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Sabato, 20 Aprile 2024
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Il nuovo "galateo di genere" per sapersi comportare con chiunque. Dall'uso dei pronomi ai menù senza prezzo

Ragionare sull'etichetta per andare oltre le etichette. Abbandonare i falsi formalismi del "politicamente corretto" per far propria la concreta scoperta degli altri, con gentilezza e curiosità. È la sfida di Samuele Briatore, presidente dell'Accademia italiana di galateo, che ci racconta il suo ultimo libro

Ragionare sull'etichetta per andare oltre le etichette. Abbandonare i falsi formalismi del "politicamente corretto" per far propria la concreta scoperta degli altri, con gentilezza e curiosità. È "Il nuovo galateo di genere" scritto da Samuele Briatore, presidente dell'Accademia Italiana Galateo, una raccolta di indicazioni per confrontarsi con i cambiamenti della società ma soprattutto una riflessione acuta e lieve su cosa si intende oggi quando si parla di "genere" e sul suo impatto nella vita di tutti i giorni.

Dalla critica ai menù senza prezzo che (ancora) vengono serviti alle donne al ristorante fino al modo più opportuno per chiedere qual è il pronome corretto da usare col nuovo collega che incontriamo in ufficio. Un manuale simbolico in quest'epoca in cui il linguaggio è più che mai legato non tanto alla simbolica cortesia quanto al tangibile risvolto sociale che sottende; ed in cui insomma al linguaggio, più che ad altro, affidiamo doti di rivoluzione, sebbene per qualcuno discutibili.

"A chi pensa che esistano ‘ben altri problemi’ lascio l’onere di ragionare su questioni ‘alte’ e altre. A chi, invece, ha voglia di comprendere come creare relazioni, situazioni e conversazioni che valgano la pena di essere vissute, auguro buona lettura", premette non a caso Briatore, ben consapevole di rendersi mirino del benaltrismo. Consapevole però anche che «senza linguaggio niente polis, niente possibilità per gli umani di essere la specie vivente più aggregata», come direbbe il linguista Tullio de Mauro. Consapevole che "è arrivato il momento di rialzare il tiro dei galatei, che non servono solo ad insegnare dove posizionare il piattino del pane ma anche e soprattutto come mettere a proprio agio qualcuno in modo inclusivo, e non a caso un tempo li scriveva Marcel Proust". Consapevole, insomma, che forse non arriveremo mai ad usare la schwa nel parlato ma che solo il dibattito porta a reciproca esplorazione.  

È banale chiederlo, visto il dibattito apertissimo sul linguaggio e sulle questioni di genere, ma quando è nata l'idea del libro?

"Tutto è nato quando una ragazza transgender mi ha raccontato di non essere mai entrata in un museo per vergogna: si sentiva fuori da quel mondo, perché aveva paura di essere bullizzata. Trovandola una cosa assurda, le ho chiesto mille volte quali fossero le problematiche che riscontrava e mi ha confidato che, da piccola, aveva ricevuto una battuta sul genere femminile, ovvero il genere in cui si riconosceva. Lì mi sono reso conto che c'era ancora tanto da fare. Questo libro è stato rivisto da tutte le associazioni sui diritti Lgbtqia+ che ho conosciuto in questi anni".

"Questo libro è nato quando una ragazza transgender mi ha raccontato di non essere mai entrata in un museo per vergogna"

Qual è la gaffe più diffusa in cui scivoliamo? 

"Quando siamo in confusione, assegniamo un genere, senza magari chiedere prima come le persone vogliono essere chiamate. È qualcosa che spesso associamo ai luoghi comuni tipici: se ami il calcio sei una lesbica, se sei sensibile sei gay. Potrei andare avanti all'infinito con i cliché: le persone non binary sono confuse, i bisessuali hanno una predisposizione al tradimento. O ancora «il Gay Pride è una carnevalata, chi darebbe mai bambini a persone così?», come mi è capitato di leggere sulle prime pagine di alcuni giornali".

Cosa rispondi?

