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Giovedì, 25 Aprile 2024

Roberta Marchetti

Giornalista

Il dolore di Ambra è 'servizio pubblico'

Il Tapiro fa il Tapiro. Discutibile la sua irriverenza, condannabile la scelta della preda - opinabile il 'tirare a campare' di Striscia la Notizia -, ma tant'è. Prendersi gioco della sofferenza di Ambra Angiolini, che a 44 anni ha visto sgretolarsi la sua storia d'amore con Massimiliano Allegri, finita per un presunto tradimento di lui, non è certo qualcosa che merita una medaglia al petto, ma non è andata meglio ai suoi illustri predecessori, anche loro attapirati per relazioni al capolinea, corna, varie ed eventuali. Hanno fatto meno rumore, andando in onda in tempi non sospetti per il politicamente corretto e la questione di genere, ma ci sono stati. E tra loro ci sono stati anche uomini, per rispondere a chi in questi giorni chiede provocatoriamente perché Staffelli non sia andato a Torino dall'allenatore della Juventus, invece che infierire volgarmente sulla vittima. Basta ricordare il Tapiro d'Oro lanciato dall'elicottero nel mare di Samanà, poco lontano dalla spiaggia dell'Isola dei Famosi che nel 2005 ospitava Al Bano, mollato in diretta tv - a migliaia di chilometri di distanza - da Loredana Lecciso. Più recente quello consegnato a Diletta Leotta dopo l'ennesimo tira e molla con Can Yaman, ma su di lei aleggiavano e aleggiano talmente tanti pregiudizi per cui forse non meritava tanta indignazione, con buona pace della moderna tagliola femminista pronta a tranciare chiunque sorpassi un limite sempre più labile. 

La sofferenza delle persone non diverte, per usare le parole di Jolanda, la figlia di Ambra, che su Instagram ha condannato duramente il servizio. E' vero. Ma quanto accaduto ha fatto di più, seppur il risvolto nobile non era certamente nei piani di Striscia. Ha rispolverato quella funzione sociale che i personaggi noti, spesso loro malgrado, possono avere facendo luce sulla loro vita privata. Il successo nazional popolare del gossip e la sua capacità di scatenare il dibattito, per quanto etichettato come pagina trash del giornalismo, ne è un esempio lampante. Dalla parte opposta lo spazio preponderante, negli ultimi anni, della cronaca nera nei salotti televisivi, un altro. Negli amori degli altri ci si riconosce, come nelle crisi o nei drammi, e così si sogna, si spera, si empatizza, ci si fa forza. Guardando gli altri, più vicini e simili di quanto si pensi. E' la legge del "mal comune mezzo gaudio", molto più che un modo di dire. Identificazione. 

Visto così il dolore di Ambra, smascherato dalla polemica nata intorno e dato in pasto a milioni di italiani, è una sorta di servizio pubblico. Come un'inchiesta sui sentimenti e i loro possibili risvolti, un'indagine sui rischi dell'amore. Oppure, restando nel campo dello spettacolo, né più né meno di un film evocativo da guardare al momento giusto per riflettere e magari trarre la lezione di cui si aveva bisogno, per gli amanti della musica, invece, una canzone che consola o aiuta a tirare fuori le ultime lacrime necessarie prima di voltare pagina. E lei, da artista e donna intelligente, lo sa e sta al gioco. Incassa il Tapiro con eleganza, senza giustificabili isterismi né colpi di coda, tantomeno medita vendetta. Si rimette alle arringhe difensive di amiche e colleghe, come è giusto e normale che sia, lascia gli sfoghi alla figlia diciassettenne, come è sacrosanto. Lei non tuona pubblicamente, ma replica con compostezza, in radio, nel suo programma, citando quella frase che aveva nel telefono da un po' e che "oggi ci sta", incoraggiando senza volerlo - o forse sì - tutte le donne, ma anche gli uomini, che si trovano ad affrontare la sua stessa sofferenza o un'altra simile, fermi nel "momento in cui non si vince, non si perde, ma si riparte". Per tanti oggi è il "giorno zero", grazie ad Ambra che ha fatto Ambra. 

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