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Venerdì, 29 Marzo 2024
Film al Cinema

Al cinema “Atlantis”: ritratto crudo e spietato ritratto di un’Ucraina post-apocalittica

Dopo il premio Orizzonti per il Miglior Film a Venezia 2019 e la mancata candidatura ai premi Oscar 2021 come miglior film internazionale, la pellicola del regista ucraino Valentyn Vasjanovyč arriva nelle sale italiane dal 11 al 13 aprile.

Prima di Reflection (2021),uscito nelle sale lo scorso marzo, il regista ucraino ha realizzato questo film che appare oggi drammaticamente premonitore. I temi in comune tra le pellicole sono chiaramente la realtà del conflitto, con le sue atrocità e conseguenze, e lo stress post traumatico dei soldati. In “Atlantis” tutta la narrazione è impostata sulla desolazione che rimane dopo la guerra. Sulla necessità di andare avanti, quasi imposta, per dare un senso alla vita che è rimasta. Il film è quasi privo di dialoghi perché la regia di Vasjanovyč decide di far parlare le immagini che in questo sono tremendamente più potenti. Domina il buio nella maggior parte delle scene che si trova in opposizione con la luce; così come il freddo gelo della desolazione a cui si oppone il calore della vita. Quel calore che sembra diventare l’unica fonte a cui aggrapparsi in ciò che rimane. Sebbene ci sia la tematica dello stress post traumatico il film non la esplora molto, concentrandosi di più sulle conseguenze tangibili del conflitto e come affrontarle. 

Una scelta che lo fa apparire non tanto come un’indagine ma più come un documentario potente, un manifesto di denuncia e  un esempio terrificante di ciò che la guerra fa. E in questo mondo devastato e reso invivibile dalla scellerata scelta del potere si cerca di ricominciare. Si riparte da zero provvedendo alle necessità basiche per la vita e poi si prova a ricostruire laddove è possibile. Altro aspetto affrontato è infatti fino a che punto gli effetti della guerra abbiano colpito il territorio e se questo abbia o meno un futuro. Un desolazione e un’aridità che non si trova solo sulla terra ma anche nelle anime di chi sceglie di rimanere. Immagini tremende di una realtà che oggi stiamo vedendo con gli occhi. 

La trama di “Atlantis”

In un dispotico futuro post-apocalittico, due soldati si trovano a gestire le conseguenze della guerra. Si allenano con dei bersagli ricordando e rivivendo le sensazioni provate sul campo di battaglia. I due lavorano in una fonderia nella parte orientale dell’Ucraina. Ma mentre Sergeij riesce a gestire più che può gli incubi di quegli anni terribili, il suo amico non ce la fa e si suicida. La fonderia viene poi chiusa e a Sergeij non rimane altro da fare che cercarsi un nuovo lavoro. Diventa così l’autista di un camion che porta rifornimenti d’acqua. Segue degli itinerari ben precisi e tracciati lungo i quali incontra dei soldati che si occupano di rimuovere le mine nascoste nel terreno. Tutto ciò che lo circonda è ormai vittima inerme e devastata delle bombe, degli incendi e della distruzione. 

Un giorno si imbatte in un uomo e una donna a cui si è bloccato il furgone. Li aggancia al suo e li accompagna alla loro destinazione. Scopre poi che i due fanno parte di un’associazione, la Black Tulip, che si occupa di recuperare i soldati deceduti e dar loro una degna sepoltura. Sergeij rimane molto colpito dal loro operato e si propone di aiutarli. Nei suoi viaggi, che compie a settimane alterne, si imbatte in case e luoghi distrutti. Pezzi di vita rubati e polverizzati da una realtà invadente e cruda che non fa sconti a nessuno. In questo nuovo modo l’uomo cerca di gestire i ricordi del passato e di andare avanti, ma da solo non è affatto semplice. Non vi anticipiamo altro, qui sotto il trailer del film. 

Ritrovare un mondo perduto: “Atlantis”

Non è un caso sicuramente che il nome del film richiami la città perduta di Atlantide. Quel mondo sommerso e scomparso di cui non si hanno tracce. È un po’ come la realtà descritta nelle immagini di Vasjanovyč e nelle azioni dei suoi personaggi. Uomini e donne non abbandonano il loro paese - azione di una realtà disarmante nella sua verità odierna - proprio perché altrimenti diventerà come Atlantide. C’è tuttavia un altro aspetto da tenere in considerazione: le conseguenze di questo conflitto. Non solo quelle della distruzione da cui si cerca di ricostruire, ma gli effetti a lungo termine sul terreno, sull’acqua. Le case, i ponti, i luoghi devastati possono essere ricostruiti, ma la natura è la vittima che purtroppo non può essere salvata così facilmente. Da qui nasce il dubbio: è giusto abbandonare un posto che non può dare più nulla? La realtà di questa vita è inconcepibile agli occhi degli altri, ma terribilmente familiare a chi l’ha vissuta e molti di loro non immaginano di vedersi da nessun’altra parte. Non serve inseguire una vita migliore se la si vive come dei gusci vuoti, se ci si sente fuori posto. 

Una sensazione che si può curare con la forza più antica e potente del mondo, l’amore. E non importa che ad alcuni possa apparire come un cliché, ma è questa la verità della natura umana. Ad ogni dolore, ad ogni solitudine e ad ogni divisione c’è solo una risposta: il suo opposto. E così la realtà diventa meno opprimente e meno dolorosa se è condivisa. Come già accennato “Atlantis” è un racconto potente che consegna i suoi messaggi attraverso le immagini. La regia di Vasjanovyč è per la maggior parte del film costantemente fissa. L’inquadratura coglie un frammento di realtà che ne diventa protagonista per lunghi minuti fino al taglio e al passaggio a quella successiva. Non ci sono primi piani che permettano di scandagliare questo dolore innominabile e indubbiamente troppo privato e intimo. Non c’è musica, solo quella del silenzio e della pioggia incessante che colpisce spietata il mondo brullo, grigio e freddo che rimane intorno. “Atlantis” è quindi una forte e cruda denuncia di questa realtà spaventosa; non perfetto perché poteva dare più spazio al dolore, ma il film non vuole intrattenere o nemmeno far empatizzare troppo. Vuole solo denunciare centrando perfettamente il suo bersaglio. 

Voto: 8 

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