"Che vorrei tirare fuori le foto degli addii al celibato o al nubilato delle persone e poi fare la stessa domanda, ad esempio quegli scatti in cui le future spose leccano addominali di modelli: va benissimo farlo, perché è un momento di rivendicazione momentaneo che capita una volta l'anno e non per 365 giorni, ma allora è esattamente come il Gay Pride". 

Ad oggi il linguaggio inclusivo è molto sentito sui social network, tra i più giovani: qui il proprio genere viene comunicato con un pronome scritto nella biografia ("she/her" per il genere femminile; "he/her" per il maschile; "they/them" per le persone non binary). Ma nella vita di tutti i giorni, se siamo confusi, come possiamo chiedere qual è il pronome giusto da usare, senza risultare inopportuni? 

"Non bisogna sentirsi inopportuni. Quando non lo sappiamo, chiediamo. È sempre meglio chiedere che dare per scontato. Ammettere la nostra ignoranza in materia non è toglierci valore, ma anzi ci aiuta ad essere piu inclusivi". 

In quest'epoca il femminismo si configura in gran parte come battaglia sui temi legati al linguaggio, argomenti che secondo qualcuno sono trascurabili o appannaggio di femministe radicali. Quali sono le dinamiche sessiste su cui inviti a ragionare?

"In generale questo libro va a sfatare un po' di regole con cui i precedenti galatei assecondavano certe dinamiche di ruolo uomo-donna associandole al retaggio della galanteria: questioni come il baciamano, l'uomo che deve fare il primo passo, la donna che deve lasciar pagare il conto al ristorante, eccetera. Se continuiamo a fare copia e incolla dei galatei degli anni Sessanta non ne usciremo vivi: il galateo è una materia nuova, che cambia, si aggiorna".

 "A chi fa notare che 'avvocata è una parola brutta' rispondo che anche 'ornitorinco' è una parola brutta e che le parole diventano belle, cioè ci si abitua al loro suono, proprio quando vengono utilizzate. Al liceo classico si parla di lingue vive e di lingue morte, quindi, proprio in quanto viva, la lingua italiana è in continua evoluzione"

Questione articoli e desinenze al femminile per incarichi professionali: "il" o "la" presidente del Consiglio Giorgia Meloni? 

"Beh, a parte il fatto che siamo tutti contenti della sua transizione di genere e quindi della sua consapevolezza, qui mi rifaccio alle linee guida del MIUR, ovvero il Ministero dell'Istruzione, secondo cui non c'è alcuna ragione linguistica per non parlare de 'la ministra'. Se però il primo ministro Giorgia Meloni ci tiene così tanto, perché non accordargli l'articolo maschile? In fondo il galateo è fatto di ascolto e accettazione. Ha però altrettanto diritto di essere chiamata 'avvocata' chi ha dedicato anni allo studio e lo desidera. E a chi mi risponde che 'avvocata è una parola brutta' rispondo che anche 'ornitorinco' è una parola brutta e che le parole diventano belle proprio quando vengono utilizzate, perché ci si abitua al loro suono. Al liceo classico si parla di lingue vive e di lingue morte, quindi, proprio in quanto viva, la lingua italiana è in continua evoluzione".

Samuele Briatore


In favore dell'inclusività delle persone non binary e contro il sessismo del cosiddetto "maschile plurale sovraesteso" sono state ipotizzate, almeno sulla carta e almeno per provocazione, varie strade per modificare la desinenza delle parole: dalla "e" rovesciata, la "schwa", alla "x", dall'asterisco alla "u". Espedienti che sono oggettivamente complicati da assimilare nel parlato. 

"Per ovviare, basta usare la terminologia 'persone'. Non è necessario dire 'benvenuti a tutti in sala', si può ovviare con 'benvenute a tutte le persone in sala'. L'italiano è lingua molto ricca che può giocare sull'inclusività". 

Tema "catcalling", presente nel libro. Per molti definirlo molestia è un falso problema. Per il galateo può essere motivo di paradosso, nel senso che c'è chi lo fa pensando di essere galante. "Riuscire a fare un complimento è un campo minato", scrivi tu stesso. Come muoversi? 

