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Giovedì, 25 Aprile 2024
L'intervista

Attilio Fontana: "Con Clizia anche momenti difficili, ma mai in competizione. Terzo figlio? Terreno ardente"

L'amore per la compagna, la loro "folle" famiglia, una carriera fatta di alti e bassi su cui però non ha mai avuto dubbi e di cui oggi è orgoglioso. L'attore si racconta a Today

Quarantotto anni compiuti da pochi giorni, Attilio Fontana è contento di come la vita lo ha portato fin qua, come uomo e come artista. Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando era l'oggetto del desiderio di adolescenti urlanti ai concerti dei Ragazzi Italiani, poi "un paio d'anni di buio" in cui capire da dove ricominciare. Esattamente da dove si era fermato, fino ad arrivare ad essere l'attore di oggi, diviso fra teatro e tv, un compagno di vita leale e un padre presente che prova a fare sempre il massimo per i suoi due figli, Blu e Mercuzio, di 5 e 3 anni. Legato dal 2013 a Clizia Fornasier, per la prima volta è in scena con lei in una commedia agrodolce sui rapporti coniugali, Due coppie scoppiate, riportata sul palcoscenico da poche settimane dopo il lungo stop dovuto al Covid. L'attore si racconta a Today tra carriera, vita familiare e nuove consapevolezze. 

Come stai?
"Bene dai, sperando ricominci un po' la vita vera". 

Ti stai dedicando anima e corpo al teatro. 
"In questi anni ho lavorato molto in teatro e me ne sono follemente innamorato. Mi fa sentire vivo, sento che respiro, soprattutto dopo due anni di clausura forzata. Si torna ad empatizzare, a respirare con le persone dal vivo. E' una cosa che non è riproducibile su altre piattaforme, un'emozione che quando la conosci è irreversibile, un po' come una droga della quale hai bisogno".

Dopo il lockdown del 2020 sei stato tra i primi a tornare in scena. Fortunatamente la situazione da allora è migliorata sia per i teatri che per lo spettacolo in generale, no?
"Sì diciamo che questa primavera porta tanta speranza per noi. Abbiamo ripreso questa commedia, Due coppie scoppiate, che si era bloccata proprio a marzo del 2020 a causa del Covid. Siamo tornati in scena la settimana di Sanremo e la platea era piena, mi ha fatto un certo effetto, un déjà vu strano. Un bel segnale che dimostra quanto la gente ne ha bisogno. Fuori le persone ci fermavano e ci ringraziavano per aver portato due ore di leggerezza nella loro vita. E' un'emozione forte pensare che ci sia un piccolo rinascimento, che le persone stacchino il sedere dal divano, che ricomincino a guardarsi negli occhi, magari anche senza mascherine, fare cose a cui davvero ci siamo disabituati".

Due coppie scoppiate è una commedia che sviscera vizi e virtù del rapporto coniugale...
"Ci sono due coppie protagoniste. Una nel pieno della passione, un po' bizzarra, senza pudore, che parla in maniera esplicita di tutto, anche di sesso, e fa incursione a casa dei vicini, che invece sono una coppia appassita e stanca. Non posso spoilerare troppo, ma ci sono delle discussioni sicuramente comiche. Si ride tanto, anche se l'analisi non è superficiale e si va via con una riflessione su come siamo diventati e possiamo diventare". 

Un tema caldissimo, come confermano le repliche sold out.
"Sì, poi quando una cosa è scritta bene riesce a toccare corde che ci riguardano. Forse, in fondo, tutti siamo entrambe le coppie: in alcuni momenti polarizzati sull'abitudine e sulla sciatteria di impigrirci su alcune meccaniche, mentre quando ci innamoriamo siamo passionali. E' una commedia che fa sicuramente da specchio, ci sono dinamiche in cui immedesimarsi e quello arriva al pubblico, oltre al fatto che anche nel nostro quartetto c'è alchimia (con loro sul palco anche Kaspar Capparoni e Laura Lattuada, ndr). La tematica appassiona molto, il pubblico è partecipe, dal palco si sentono commenti e battute". 

Per la prima volta condividi il palcoscenico con la tua compagna, Clizia Fornasier. Più semplice?
"In realtà all'inizio è stato difficile. Era la prima volta che lasciavamo i bambini, anche se erano in ottime mani, spesso con loro c'era la mamma di Clizia. Lei ha sofferto un po' il senso di colpa, perché fare la mamma e fare l'attrice per tante ore sul palco richiede un'energia veramente grande. Però siamo stati bravi a gestire lo stress e una volta andati in scena è iniziato a diventare divertente".

