Gary Snyder, l'altra voce della Beat Generation
L’autore americano - Premio Pulitzer 1975 - dà voce poetica ad una visione in cui il prendersi cura del mondo e la compassione per le sue sofferenze, non escludono impegno e denuncia. Più che poesia lirica, poesia civile.
La sera del 7 ottobre 1955, alla Six Gallery di San Francisco, si svolse un reading che vide protagonisti cinque giovani poeti (Allen Ginsberg, Michael Mc Clure, Philip La Mantia, Gary Snyder, Philip Whalen), introdotti da un poeta e critico di una generazione precedente che si assunse il ruolo di mentore, Kenneth Rextroth. Fu l’evento da cui ebbe inizio il movimento Beat, precursore della controcultura degli anni ’60, movimento letterario e civile destinato ad incidere profondamente i due successivi decenni di storia americana. Di quel gruppo l’unico oggi in vita è Gary Snyder (1930), premio Pulitzer 1975 per la poesia, autore di 26 raccolte cui si aggiunge una cospicua produzione saggistica sui temi dell’ecologia profonda. Una filosofia che si smarca sia dall’ambientalismo classico di cui contesta il primato dell’umano, sia allo scientismo ecologico in nome di un rapporto filosofico con l’ecosfera in cui la vita, nei suoi stessi processi elementari è ripensata. Di qui la scelta di vivere entro una bio regione, la Sierra Nevada, nella California dell’est, di cui Snyder sceglie di condividere la vita e i ritmi nell’ambito di una comunità impegnata nella difesa dell’ecosistema. È una premessa necessaria alla comprensione di una scrittura poetica che si snoda lungo un arco di più di sessant’anni ma il cui elemento di continuità è la dimensione spirituale da cui scaturisce il lavoro sulla parola. Ed è anche l’elemento che distingue Snyder da altri Beat più noti di lui, non solo in Italia, come Corso, Ginsberg, Ferlinghetti, calati nei fermenti politici del proprio tempo o depositari dell’allure del poeta ribelle. Fonte della poesia di Snyder – come di Dianne Di Prima, Michael Mc Clure, Joanne Kyger, Philip Whalen – è il buddhismo zen di cui sviluppa una conoscenza approfondita grazie all’apprendimento della lingua e ad un lungo soggiorno in Giappone, iniziato nel ’56 e concluso nel ’68 con il ritorno negli Usa.
Pericolo sulle cime, di cui elemento115 propone la traduzione, è un libro del 2005 diviso in sei sezioni tematiche ispirate ad una varietà di stili; si va dal racconto delle prime esperienze di ascesa in montagna nei giorni dell’atomica ad Hiroshima e Nagasaki, all’osservazione della natura ispirata all’oggettività dell’haiku, a testi che rivelano una dimensione sorprendentemente intima e quotidiana. A proposito della sua poesia, Snyder ha sottolineato la dimensione arcaica che intende evocare, “la fertilità della terra, la magia degli animali, la visione di potere nella solitudine, l’iniziazione terrificante e la rinascita, l’amore e l’estasi della danza, il lavoro comune della tribù”. La stessa precisione nella scelta della parola, spesso scaturita dal linguaggio specialistico botanico e forestale, rivela l’adesione piena alla materia vivente e il desiderio di renderne la sacralità.
Né si tratta di una regressione intimistica, all’insegna di un aristocratico rifiuto della civiltà, ma della volontà di dare voce poetica ad una visione in cui il prendersi cura del mondo e la compassione per le sue sofferenze, non escludono impegno e denuncia. Più che la poesia lirica, questi testi, allorché affermano la necessità di trascendere l’io, assurgono alla dimensione della poesia civile. Per entrare in contatto con l’odierna produzione di Snyder basta seguire il suo profilo Twitter, ove con cadenza quasi quotidiana pubblica haiku.
Pericolo sulle cime
Gary Snyder
Traduzione e cura di Paolo Allegrezza
elemento115
ISBN 978-88-99498-92-4
Pag. 230 - 12,00 €