"Per molti il catcalling è un'azione innocua, che non arreca danno a chi la subisce e che al massimo può ridicolizzare chi la fa. È sbagliato. Le persone che subiscono il catcalling, infatti, sperimentano vere e proprie reazioni fisiche spiacevoli che vanno dall’ansia alle vertigini alle difficoltà respiratorie. Questi modi di fare, inoltre, non rispettano la struttura propria dei complimenti che, come ha scritto la linguista Giovanna Alfonzetti, richiedono l’interazione di emittente e destinatario, attraverso un equilibrio di significati che nel catcalling manca".

Mesi fa un'influencer montò una polemica per aver ricevuto un menù senza prezzo in un ristorante a Venezia. Lo denunciò come atto sessista. 

"Si dà ancora per scontato che non deve essere la donna a pagare, ma non ha senso: speriamo che anzi ci siano sempre più donne con uno stipendio maggiore di quello dei compagni e che, di pari passo, abbiano fine le battute dei camerieri sulla galanteria mancata degli uomini non paganti. Il conto va dato a chi lo chiede. Non si perde alcuna galanteria: il romanticismo è qualcosa che vive all'interno della coppia, non nelle dinamiche instaurate con una terza persona, cioè un camiere". 

Per scrivere il libro hai approfondito la tua conoscenza della comunità trans, che ritieni essere ad oggi quella ancora più discriminata. Alcuni passi diventano un racconto sociale degli episodi di discriminazione che hanno luogo in spazi pubblici come gli ospedali o come le stesse università, ad esempio. E che ritieni debbano essere risolti con urgenza.

"In ospedale ci sono situazioni cliniche in cui chiedere ad una persona se è di genere maschile o femminile ha un senso, ma se una persona si rompe un braccio, perché sottolineare la sua condizione di persona trans? All'università molti professori ancora si rifiutano di chiamare la persona che hanno avanti con il nome del genere a cui hanno scelto di appartenere, motivo per cui è fondamentale continuare a parlare di carriera alias, ovvero la procedura che permette agli studenti transgender di cambiare nome a scuola in attesa dell'arrivo dei nuovi documenti con i connotati anagrafici aggiornati. Rifiutarsi crea una barriera reale, non solamente linguistica". 

"Il problema è che c'è l'idea che aggiungere diritti a qualcuno significa toglierne a chi ne ha di già acquisiti, ma non è certo così"

Racconti che, dopo l'uscita del libro, hai ricevuto minacce e insulti in privato via Instagram. 

"Arrivano commenti orribili e raccapriccianti. «Prima o poi ti veniamo a cercare», ma soprattutto il grande classico «Non sono questi i problemi», oppure «Si stanno duplicando come i cinghiali» in merito alle persone queer. Ok, a parere loro non c'è bisogno di parlarne, ma se anche qualcuno decide di farlo qual è il problema? Il problema è che c'è l'idea che aggiungere diritti a qualcuno significa toglierne a chi ne ha di già acquisiti, ma non è certo così. Insomma sono proprio questi commenti a convincermi che è opportuno continuare a parlarne, a fare confusione". 

Altra percezione diffusa è che il galateo sia qualcosa di polveroso ed ormai anacronistico. Non è facile renderlo moderno, eppure col tuo lavoro ci stai riuscendo. 

"È colpa nostra, perché continuiamo a raccontarcelo solo tra noi addetti ai lavori. Se continuiamo a raccontare il galateo parlando di contesse, contessine e baronesse che manco esistono più e del fiore giusto da portare al loro cospetto, moriremo. Il galateo è nato come tutt'altro. Io ho un passato da pr del Muccassassina (storico evento queer delle discoteche romane, ndr) un lavoro che facevo per pagarmi gli studi all'Accademia d'Arte Drammatica: non ho mai recitato, sono troppo timido, ma quelle lezioni mi sono servite proprio per imparare a rendere fruibili i concetti. È questo l'obiettivo che più mi stimola". 

Il nuovo galateo di genere

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