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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Redazione

Encanto, recensione: il 60° classico Disney è magico e meraviglioso

5 anni dopo aver vinto l’Oscar animato con Zootropolis, Byron Howard e Jared Bush tornano al cinema con Encanto, 60º classico animato Disney co-diretto da Charise Castro Smith, dal 25 novembre nelle sale d’Italia. Un coloratissimo musical trainato dalle bellissime canzoni del vincitore dell’Emmy®, del Grammy® e del Tony Award® Lin-Manuel Miranda, alla disperata caccia di quell’unico riconoscimento ancora assente (l’Oscar), in quello che si può definire un travolgente omaggio alle tradizioni colombiane.

La storia

Encanto racconta la storia di una famiglia straordinaria, i Madrigal, che vive nascosta tra le montagne della Colombia, in una casa magica, in una città vivace, in un luogo meraviglioso e incantato improvvisamente nato dalle ceneri di una tragedia, all’ombra di una candela che mai si spegne.  La magia di questa candela ha donato a ogni bambino della famiglia un potere unico. A tutti, per generazioni, tranne che a Mirabel,  agli occhi del paese e della sua stessa famiglia ‘diversa’. Ma è proprio Mirabel a scoprire che la magia che circonda Encanto è in pericolo. L’unica Madrigal ordinaria parte così all’avventura, con la consapevolezza di essere l'ultima speranza di sopravvivenza della sua straordinaria famiglia…

Un trionfo di colori, di suoni, di fantasia, di pura magia cinematografica. Encanto prende a piene mani dal proprio profetico titolo per incantare qualsivoglia spettatore per 105 minuti, inondandolo di invenzioni, colori, canzoni, coreografie ed emozioni. La giovane Mirabel, tracolla sempre con sé e occhialoni da vista ad impreziosirle il volto, è un’adolescente costretta a vivere in una famiglia di supereroi. Perché tutti hanno un potere speciale. Tutti tranne lei. Sua madre cucina cibo che fa sparire ogni male, sua zia orienta il clima mentre lo zio scomparso nel nulla prevede il futuro, una delle sue sorelle alza montagne perché dotata di forza mostruosa mentre l’altra controlla e crea vita floreale, uno dei suoi cugini parla con gli animali mentre l’altro può prendere le sembianze di chiunque e un’altra ancora ha il super udito. Lei, invece, non può far altro che limitarsi ad osservare, guardando con invidia ciò che inspiegabilmente non le è stato donato. Apparentemente, perché Mirabel ha il potere più speciale di tutti. Quello dell’amore, della saggezza, dell’intelligenza, della curiosità, della bontà d’animo che nel momento del bisogno si fa strada tra l’indifferenza e la paura.

Visivamente abbagliante

È la famiglia il super potere di una pellicola che stupisce per invenzioni visive, espressività animata e musicalità, con ricordi passati riportati alla luce ballando, cantando, sbalordendo. Lin-Manuel Miranda, padre di Hamilton (con cui ha vinto persino il Pulitzer) e Into the Heights,  ha dato vita ad una colonna sonora che spazia splendidamente tra i generi, tra brani che guardano al pop di Katy Perry e malinconiche ballad che puntano l’Academy. Ad intonare la bellissima “Colombia, Mi Encanto” è il 17 volte vincitore del Grammy e del Latin Grammy Carlos Vives, nato 60 anni fa a Santa Marta in Colombia. E se nel 2017 era stata la Pixar a celebrare le tradizioni messicane con Coco, ora è la casa madre Disney ha rilanciare con un altro Paese del Sud America, qui disegnato in tutto il suo straordinario naturalistico, con colori sgargianti, un’animazione avvolgente e una caratterizzazione dei personaggi che oscilla costantemente tra il  profondo tridimensionale e il buffo superficiale. 

Le aspettative e le pressioni che incombono sulla famiglia Madrigal, e in particolar modo sui più giovani di casa, crepano una sola apparente serenità e ostentata sicurezza, con la resilienza di questa “normale” adolescente a tenere uniti i pezzi di un’abitazione che rischia di crollare sotto i colpi della paura.  Perché anche le apparenti debolezze possono tramutarsi in punti di forza, e viceversa, mentre l'amore può riparare qualsiasi frattura, aggiustando ciò che appare irrimediabile.

Non ci si annoia mai in Encanto, perché i tre registi e i 3 sceneggiatori illuminano lo schermo con pennellate di magia e immaginazione, depotenziando il talento al cospetto del sentimento e dell’unione famigliare. Concetto, quest’ultimo, ampiamente rappresentato anche nel tradizionale cortometraggio che precede la pellicola, Lontano dall’Albero, con protagonisti un dolcissimo piccolo procione e il suo burbero e frustrato padre. Perché è complicato essere genitori, al giorno d’oggi. La preoccupazione nei confronti dei propri pargoli annebbia la mente, alimenta rabbia e tensione, facendosi spaventosa reazione. Tradizionale nell’animazione, Far From the Tree vive solo di suoni e versi animali. Non una parola in quella spiaggia minacciata da pericolosi predatori, con l’unione padre/figlio a fare da collante, ancora una volta, forza trainante di un amore che non può conoscere pericoli. 

Voto: 8

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