La vostra coppia è simile a quella che interpretate sul palco?
"Noi siamo entrambe le coppie. Ci sono momenti di sclero e stanchezza estrema, con due figli piccoli arrivi stremato la sera, poi ci sono le primavere dove invece ritrovi quella passione giovane e vivace. Ci piace giocare in tutti e due i campi, a volte meno a volte di più. Ironizziamo molto sulla coppia che interpretiamo e che fa tantissimo sesso, da quando sono arrivati i bambini la nostra dose di passione è dovuta per forza di cose diminuire. Giochiamo sul fatto che quando non riusciamo nella vita, adesso abbiamo almeno il palco".

State insieme da quasi 10 anni e avete due figli. C'è mai stato un momento difficile?
"Sui social e sui giornali si racconta la vita sempre come qualcosa di molto facile, si pubblicano solo cose positive. Ovviamente ci sono momenti difficili nella coppia. Facendo entrambi gli artisti, poi, hai sempre bisogno di sapere che arriva qualcosa di nuovo, di bello. Ci sono tante salite. La nostra fortuna è non essere in competizione e sostenerci l'un l'altro. Clizia ad esempio sta scrivendo il suo secondo romanzo e io faccio il tifo, sto lì che le rompo le scatole, leggo e rileggo. Facciamo insieme il meglio che riusciamo a fare in ogni situazione e questo ci aiuta ad affrontare la salita con più energia".

Prima hai raccontato del senso di colpa di Clizia nel lasciare i figli. Si parla tanto di parità di genere anche sul lavoro, ma ci sono delle difficoltà ancora molto evidenti e oggettive, non credi?
"Secondo me è una realtà. La donna oggi ha finalmente più spazi sociali che vuole riempire. Tra le mie coetanee vedo il desiderio di essere mamma ma anche a capo di un'azienda, essere un'attrice di successo però fare le ricette come le cucinava nonna. C'è questa bipolarità che crea una sorta di spaesamento nella donna. Non è facile trasformarsi con la tutina di Wonder Woman ogni minuto e diventare super mamma e super tutto. In questo la donna sta maneggiando cose più complicate".

Per l'uomo è più semplice...
"L'uomo con i suoi ritmi più bradipi è facilitato, sì. Ora non voglio generalizzare, parlo di me. Io come padre cerco di essere presente il più possibile, di dedicare tempo ai miei figli e non scappare dalle responsabilità. Ci provo in tutti i modi, però è ovvio che la mamma ha un ruolo più da protagonista. E' innegabile che è più dotata in questo. Io magari sono più bravo a organizzare cose logistiche e pratiche, ma per alcune cose con i bambini sono meno adatto. Poi cambio anche io i pannolini e ci dividiamo in modo equo il lavoro, ma sicuramente una donna sui figli ha più potere".

Tu e Clizia che genitori siete?
"Ci piace non avere troppo rigore. Ovvio che ai nostri figli diamo delle regole, ma gli facciamo fare esperienze, gli insegnamo a non avere timore delle persone. Giochiamo con loro, li ascoltiamo, cerchiamo di dargli gli strumenti per capire prima se gli piace qualcosa o no. Da questo punto di vista siamo una famiglia un po' folle, un po' felliniana. Ci piace che siano aperti. Blu è uno che in giro saluta tutti anche se non li conosce, ha questa piccola 'fricchettoneria' che gli permette di essere aperto alle cose del mondo. Questo lo rende anche più sensibile e quando è ferito la cosa diventa più grave, però si sa difendere, non ha chiusure o paure. E poi personalmente mi piace fargli vivere la verità di quello che siamo, li porto alle prove, a vedere gli spettacoli a teatro. Cerco di fargli fare esperienze che io ho avuto la sfortuna di incontrare tardi, perché i miei genitori avevano un negozio e la priorità era il lavoro".

Ad allargare la famiglia ci pensate?
"Ci giochiamo. E' uno dei terreni ardenti di questo periodo, con la pandemia che sta finendo, il lavoro che si era fermato. Sono quegli anni semi-sabatici in cui devi fare delle valutazioni. Ci piacerebbe, se dovesse arrivare un nuovo essere umano in questa famiglia, che avesse dei genitori lucidi e presenti, che abbiano tempo per lui. Fare un figlio non deve essere una scelta egoistica".

