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Giovedì, 25 Aprile 2024
Film al Cinema

"C’mon C’mon" con Joaquin Phoenix: un incontro tra generazioni (in bianco e nero)

Nelle sale dal 7 aprile, il nuovo film del maestro indie Mike Mills esplora i sentimenti dei figli e sonda quelli dei giovani americani

Presentato in anteprima al Telluride Film Festival a settembre 2021 e alla 16esima edizione della Festa del Cinema di Roma a ottobre, C’mon c’mon è il quarto lungometraggio a opera di Mike Mills, uno dei registi più importanti del panorama indie americano, con il Premio Oscar Joaquin Phoenix nel ruolo di protagonista. Reduce dai successi “Thumsucker - Il succhiapollice” e “Le donne della mia vita”, Mills firma un profondo quadro familiare e un piccolo sguardo sulla gioventù americana attraverso un racconto intimo, valorizzato in tutte le sue sfumature di “grigio” dalla pellicola in bianco e nero. 

C’mon C’mon, la trama del film

Johnny (Joaquin Phoenix) è un intervistatore radiofonico che sta realizzando un documentario in grado di dare voce ai pensieri più personali e reconditi dei giovani studenti americani. Durante una sessione di interviste a Detroit, viene contattato dalla sorella Viv (Gaby Hoffmann) – con cui non corre buon sangue dopo la scomparsa della madre – che deve recarsi a Auckland per aiutare il marito sull’orlo di un esaurimento nervoso e del disturbo mentale. Johnny andrà quindi a Los Angeles per occuparsi per la prima volta di suo nipote Jesse (Woody Norman), insopportabile quanto adorabile bambino di 9 anni guidato dalla curiosità e dalle emozioni tipiche della sua età. Giorno dopo giorno, Johnny legherà sempre di più col nipotino, e lo porterà con sé a New York per proseguire il documentario e, allo stesso tempo, sostenere la sorella, ancora impegnata ad aiutare il marito. Il rapporto tra Johnny e Jesse si fa sempre più autentico, e lo zio imparerà a vedere il mondo attraverso gli occhi del nipote, ad ascoltarlo e conoscerlo, fino a scoprire di avere in comune con un bambino molto più di quanto avesse mai immaginato. 

Il trailer

La scoperta di nuovi sentimenti umani in una suggestiva atmosfera in bianco e nero

C’mon C’mon parte da un documentario – quello portato avanti dal protagonista Johnny – per sfociare in un film dalla natura quasi documentaria. L’atmosfera generale del film è infatti molto personale, intima e statica, spesso stazionaria sulla singola scena, a dare l’impressione allo spettatore di stare letteralmente “spiando” delle vite dal buco di una serratura. L’avventura di zio e nipote sembra essere seguita quasi totalmente, 24 ore al giorno, in una sorta di reportage di scoperta e riscoperta dei sentimenti umani, e in particolar modo quelli genitoriali. La figura paterna “improvvisata” di Johnny funge infatti da motore per il film e per il pubblico, che assiste alla crescita della coppia mettendosi perfettamente nei panni del protagonista, imparando insieme a lui il a conoscere un nuovo mondo come quello dei piccoli. E Jesse non è certo un bambino come tanti, anzi: gioca a fare l’orfano, parla delle sue emozioni, psicanalizza i grandi. È proprio quando Johnny smette di fare il genitore che il bambino gli insegna qualcosa: da bravo documentarista, lo zio prende appunti, registra, analizza, oltre a parlare con la sorella di ciò che sta vivendo. L’atmosfera generale del film è resa perfettamente dal bianco e nero, che regala al pubblico un viaggio nell’intimità dei personaggi, con Joaquin Phoenix – ovviamente lontano da Joker ma genuino allo stesso modo – talvolta addirittura oscurato dal credibilissimo Woody Hoffman, la cui espressività fanciullesca viene valorizzata dal filtro della pellicola.

Se C’mon C’mon porta a termine con successo quel procedimento di identificazione dal singolo al collettivo, con il pubblico che vive i momenti di stupore e scoperta – così come quelli di preoccupazione o di ira – insieme al protagonista, la grande stonatura del film sta nel processo opposto. Alla storia e alla voce di Jesse si sovrappone infatti il documentario sui pensieri dei giovani ragazzi statunitensi che Johnny porta avanti. Proponendo tutte le interviste, il film esce a più riprese dai binari, andando ad aggiungere tematiche importanti ma poco coerenti col resto. Un racconto personale e familiare viene intaccato da continui pensieri tipici del neosensibilismo e della cultura woke americana (il cambiamento climatico, la comunicazione delle proprie emozioni, il razzismo di quartiere, etc.) che non c’entrano nulla con la trama, cercando di sommare alla scoperta di un bambino quello di un’intera generazione di giovani, non riuscendoci per ovvie ragioni.

Il nuovo lavoro di Mike Mills è dunque un interessante racconto di scoperta delle emozioni personali e interpersonali che sfrutta le atmosfere tipiche del linguaggio indie e del bianco e nero per dar vita a un quadro intimo, quasi documentaristico. L’incoerenza dettata dalla volontà di andare “oltre”, aggiungendo riflessioni sulla gioventù americana, va a scalfire solo in superficie quello che rimane un piacevole viaggio nei sentimenti e nella genitorialità.

VOTO: 7,5

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