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Martedì, 16 Aprile 2024
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Al cinema la storia (straordinaria) di Lucy, trans più anziana d’Italia sopravvissuta a Dachau

"C’è un soffio di vita soltanto" è il film di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini che racconta la sua storia. In sala dal 10 gennaio

C’è un soffio di vita soltanto è il film di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini che racconta l’emozionante e singolare storia di Lucy, la donna transessuale più anziana d’Italia nata a Fossano, in provincia di Cuneo, nel 1924 da una famiglia antifascista di origine emiliana. Tra le pochissime sopravvissute al campo di concentramento di Dachau ancora in vita, è stata testimone diretta di uno dei momenti più bui e tragici della storia del Novecento. Lucy è stata costretta a guardare l'orrore, ma ha saputo resistergli con forza e coraggio ineguagliabili.   

La trama e quando vedere il film

La sua storia, presentata recentemente al Torino Film Festival, approda nelle sale cinematografiche da lunedì 10 gennaio 2022. C’è un soffio di vita soltanto, realizzato quasi interamente durante l’anno della pandemia, attraverso il racconto lucidissimo di Lucy non solo affronta tematiche attuali come l’identità di genere, ma vuole anche far riflettere sull’importanza di continuare a mantenere intatta la propria personalità. "Chi l’ha detto che una donna non può chiamarsi Luciano?", afferma la protagonista. I registi, attraverso un affresco intimo e delicato, pongono allo spettatore riflessioni continue e mai scontate e lo fanno direttamente con la voce di chi certi orrori li ha vissuti sulla propria pelle, perché le voci come quella di Lucy si stanno affievolendo e con loro la memoria collettiva sembra perdersi ogni giorno sempre di più. "Vivere per me è un miracolo, sono già morta allora", dice Lucy davanti alla telecamera parlando di Dachau (dove è tornata), dei suoi sentimenti e delle sue sensazioni. Dalla sua casa nel Bolognese, nei mesi della pandemia, Lucy ha raccontato la sua storia rivelando che ancora oggi, certe notti, sogna le cose più orrende che ha visto e per questo vuole che la gente sappia cosa succedeva nei campi di concentramento, perché non accada più.

"Abbiamo visto Lucy per la prima volta in un'intervista su YouTube. Si presentava come una persona fuori dagli schemi e la sua storia era assolutamente unica. È stata uomo e donna, figlio e madre, prigioniero nel campo di concentramento di Dachau, amica, amante, prostituta. La sua vita è stata un saliscendi di eventi, ora tragici, ora più sereni. L'abbiamo scovata nella sua casa popolare nella periferia bolognese, l'abbiamo conosciuta e abbiamo ascoltato per ore la storia della sua vita, decidendo così di realizzare un film su di lei, sulla sua umanità, sul suo coraggio e sul suo indistruttibile attaccamento alla vita", così i registi Matteo Botrugno e Daniele Coluccini spiegano come è nata l'idea del documentario su Lucy Salani.

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"Mi sono sentita femmina fin da piccola"

"Mi sono sempre sentita femmina fin da piccola. Mia madre era disperata. Volevo sempre fare ciò che a quell’età facevano le bambine: cucinare, pulire e giocare con le bambole. Mio padre e i miei fratelli non mi accettarono. Negli anni trenta i miei genitori si trasferirono nel bolognese. Non mi aspettavo la guerra. Quando uno è giovane, non è che pensi tanto a quello che potrebbe venire. Sono stata chiamata. Mi è arrivata la cartolina, ma non me l’aspettavo così presto. Mi chiamarono a 19 anni e mi mandarono al nord. E lì ho incominciato a fare il militare", nei mesi scorsi Arcigay Pegaso Catania ha tracciato le tappe principali della vita di Lucy, dall’adolescenza alla guerra, dall’esperienza del campo di concentramento di Dachau alla vita a Torino fino al 1982, quando Lucy è stata una delle prime italiane a sottoporsi a un intervento chirurgico di riassegnazione sessuale avvenuto a Londra. 

"Sei mesi nel campo, gli americani mi trovarono tra i cadaveri. Impossibile perdonare"

"Rimasi in quel campo sei mesi e il giorno in cui i tedeschi capirono che era finita ci ammucchiarono al centro del campo e iniziarono a sparare. Io fui ferita a una gamba e svenni, mi trovarono gli americani in mezzo ai cadaveri… E così ritornai a casa, in Italia. Quando mia madre mi vide, svenne. Mi credeva morto, fucilato. È stata una bella festa, eh sì. E quando ci penso ancora oggi non so proprio come ho fatto a sopravvivere a tutto questo. È stata una tortura… Nessuno voleva sapere al mio ritorno. Nessuno mai mi chiese cosa mi fosse accaduto a Dachau. Siamo stati dimenticati. Alla gente non fregava niente. Non voleva sapere, non voleva sapere… A Torino ho vissuto dei momenti stupendi. Facevo il tappezziere. Andavo per locali. Stavo bene. Ero amata. Avevo amici. Mi sono divertita tanto a Torino... Sono già tornata tre volte a Dachau dopo la liberazione e tutte le volte provo una sensazione che non riesco a descrivere. Ho un blocco e mi continuano a scendere le lacrime… È impossibile dimenticare e perdonare. Ancora alcune notti mi sogno le cose più orrende che ho visto e mi sembra di essere ancora lì dentro e per questo voglio che la gente sappia cosa succedeva nei campi di concentramento perché non accada più", si legge nell’articolo pubblicato per la Giornata della Memoria 2021 e dedicato a Lucy Salani. 

Il trailer

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