Sex symbol negli anni '90, idolo delle ragazzine, oggi sei un uomo e un artista maturo. Come hai vissuto questo cambiamento?
"Cerco sempre di innaffiare il 16enne che è dentro di me. Questo lavoro mantiene giovani, essere curioso e sperimentarmi in altre forme significa sfidarmi e restare quel ragazzo anche se faccio cose diverse. E' stata una cosa forte quella dei Ragazzi Italiani, all'inizio alcune cose mi mancavano, tutto quel consenso, il successo, l'essere sempre primo in classifica. Ci sono stati un paio d'anni di buio in cui ho cercato di capire come ricostruirmi, da dove ripartire, ma non sono mai riuscito a fare altro nella vita. Ho ricominciato dai pub a suonare, dalla scrittura delle canzoni, dagli spettacoli, ho capito che questo era il mio mestiere. Negli anni, magari sentendomi dire un po' meno 'bello' e più volte 'bravo', ho messo dei mattoni su cui oggi riesco a vivere e questo mi fa sentire più adulto ma anche più fiero di me".

In questo mestiere devi sempre misurarti col successo. Ci si abitua mai?
"Il successo è una specie di raggio che ti invade e non sai mai quando arriva. Lo vediamo in tanti artisti, c'è un momento in cui vai di moda e magari 4 anni prima facevi la stessa cosa in un teatro più piccolo. Faccio l'esempio di Drusilla: non è diventata artista a Sanremo, c'è dietro un lungo percorso. A un certo punto qualcuno si accorge di te, ma la vita di un artista è fatta di mille episodi finché non arriva il grande pubblico ad accorgersene. Nel mio caso è stato Tale e Quale Show, dove ho avuto modo di farmi conoscere di nuovo".

Pochi giorni fa hai compiuto 48 anni e su Instagram hai scritto 'più la clessidra scorre e più ce ne accorgiamo'. C'è qualcosa di cui ti sei accorto troppo tardi?
"Forse della mia anarchia. Ho sempre rifiutato le appartenenze politiche, le etichette. In tanti mi hanno chiesto se volessi fare il cantante o l'attore, mentre io vedevo artisti americani fare benissimo sia l'uno che l'altro. Mi sono innamorato di un territorio che qui ho un po' sofferto e questo forse mi ha fatto fare meno chilometri di alcuni colleghi che invece già a vent'anni dicevano 'venderei mia madre pur di diventare famoso e fare solo l'attore'. Alla fine però l'aver sperimentato premia la mia etica: non essere schiavo di nessuno e da solo essere riuscito ad arrivare come un Ulisse fino a qua. Sono scelte. Se guardo quella clessidra sono felice di aver preso rotte diverse per tornare a casa".

E' stato un compleanno felice perciò?
"Di solito soffro molto il mio compleanno, ma questo da sempre, anche quando avevo 18 anni. Mi chiudo in un loculo e non voglio vedere nessuno. Invece questi 48 anni, dalla metà del faro, li accetto con piacere. Sono contento di come la vita mi ha portato fino a qua, lo vedo un po' un miracolo, anche artistico. A 14 anni non avevo idea di dove volevo essere e vivere oggi di questo mestiere mi gratifica. E' il frutto di tutti questi ani di pirateria".

La consapevolezza più grande che hai oggi?
"Di essere pronto. Ho meno pudore del mio talento. Prima avevo sempre un po' paura di salire sul palco ed essere giudicato, adesso sono più libero in questo senso. Mi sento pronto per cominciare, finalmente risolto da un punto di vista artistico. Fino a qualche anno fa sentivo quasi di dover chiedere scusa se cantavo o recitavo".

La famosa sindrome dell'impostore, credere di non meritare il successo personale.
"Un po' sì. Siamo invasi da risultati, numeri, follower. Se apri Instagram sembra che i tuoi colleghi stiano facendo 16 film e tu niente, ti senti in competizione con chiunque, che sia De niro o un attore con cui recitavi quando hai iniziato. Tutto questo crea un'ansia da prestazione grandissima".

Superata?
"Per fortuna sì. Esco di casa tranquillo e contento, oppure arrabbiato e contento. Oggi finalmente sono pronto ad accettare quello che la vita mi porta".

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