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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Film al Cinema

“Annie Ernaux - I miei anni Super 8”: ritratto intimo ma lucido del premio Nobel 2022

Al cinema dal 6 dicembre un viaggio nei ricordi della scrittrice francese

Le fotografie fin dalla loro invenzione avevano lo scopo di fissare un evento nel tempo, cristallizzare quel momento e con esso tutte le emozioni provate da chi ne è immortalato. Per estensione poi l’introduzione dei video e delle riprese ha conferito maggiore veridicità e soprattutto fluidità ai quei ricordi riportando immediatamente chi li guarda a quell’istante. È come se le riprese catturassero una frazione di tempo che scorre e che a fine registrazione rimane imbottigliata e può essere poi riprodotta a piacimento. Questa tematica e tante interessantissime riflessioni sono al centro di Annie Ernaux - I miei anni Super 8, un racconto autobiografico di una parte della vita dell’autrice. La camera Super 8 appunto, introdotta dalla Kodak nel 1965 come formato più pratico della pellicola da 8mm, riprende momenti della vita quotidiana di Annie Ernaux e i suoi figli. 

Uno sguardo intimo e costante che si concentra sul loro presente che in quel momento, attraverso le riprese, veniva rubato e custodito per un futuro. La pellicola è interamente impostata come un susseguirsi di filmati registrati nel corso degli anni soprattutto ad opera dell’ex marito della scrittrice: Philippe Ernaux. I soggetti sono ovviamente i figli della coppia, David ed Eric, accanto alla madre. Insieme a loro i protagonisti sono i luoghi  che vengono visitati, le case in cui vivono e le altre persone che incontrano e che per quei momenti fanno parte della loro vita. 

Una vita attraverso le immagini 

La scrittrice francese Annie Ernaux - premio Nobel per la Letteratura 2022 e autrice del romanzo L’evento, che ha ispirato il film omonimo e vincitore del Leone d’oro a Venezia 78 - inizia il racconto della sua vita attraverso delle riprese. Il marito Philippe Ernaux decide di comprare una cinepresa in super 8 e inizia a riprendere sua moglie e i suoi figli. David e Eric diventano gli attori protagonisti di questo film nella loro semplicità: quando mangiano, scartano dei regali, soprattutto quando guardano il padre negli occhi ricambiando lo sguardo indagatore della cinepresa. E poi c’è lei, Annie Ernaux che condivide con loro la scena e che molto spesso sembra restia a farsi riprendere. Si leggono nei suoi occhi titubanza e timidezza nell’essere oggetto di uno sguardo così presente che non smette di cercarla. 

Le immagini sono completamente mute accompagnate solo dalla voce della stessa autrice che commenta, frammento dopo frammento ciò che in essi succede; ricorda le sensazioni di quei momenti e le aspirazioni, le idee avute e i sentimenti che hanno suscitato. Una riflessione a volte malinconica ma lucida di quei momenti della sua vita che adesso sono fermi nel tempo, memorizzati su quella pellicola dalla quale non potranno scappare. 

Le parole erano necessarie per dare un senso al tempo silenzioso 

Come già detto il film viene accompagnato dalla voce della scrittrice che commenta le riprese. Questo voice over permette agli spettatori di leggere - così come sono davvero - le immagini che si vedono. Annie Ernaux commenta se stessa e i suoi atteggiamenti nei filmati, ricorda cosa ha provato e spiega a chi guarda cosa è successo in essi. È interessante la funzione che attribuisce alla camera con la sua febbrile attività di ripresa. Nell’inquadrare e registrare il presente l’autrice afferma che in realtà questo viene derubato. Quei momenti che sono spontanei vengono sottratti al loro presente, un presente che con il senno di poi era leggero, spensierato e vissuto minuto dopo minuto. Se lo scopo delle fotografia e dei video è sempre quello di conservare il passato perché prezioso, questa riflessione implica una perdita del presente e della sua immediatezza, rendendolo sul momento meno prezioso, ma di valore inestimabile per il futuro. I racconti che fa dei posti visitati sono una lucida analisi sia dei suoi ricordi che della situazione sociale e politica del paese. Commenta la considerazione dei turisti in paesi come l’Albania, la città bianca in Portogallo e la vivacità della Spagna. 

Accanto a questo c’è la lettura di scene filtrate dai suoi pensieri. Uno sguardo che nascondeva assenza, preoccupazione per il presente che non era più così gioioso. Anche le riprese fatte con la telecamera, sempre in mano al marito, diventano oggetto di analisi a posteriori. Vengono meno i primi piani, le inquadrature sui sorrisi, sugli occhi, ci sono sempre i paesaggi, le strade e la vita di quel luogo, ma la perdita di intimità che evidenzia nei filmati è per lui il sintomo di un matrimonio che stava per sgretolarsi. Dietro il suo sguardo o il suo comportamento ci sono un disagio e un’insoddisfazione, soprattutto per la sua condizione di donna. Lei che ammette di essere cresciuta con gli ideali che la equiparavano agli uomini, soffre nel vedersi relegare al solo ruolo di protettrice, di madre. Un’esplorazione che avviene attraverso queste immagini e che mostra il desiderio di vita, di sperimentare da parte della protagonista che prova a trasmetterlo ai figli. L’unica pecca è il ritmo un po’ lento e monotono del racconto che potrebbe rendere la visione troppo diluita. Nel complesso però la pellicola riesce a far riflettere su tematiche interessanti non solo personali ma anche sociali, dimostrando come al quel presente che viene ripreso e intrappolato, in realtà lei fosse profondamente ancorata. 

Voto: 7 

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