungere in tempo reale un numero di persone inimmaginabile”.

Qualche esempio? Si è registrato un picco assoluto su Instragram il 29 marzo per "Art you ready?", il flash mob fotografico con il Mibact invitava gli utenti a condividere la foto di musei, parchi archeologici, biblioteche e archivi d’Italia visitati in precedenza. Il giorno di Pasqua l’evento in streaming “Music for hope”, con Andrea Bocelli nel Duomo deserto ha totalizzato 2,7 milioni di persone collegate in diretta su You Tube e in 24 ore ha effettuato 26 milioni di visualizzazioni. Nel solo mese di marzo il Museo Archeologico di Napoli ha fatto ben 188 post su Fb, il Museo Archeologico di Cagliari ne ha fatto 318 su Twitter e il Museo di Palazzo Grimani a Venezia 164 su Instagram. Una sorta di competizione virtuosa che ha portato a una crescita significativa del numero di follower da febbraio a marzo: il 5,1 % su fb;  il 7,2 su Instragram, il 2,8 su Twitter.

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“Considerando che solitamente la curva cresce dell'1%, parliamo dunque di una crescita significativa - sottolinea Deborah Agostino - attraverso il digitale si sono realizzate tre diverse interazioni che abbiamo classificato così: quella divulgativa - lì dove l’istituzione culturale utilizza il digitale per trasmettere conoscenza, per esempio una visita guidata alle collezioni con il direttore o l’intervista con l’esperto - l’interazione asincrona - nel caso in cui il museo richieda un riscontro all’utente per esempio la ricreazione a casa delle opere al museo e la successiva condivisione o ancora giochi e quiz - l’interazione sincrona, la meno diffusa, quella che si svolge in tempo reale - per esempio le web conference degli Amici del museo o quelle destinate ad attività educative per studenti”.

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Dotarsi di un piano strategico dell'innovazione digitale è l'idea di fondo, così come è già in atto per i musei statali dallo scorso luglio, con il Piano triennale per la digitalizzazione e innovazione dei musei, le linee guida della Direzione Generale Musei del Ministero per i Beni culturali, che hanno come finalità la valorizzazione del patrimonio culturale attraverso la digitalizzazione.

Cosa accadrà dal 18 maggio in poi - per le istituzioni culturali che sceglieranno di riaprire - tra misure di sicurezza e ingressi contingentati? “Immagino che il digitale continuerà a essere il complemento adatto, considerando anche che moltissimi visitatori dei musei italiani sono turisti. Esperienze come “Save the culture” dei Piccoli Musei, un sito dove poter effettuare quiz di conoscenza, rivela come con poche risorse sia possibile realizzare iniziative interessanti. Per quanto riguarda il tema delle competenze, dato che molte istituzioni lamentano l'assenza di professionalità nuove, come esperti in comunicazione digitale, nel breve periodo possono rappresentare una possibilità i percorsi formativi di riconversione delle figure impiegatizie. È utile tenersi sempre aggiornati sulle varie iniziative per il settore culturale, come il bando Switch o la call for interest Musei Aperti di Microsoft". E, per evitare eccessive semplificazioni che sconfinino nella banalizzazione "ciò che è fondamentale - aggiunge la professoressa Agostino - è far sì che la tecnologia sia a disposizione della strategia e non viceversa". 

Queste ultime tematiche sono state approfondite nell'ambito del webinar "Dalla fruizione on line alla personalizzazione dell'esperienza: la centralità del dato, a cura dell'Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali. 

“Una prospettiva utile potrebbe essere senz’altro quella dell’uso strategico dei dati generati dall'utente in queste settimane - spiega Deborah Agostino - dunque fare leva sulla grande partecipazione on line così da interpretare queste informazioni, sia numeriche che testuali. Possiamo profilare chi è il nostro utente, analizzare quante interazioni intrattiene con il museo e che percezioni rileva, evidenziando le emozioni che il museo trasmette sui diversi canali on line. I dati possono aiutare nella fase di riorganizzazione delle prossime settimane”.

“Da questo momento in poi è importante riappropriarsi del concetto di museo slow - afferma Eva Degl'Innocenti, Direttrice del Museo Archeologico Nazionale di Taranto, tra i relatori del webinar - un luogo sicuro ma di cura dell'anima, che consenta di effettuare delle esperienze uniche, per esempio di visitare in solitaria le mostre e vivere il museo come strumento identitario di una comunità. Oggi è necessario inoltre valorizzare i know how interni, come le figure dei curatori interni e capitalizzare le risorse di qualità. Per i visitatori lontani il digitale sarà essenziale nell’offerta di contenuti culturali a distanza”.

“Questa sarà una fase dedicata a iniziative di passaggio - sottolineano Serena Bertolucci e Luca Bizzarri, rispettivamente Direttrice e Presidente di Palazzo Ducale di Genova, reduce dalla "Mostra che non c'è", inaugurata lo scorso 2 maggio (una mostra virtuale - trasmessa sui social di Palazzo Ducale - dedicata alla memoria capolavori lontani e dimenticati che appartengono alla storia della città di Genova come tele di Bernardo Strozzi, Caravaggio, van Dyck) - proporremo delle esperienze in una sorta di fase di ponte, per esempio delle visite in solitaria all’esterno del palazzo con una guida, visite personalizzate su zoom on demand. Alla base del nostro operato vi è l'idea di fare rete, portando avanti le collaborazioni con il territorio, anche in ambito digitale, per esempio con la Scuola di robotica di Genova”. 

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