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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Smart working, cybersecurity e competenze digitali: come è cambiato il mondo del lavoro a seguito della pandemia

Il lavoro da remoto inattesto ha portato il 57% dei dipendenti italiani ad acquisire nuove competenze che rendessero efficiente e sicuro il lavoro da casa. Durante la pandemia il 37% delle aziende ha fornito formazione su nuove competenze digitali ai propri dipendenti, con un focus maggiore su sicurezza informatica, organizzazione del lavoro ed email marketing

Costrette ad adottare velocemente soluzioni digitali mai adottate prima, o utilizzate solo in minima parte, al principio della pandemia le aziende italiane si sono trovate in una situazione inaspettata, per permettere ai propri dipendenti di lavorare agevolmente da casa. Se secondo le stime del Politecnico di Milano, il 58% delle piccole e medie imprese italiane ha adottato lo smart working, è anche aumentata l'adozione di strumenti digitali per facilitare diverse aree di lavoro.

Il team internazionale del comparatore di software gestionali "Capterra" ha raccolto dei dati in relazione all’acquisizione di nuove competenze digitali, strumenti utilizzati e percezione della produttività a livello internazionale. Gli intervistati nel mese di gennaio 2021 totali sono stati 9.029 provenienti da 6 Paesi europei - Italia, Spagna, Olanda, Francia, Germania e Regno Unito - e da 3 Paesi extra-europei - Stati Uniti, Canada e Brasile. Gli intervistati italiani sono stati in totale 1.000, residenti in Italia, la maggior parte lavoratori a tempo pieno (71%) in aziende fino a 250 dipendenti. Il range d’età andava dai 18 ai 65 anni e la suddivisione in termini di genere è stata alla pari, ovvero 50% di uomini e 50% di donne.

I dati più interessanti che sono emersi sui dipendenti italiani sono stati i seguenti: il 57% ha dovuto acquisire nuove competenze digitali, di cui un 27% incentrate sulla cybersecurity; il 70% utilizza da 1 a 3 software per l'archiviazione e il trasferimento file, il 66% da 1 a 3 software per la comunicazione online e il 54% da 1 a 3 software per la gestione del tempo.

Una buona parte del tempo speso nell’acquisire nuove competenze si è slegato dalle skill tecniche richieste e ha avuto a che vedere con il benessere e la salute personale. Nella maggior parte dei casi (37%) l’azienda ha provveduto a fornire la formazione necessaria, mentre il 18% ha dovuto provvedere autonomamente. La ricerca ha sottolineato come si sia cercato di sopperire a carenze in termini di sicurezza informatica, di marketing a livello digitale (email marketing, social media) e informatiche a livello tecnico/operativo (linguaggi di programmazione). I software maggiormente utilizzati riguardano l’archiviazione e il trasferimento di file, la comunicazione online e la gestione del tempo.

Se Stati Uniti, Italia, Germania, Francia, Canada, Spagna e Brasile come quarto maggior software utilizzato hanno segnalato la categoria legata all’organizzazione del lavoro (intesa come tool per la gestione dei task/compiti quotidiani e delle to-do list), Gran Bretagna e Olanda hanno segnalato d’aver utilizzato maggiormente proprio i software per la sicurezza informatica (che in Italia occupano le posizioni inferiori in termini d’adozione). I software che sono stati meno utilizzati, in percentuale, da PMI e dipendenti italiani per svolgere le proprie mansioni quotidiane sono stati: i software LMS (Learning Management System, o software per la gestione della formazione), i software di collaborazione o di project management e i software di cybersecurity.

La maggioranza degli intervistati italiani (33%) ha dichiarato di voler optare per un modello ibrido una volta finita la pandemia, ovvero vorrebbe lavorare un 50% in ufficio ed un 50% da casa. Solamente il 21% vorrebbe lavorare interamente dall’ufficio e solo il 9% interamente da casa. In generale questa tendenza è stata registrata con percentuali analoghe anche per Stati Uniti, Germania, Francia, Canada, Olanda e Brazile. Regno Unito e Spagna, invece, preferirebbero fare 75% lavoro da casa e 25% lavoro in ufficio o in un co-working. L’acquisizione di nuove competenze e l’utilizzo di tecnologie adatte allo smart working che la pandemia ha necessariamente imposto, sicuramente rende la transizione più semplice e agevole per imprese e lavoratori. 

Inoltre, il 67% degli intervistati italiani ha dichiarato che lavorare da casa non ha ridotto la propria produttività personale. Al contrario, Stati Uniti, Francia, Canada, Spagna e Brasile hanno dichiarato che sono molto più produttivi da casa. Fra gli italiani che hanno risposto che si sentono più produttivi da casa, le principali ragioni risiedono nel non dover fare i pendolari (65%), nell’essere meno distratti dai colleghi (60%) e nell’avere orari di lavoro flessibili (57%).

Al contrario, chi si sente meno produttivo da casa lo associa alle troppe distrazioni che ci sono nell’ambiente domestico (59%), al fatto che si sente più efficace nel proprio lavoro se passa del tempo con manager e colleghi (40%) e che ha difficoltà a stare dietro a tutto (36%). 

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