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Venerdì, 19 Aprile 2024
Film al Cinema

Kill me if you can: Alex Infascelli racconta l’incredibile storia dell’uomo che ha ispirato Rambo

La recensione del film presentato alla Festa del Cinema di Roma

La vicenda umana di Raffaele Minichiello, il reduce della guerra in Vietnam che nel 1969 dirottò un aereo della Twa, portandolo da Los Angeles a Roma, è al centro del documentario Kill Me If You can di Alex Infascelli presentato alla Festa del Cinema di Roma. Oltre al protagonista, tra gli intervistati dal regista ci sono: Dick Scoppettone passeggero del volo sequestrato, Charlene Delmonico Nielsen allora hostess della TWA,la giornalista Roswitha vom Bruck, i figli Cristiano e Daniele Minichiello, Livio Ristucci, Angelo Caputo, Tony Spolzino,, Jerry Napolillo, Otis Turner, Wayne Zatkalik, John H. Suddarth Jr

Kill me if you can, la trama

Il 31 ottobre del 1969 un aereo della TWA in volo da Los Angeles a San Francisco viene sequestrato da un ragazzo che minaccia equipaggio e passeggeri armato di carabina. Costretto all’atterraggio per rifornirsi di carburante, l’uomo lascerà poi andare i passeggeri, dirottando l’aereo con a bordo i piloti e una hostess fino a Roma, dove alla fine sarà fermato e arrestato. Ma chi è l’uomo che ha ‘rubato’ un boeing? Si chiama Raffaele Minichiello,ha solo anni 19, ed è emigrato con la famiglia negli Usa  dall'Irpinia quando aveva 14 anni. Minichiello è anche un reduce della guerra del Vietnam, un marine pluridecorato che andava in battaglia con un elmetto con sopra scritta la frase ‘Kill me if you can’.

Kill me if you can, un’avventura lunga una vita

Il documentario di Infascelli ripercorre non solo quell’episodio centrale e incredibile, ma tutta la vicenda umana di Minichiello, dalla nascita in un poverissimo borgo in Irpinia, raso poi al suolo dal terremoto del 1962, all’arrivo in America, con le difficoltà di chi cerca di inserirsi e si trova di fronte il muro del razzismo e della discriminazione, alla scelta di arruolarsi e andare a combattere, per vedersi finalmente riconosciuta la piena cittadinanza ed essere considerato un vero americano. Poi il ritorno e le difficoltà del reduce, un dolore famigliare e il dirottamento intercontinentale più lungo della storia finito con l’arresto. E ancora: il processo, la nuova vita a Roma, la notorietà, la famiglia, le armi, e infine la conversione religiosa e l’agognato rientro negli Stati Uniti. Una vita, che ne contiene tante e su cui Alex Infascelli indaga andando molto oltre l’impresa clamorosa per la quale il protagonista si fa conoscere e diventa anche personaggio mediatico, fino ad ispirare a Sylvester Stallone il popolarissimo personaggio di John Rambo, allargando lo sguardo a quello che è stato prima e dopo il dirottamento, focalizzandosi in particolare sul rapporto del protagonista con la guerra, le armi, la necessità di sopravvivenza, ai motivi che hanno portato Minichiello a compiere l’impresa, e a ciò che l’averla fatta ha significato per il resto della sua vita.

Kill me if you can procede seguendo la linea della lunga intervista con il protagonista, intramezzata da immagini e filmati di repertorio che aiutano a contestualizzare il racconto e a scoprire molti dettagli illuminanti della vicenda come, solo per fare un esempio, quelli relativi al clima in cui si celebrò il processo, un clima di simpatia per l’imputato fortemente stigmatizzato dai media americani. Ci sono poi tante testimonianze, a iniziare da quelle di un passeggero e di una hostess in servizio sul volo dirottato, per continuare con i figli, gli amici, i giornalisti che hanno seguito e raccontato la vicenda di Minichiello. Ne esce fuori un accurato lavoro di indagine, capace di scavare nelle tante avventure di una vita punteggiata da terremoti, attentati, guerre, tragedie personali e guai di ogni sorta, all’insegna di una irriducibile voglia di sopravvivere.

Il trailer

Voto:7

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