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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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8 Marzo: un cammino ancora in salita

Alla data dell’8 marzo, che festeggia le donne, è istituita anche la ricorrenza del 25 novembre, contro la violenza sulle donne. Quante paia di scarpe rosse dovremo ancora consumare?

La storia delle donne è stata a lungo una storia di sopraffazione e di avvilimento. L’universo femminile, se guardiamo anche al nostro Paese, è stato per lunghi secoli tradizionalmente relegato ai fornelli e a numerosa prole. Non solo. La violenza dell’uomo sulla donna è stata spesso prassi: nel 1906 Sibilla Aleramo aveva pubblicato: Una donna, uno dei primi libri in Italia ad affrontare, in forma di diario, la condizione di soprusi in cui le donne spesso affondavano.

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Il regime fascista premiava la donna in quanto 'mater familias', la cui massima aspirazione avrebbe dovuto essere quella di procreare. In quegli anni partì dalla provincia di Lecce Nina Li Monici, che aveva partorito, nel giro di 20 anni, ben 21 tra figli e figlie: Mussolini le elargì lodi sperticate ed un premio in denaro, additandola come esempio alle altre donne.
Non tutte si rassegnavano a questo ruolo: Marisa Ombra, nel suo Libere sempre. Una ragazza della Resistenza a una ragazza di oggi, edito da Einaudi, è stata una delle tantissime donne partigiane che ha contribuito a restituire l’Italia alla democrazia.

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La caduta del fascismo e la fine della seconda guerra mondiale hanno avviato un cambiamento che non si sarebbe più arrestato: le elezioni amministrative del 10 marzo 1946 sono state le prime in cui le donne italiane hanno votato e sono state votate e la loro affluenza alle urne superò l’89% delle aventi diritto, con differenze significative tra Nord e Sud Italia. Il primo passo era stato compiuto.
Ma la predominanza maschile in politica, nelle Università, nel mondo del lavoro ha continuato a restare solida.
La famiglia ha continuato ad essere indicata come strada privilegiata della 'realizzazione' femminile. Fino al 5 agosto 1981 sono stati legge il delitto d’onore e il matrimonio riparatore, lasciti del Codice Rocco, di matrice fascista: 'Chiunque cagiona la morte della coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni'. Pietro Germi ha dedicato uno dei suoi migliori film, Divorzio all’italiana, ad un tema così scottante.
E il nome di Franca Viola, a tal proposito, meriterebbe di finire nei libri di storia: nella Sicilia dei primi anni ’60 è stata la prima donna italiana a rifiutare pubblicamente il matrimonio riparatore. A soli 17 anni Franca, figlia di due contadini di Alcamo, venne rapita e stuprata da Filippo Melodia, che la segregò e la lasciò a digiuno per otto giorni, malmenandola ripetutamente. Ma di fronte alla proposta di matrimonio Franca, col sostegno dei suoi genitori, dirà decisamente no, squarciando il velo su un’istituzione ipocrita e violenta. Melodia verrà condannato a 11 anni di carcere (la metà di quelli richiesti dal Pubblico Ministero).'Di esemplare – scriverà il Corriere della Sera – resta il comportamento della ragazza, non il verdetto […] ancora bisognerà fare affidamento su altre fanciulle coraggiose come Franca Viola che sulla severità della legge per sperare che certi comportamenti scompaiano'.
La stessa forza d’animo che si ritrova nelle pagine del libro di Antonella Valletta, autrice di Ho smesso di tremare di Giraldi Editore, che affronta il tema della violenza sessuale.
Sono arrivati, poi, la contestazione giovanile del ’68 e poi il movimento femminista degli anni ’70 a portare veramente le donne nelle piazze e nei cortei, a chiedere e pretendere una liberazione sessuale, ma non solo il grido: Io sono mia rappresenta esattamente la definizione di uno stato esistenziale, preteso come irrinunciabile. Temi come la contraccezione, l’aborto, il divorzio, che erano stati tabù in un’Italia conservatrice e tradizionalista, finalmente diventavano realtà.
Il 1° dicembre 1970, durante il governo Colombo, è stata introdotta la Legge 898 'Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio', conosciuta anche come legge Fortuna-Baslini; il 22 maggio 1978 è stata la volta della Legge che ha legalizzato l'interruzione volontaria di gravidanza, la n. 194. Entrambe hanno subito tentativi di abrogazione, attraverso referendum: la 898 nel 1974, che ha visto una percentuale del 59% di contrari all’abrogazione del divorzio; la seconda nel 1981, per tentare di intervenire sulla 194, ma anche in questo caso la maggioranza delle elettrici e degli elettori ha scelto di mantenere in vigore la legge sull’aborto, che poi in vari momenti e in vari Paesi del mondo continua a subire attacchi e tentativi di affossamento.
Negli ultimi decenni di storia, le donne hanno conosciuto momenti di libertà, ma ancora troppo spesso situazioni di sottomissione, umiliazione, violenza: nel mondo ci sono ancora Paesi in cui le donne non possono guidare, non possono uscire da sole, non possono lavorare e studiare, non possono vestirsi come vorrebbero; ci sono Paesi (e anche il nostro) dove a parità di carriera e professionalità, le donne continuano a guadagnare meno degli uomini; ci sono Paesi (e anche il nostro) dove i femminicidi continuano a essere una piaga sociale e le leggi sembrano incapaci di contenere il fenomeno.

Rossana Gabrieli - Cover Femminicidio

Lo possiamo comprendere dalle pagine di Femminicidio, Elemento115. Se accanto alla data dell’8 marzo, che festeggia le donne, è necessario istituire anche la ricorrenza del 25 novembre, contro la violenza sulle donne, vuol dire che la strada per la conquista della dignità femminile e della parità fra sessi è ancora in salita. Quante paia di scarpe rosse dovremo ancora consumare?

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