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Venerdì, 29 Marzo 2024
Libri

‘Infanzia’, di Tove Ditlevsen

Il volume inaugura la trilogia di Copenaghen di Tove Ditlevsen: tre romanzi autobiografici riscoperti di recente e giustamente celebrati a livello mondiale come capolavori

L’infanzia dovrebbe essere il tempo del gioco, un palloncino da gonfiare solo con la gioia, un tempo in cui illuminarci di sogni e speranze, e comporre il nostro album di ricordi preferito da sfogliare, nella nostra mente, per tutto il resto della vita. Eppure, a volte, l’infanzia ci ferisce, marchiandoci dentro in modo indelebile.

A volte l’infanzia si può trasformare in qualcosa da temere, prendendo magari le sembianze di un bruttissimo mostro, o in una sensazione da cui sarebbe meglio prendere le distanze, ma, come dice Tove Ditlevsen, nelle pagine di Infanzia, romanzo autobiografico (il primo volume della trilogia di Copenaghen)  pubblicato a Marzo dello scorso anno, per la prima volta in Italia, da Fazi: «All’infanzia non si sfugge, resta attaccata addosso come un odore. La si sente sugli altri bambini, e ognuna ha un aroma tutto suo».

Un’infanzia buia quella dell’autrice danese, che la immagina “sempre sofferente come un animaletto intrappolato in un sotterraneo e dimenticato”. Un’infanzia da cui bisogna a tutti i costi difendersi, ma solo i bambini più astuti, come Tove, riescono ad avere armi e maschere con cui proteggersi. Dietro la sua maschera della stupidità, quella che l’autrice sceglie, può essere finalmente se stessa. Solo in questo posto segreto può custodire la poesia che le sboccia dentro come una rampicante in cerca di luce: «Quando sento un canto nascermi dentro, faccio molta attenzione affinché non apra buchi nella mia maschera. Nessun adulto sopporta il canto del mio cuore o le ghirlande di parole della mia mente».

Sì, i primi mostri sono proprio gli adulti che avrebbero dovuto darle coraggio e mostrarle una strada sicura. Sua madre, Alfrida, è una donna bella e minuta, ma frustrata e lacerata, come dice l’autrice, da un’infanzia spigolosa e dura. Una madre sempre chiusa in un freddo mutismo, più con lei che con il fratello maggiore Edvin, una mamma distante e noncurante del bisogno di affetto della piccola Tove: «Era un’estranea misteriosa, e io mi mettevo in testa di essere stata scambiata in culla, di non essere affatto figlia sua. Il mio rapporto con lei è stretto, doloroso, traballante, e se voglio un segno d’affetto devo cercarlo io. Qualunque cosa io faccia, la faccio per compiacere lei, per farla sorridere, per acquietare la sua rabbia».

Suo padre, Ditlev, un onesto lavoratore spesso disoccupato, è un uomo però dedito alla lettura e dall’animo più sensibile: «Mi scruta, forse pensando – racconta l’autrice nella sua biografia - che una bambina come me, che vive nella bambagia, non dovrebbe avere incubi. Sorrido imbarazzata, come per scusarmi, come se l’urlo fosse stato uno sprazzo di follia». Ed è proprio il padre a trasmettere alla piccola Tove la grande passione per i libri, che ben presto si trasforma, dentro di lei, in un amore autentico per la poesia, che però Ditlev non approva.

L’ambiente in cui cresce Tove, un quartiere operaio di Copenaghen che sta ripartendo dopo la Grande Guerra, non aiuta, specie quando la bambagia finisce e a casa è difficile anche mettere a tavola qualcosa di buono da mangiare. Non c’è tempo e voglia di dare spazio all’entusiasmo di una bambina sveglia come Tove, che resta chiusa nel suo mondo, agli altri incomprensibile: «Lo so che ogni persona ha una propria verità, allo stesso modo in cui ogni bambino ha una propria infanzia». Lo fa allontanando il più possibile, specie da sua madre, l’odore della sua infanzia, per non irritarla. Un’infanzia, la sua, silenziosa, furtiva, circospetta, dentro cui si sente spesso stretta e inadatta, ma in cui vorrebbe nascondersi per sempre per non crescere mai, ma che allo stesso tempo ripudierebbe volentieri dal suo presente solo per compiacere sua madre.

Forse è meglio vivere come fanno gli adulti, pensa Tove osservandoli di nascosto, in fondo a guardarli non si direbbe che ne abbiano avuta una, anche se sostengono con grande convinzione che la loro sia stata un’infanzia felice. La loro infanzia, riflette l’autrice, sono semplicemente riusciti a dimenticarla: «è sepolta in loro, lacera e sforacchiata come un tappeto consunto e tarmato, al quale nessuno pensa e che non serve più». Ma come hanno fatto, si chiede ancora la piccola poetessa, a superarla senza riportarne profonde cicatrici in viso? Esiste forse una scorciatoia segreta che gli ha permesso di indossare la loro forma adulta anni prima del tempo? «Ma se non si conosce la scorciatoia, l’infanzia va patita e superata con fatica, ora dopo ora, per un inconcepibile numero di anni. - conclude l’autrice, ricordando quegli anni ora che anche lei è finalmente adulta, mentre è ricoverata nel reparto di Disturbi mentali presso l’ospedale Sct. Hans di Copenaghen - Solo la morte può liberarcene, ecco perché pensiamo tanto a essa, immaginandola come un angelo biancovestito e gentile, che una notte ci bacerà le palpebre affinché non si aprano mai più».

Come sopravvivere, intanto, nella giungla della sua vita, come nascondere quella sua stranezza che spesso la portava alle lacrime rendendola troppo diversa da tutti? Neppure l’amicizia con Ruth, la cui infanzia, a differenza della sua, è “salda e compatta e senza una crepa”, la salva dalla sensazione di essere inadatta al contesto in cui vive. È costretta a indossare una maschera anche con lei, assumendo la forma di un suo riflesso. Anche se le vuole bene non può fare a meno di ingannarla, perché Ruth non ha, come lei, sogni di un futuro al di fuori del quartiere dove vivono, in fondo anche lei non appartiene al suo mondo interiore, un universo fatto solo di versi delicati e ritmici, di cui Tove è l’unica abitante.

«Come al solito ho paura di essere smascherata. Mi sento straniera in questo mondo, e non c’è nessuno a cui io possa sottoporre i soverchianti quesiti che m’invadono la mente alla sola idea del futuro. Devo tenermi tutto dentro, tanto che certe volte mi sento soffocare. Prima o poi metterò per iscritto tutte queste parole che mi passano attraverso. Prima o poi altre persone le leggeranno in un libro e si meraviglieranno nel vedere che una femmina può – altroché! – fare la scrittrice».

Infanzia
Tove Ditlevsen

Fazi Editore
ISBN 9788893258685
Pag. 124 - 15,00 €

Ditlevsen - Fazi-5

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