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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Hatching – La forma del male, recensione: il rancore covato produce mostri

Presentato al Sundance Film Festival 2022, il film horror finlandese Hatching – La forma del male arriva nei cinema italiani dal 6 ottobre distribuita da Adler Entertaiment

Un horror che si sviluppa nella finta perfezione a favore di social di una famiglia come tante che nasconde, proprio come tante altre invece, imperfezioni, ferite e rancore. E’ la base del nuovo film della regista finlandese Hanna Bergholm interpretato da Hanna Bergholm nei panni della protagonista, l’adolescente Tinja,  Sophia Heikkilä che interpreta la madre con cui la ragazzina ha un rapporto difficile, Jani Volanen, Reino Nordin e Oiva Ollila.

Hatching – La forma del male, la trama

Tinja (Siiri Solalinna) è una ragazzina di dodici anni che si impegna al massimo per compiacere l’esigentissima madre (Sophia Heikkilä) che da lei pretende niente di meno che la perfezione. Quella stessa perfezione che la donna spaccia quotidianamente come il lato distintivo della propria, meravigliosa, vita famigliare attraverso i suoi canali social e il suo blog “Lovely Life”.

Ma anche nel caso della madre di Tinja il trend ‘Instagram vs realtà’ sarebbe quello più giusto da utilizzare. La famiglia protagonista di “Hatching- La forma del male” è totalmente disfunzionale: la madre di Tinja è anaffettiva ed egocentrica, il padre è completamente assente, il fratello, come lei, è alla continua e inutile ricerca di attenzioni e sviluppa ovviamente una gran rivalità con la sorella. Ma la maggiore criticità in questa famiglia lontana milioni di chilometri anche dal più approssimativo concetto di perfezione è nel rapporto madre-figlia. La donna è totalmente inadatta e disinteressata alla genitorialità e oltre a trattare i figli con freddezza e a criticarli in continuazione, tradisce il marito e si confida su questo con la ragazzina, che non fa che rincorrere l’amore materno. Tinja, per volontà della madre è una ginnasta, e anche questa parte della sua vita che potrebbe diventare liberatoria se fosse liberamente vissuta e scelta, diventa una gabbia fatta di aspettative inarrivabili, delusioni e umiliazioni.

Tinja è quindi innanzitutto una ragazzina frustrata e infelice. Un giorno, dopo l’ennesima dimostrazione di crudeltà gratuita della madre, che non esista a uccidere a mani nude un uccello colpevole solo di essere volato per sbaglio in salotto, trova uno strano uovo e decide di portarlo in camera sua. E poi, quasi per gioco, fa finta di covarlo. Più aumentano gli episodi dolorosi e umilianti per Tinja più l’uovo cresce fino al giorno in cui si schiude dando vita a una creatura mostruosa. Ma il peggio deve ancora venire perché il rapporto tra quella creatura e la ragazzina e poi con tutti quelli che la circondano, si svilupperà in un modo imprevedibile e terrificante.

Hatching – La forma del male, un incubo formato famiglia

Cosa succede a un adolescente che cova dolore, rancore, frustrazione e umiliazione? Niente di buono, come sappiamo tutti. E il niente di buono, il male, nato da una psiche presa a pugni dalla mattina alla sera in un momento in cui è ancora troppo piccola e fragile per difendersi, secondo la regista Hanna Bergholm, ha le sembianze di un mostruoso, gigantesco e terrificante essere che, all’inizio, ha la forma di uccello uscito da un misterioso uovo covato al calore delle fiamme della sofferenza più acuta e silenziosa.

Hatching - La forma del male sviluppa, in un’ora e mezza di film capace di creare ad ogni inquadratura la giusta tensione, il tema della crescita in una famiglia disfunzionale, del sempre intricatissimo rapporto madre e figlia e delle conseguenze che uno stile genitoriale anaffettivo e colpevolizzante possono avere sugli adolescenti alle prese con la già difficile ricerca della propria identità.

L’aspetto più interessante, il messaggio più spiazzante e disturbante, è quello suggerito dalla trasformazione del mostro, che invece di inghiottire la ragazzina, ci instaura un rapporto ambiguo di complicità e protezione. E più commette misfatti più il mostro diventa, almeno nelle sembianze, ‘umano’, così da sviluppare un gioco di specchi che è la parte più inquietante di un horror che non calca esageratamente la mano con gli effetti speciali, ma preferisce scavare nelle nostre paure con la potente arma della suggestione.

Voto: 7

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