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Venerdì, 29 Marzo 2024
Film al Cinema

Padre Pio: il ritorno del cinema d'autore di Abel Ferrara

La storia del santo italiano da sempre fissata tra realtà e surrealismo, viene resa dal regista newyorkese attraverso un registro filmico di alto livello

Presentato alla 76 edizione della Biennale del cinema di Venezia ed incluso nell'ultima rassegna cinematografica di Villa Medici, a Roma, “Padre Pio” l’ultimo lavoro di Abel Ferrara, conferma l’ispirazione senza tempo del cineasta newyorkese. La storia del santo italiano da sempre fissata tra realtà e surrealismo, viene resa attraverso un registro filmico di alto livello, attraverso stilemi cinematografici che rimandano ad un utilizzo delle immagini pittoriche trasposte in fotografia.

Il plot si concentra non sulla biografia del santo come si potrebbe pensare, ma sul periodo post prima Guerra Mondiale, durante le rivolte dei gruppi socialisti nel territorio di San Giovanni Rotondo, fortemente ostracizzati dalle vecchie autorità locali: militari, chiesa e conservatori.

Da fonti si riportano i fatti così: "È una mattina di sole. Un corteo di circa seicento persone, compresi donne e ragazzini, percorre il paese accompagnato dalla banda musicale. È una festa popolare consueta nei comuni conquistati dai socialisti. Giunti davanti al Municipio, i lavoratori trovano l’ingresso sbarrato dai carabinieri con le armi spianate, decisi a impedire l’ingresso delle bandiere rosse. I leader socialisti, il consigliere provinciale Di Maggio e il neo-eletto sindaco Luigi Tamburrano, arringano i lavoratori e li convincono a ritirarsi. A questo punto avviene la provocazione degli Arditi di Cristo, secondo la versione offerta in Parlamento dall’onorevole Maitilasso".

Padre Pio non è complice degli Arditi come alcuni hanno cerato di insinuare, ed è un fatto dimostrabile soprattuto dal suo temperamento ribelle anche nei confronti delle autorità vaticane e dei diktat del tempo. Molto suggestivo lo scenario scelto dal regista, che ambienta tutto il film in luoghi dalle tinte molto realistiche, ma accompagnati sempre da inquadrature e movimenti di macchina che li trasformano in immagini di opere d’arte, prestate al cinema.

La storia di Padre Pio e dei suoi tormenti di peccatore verso la via della santità è raccontata attraverso delle scene molto strutturate di suoni e immagini che rendono molto di più di qualsiasi dialogo. E’ così che la storia di sacrificio e fede del sacerdote viene sovrapposta a quella di altri “martiri”, ovvero i rivoluzionari socialisti, che sono legati da un evidente “fil rouge" alle vicende di Padre Pio, poiché lui come loro percepiva fortemente il male, l’oscenità delle morti per gli stenti, dovuti alla grande povertà e sperequazione sociale in Italia dopo il conflitto mondiale.

E’ proprio durante questo periodo nero della nostra storia nazionale che il destino del sacerdote dai misteriosi poteri dell’ubiquità, viene immaginato da Abel Ferrara non nella sua immacolata immagine di santo e spirituale, ma nella sofferenza delle carni e dell’anima più vere, corrispondendo perfettamente al dolore di coloro che lottavano per la conquista dei propri diritti di cittadini italiani.

Il regista newyorchese utilizza un punto di vista molto alternativo per poter far emergere l’umanità composita di Padre Pio, andando a scavare soprattutto nella parte buia della sua anima, quella che emergeva di continuo per abbatterlo, la stessa che cercava di dissuadere i giovani socialisti dal continuare la lotta. La fragilità umana, la paura del fallimento, di essere deboli di fronte al nemico visibile o invisibile, sono immagini indelebili di un film maturo e profondo.

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