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Venerdì, 19 Aprile 2024
L'intervista a Today

Le 7 giornate di Bergamo, Simona Ventura regista: "Affinché chi ha rischiato la vita non venga dimenticato"

L'intervista alla presentatrice televisiva che debutta alla Mostra del Cinema di Venezia con un documentario sulla costruzione del Covid-hospital della città lombarda

Simona Ventura arriva al Lido di Venezia in abito nero, giacca bianca e le immancabili décolleté ai piedi. Ha il sorriso sulle labbra e la sicurezza di chi sa stare al centro dell'attenzione e gestire alla perfezione i riflettori puntati addosso. Oggi, però, Simona Ventura non veste i suoi consueti panni da presentatrice ma si trasforma in qualcosa di nuovo per il pubblico ma soprattutto se stessa. Disponibile, con i piedi per terra e un'umiltà tangibile che trasmette dalle sue movenze e dalle sue parole, perché oggi, super Simo è a Venezia 78 da regista, da donna che si è messa dietro alle telecamere entrando in punta di piedi nel mondo cinematografico senza la paura di mettersi in gioco in qualcosa che non ha mai provato prima. Ma la presentatrice storica di Quelli che il calcio è così, sa trasformarsi, evolvere e capire anche quando è il momento di ritirarsi dalle solite scene.

"Perché no!", dice la Ventura ai giornalisti presenti alla conferenza stampa del suo nuovo film che le chiedono come mai ha scelto di dedicarsi alla regia di un documentario e noi, non possiamo fare altro che darle ragione. Dopotutto, perché non dovrebbe mettersi dietro le telecamere una che davanti ci sa stare alla perfezione?

Simona Ventura è al Lido di Venezia per presentare in prima assoluta il suo nuovo documentario Le 7 giornate di Bergamo, un racconto per immagini che parla della pandemia e si sofferma sulla genesi della costruzione del covid-hospital di Bergamo, simbolo nazionale di questo particolare e difficile momento storico. Si parla degli alpini, dagli artigiani e dei tifosi dell'Atalanta che in sette giorni hanno costruito un luogo che ha dato agli italiani la speranza di poter sopravvivere a un virus sconosciuto e letale. Con la colonna sonora di un brano inedito di Tricarico scritto durante la pandemia, questo documentario è un racconto tangibile, vero, emozionante che vuole rendere omaggio alle persone che hanno rischiato la loro vita pur di dare un contributo al proprio Paese. Sono storie, quelle presenti ne Le 7 giornate di Bergamo di uomini i cui nomi e volti meritano di essere ricordati di più, da tutti, ed è da qui che nasce l'esigenza da parte di Simona Ventura di fare questo film. 

"Quando hanno letto il mio nome nella selezione ufficiale di Venezia 78 - dichiara - le persone pensavano si trattasse di un'omonima ma a me va bene così, io non leggo i messaggi negativi, sono una che si butta nelle cose e non ha paura di sperimentare esperienze nuove anche se non le conosco".

Disponibile nei confronti di tutti, palesemente emozionata per questa sua nuova trasformazione ma soprattutto di parlare al suo amato popolo, Simona Ventura si è raccontata ai giornalisti presenti in conferenza stampa mantenendo sempre il sorriso sulle labbra con noi lo ha fatto così.

Com'è passare da davanti a dietro la telecamere?

"Entrare nel mondo della regia è stata un'esperienza che mi è piaciuta molto non aspettandomi mai che un festival del cinema, come quello di Venezia, potesse scegliere il mio lavoro. Io parto sempre dalla mia innata curiosità ed è questa che mi ha spinto a fare sempre tante cose diverse tra loro nella mia carriera. Fare cinema vuol dire fare qualcosa che resta per sempre e io volevo che i volti di questi uomini che hanno rischiato la vita in un periodo delicato come quello della pandemia potessero essere ricordati per sempre".

Qual è il messaggio che questo film può dare ai giovani?

"I giovani sono nel mio cuore e le due persone che mi hanno aiutato nel montaggio e che ho guidato in questa esperienza sono stati due ragazzi di 22 anni. I ventenni di oggi possono fare molto e sono i pilastri sui quali costruire la società del futuro. In questo film ci sono tanti giovani sia dietro che davanti le telecamere come ad esempio i giovani tifosi dell'Atalanta che, insieme ai giovani alpini e agli artigiani di Bergamo, hanno costruito il covid-hospital della città in 7 giorni. I giovani sono stati fondamentali e hanno anche loro costruito questo miracolo mostrando che quando noi facciamo sistema siamo i migliori al mondo".

Questo è un festival che parla delle donne sia come protagoniste dei film che come registe com'è essere una regista donna e qual è il suo rapporto con le altre donne?

"Io sono sempre stata dalla parte delle donne, sono nel mio cuore e ho sempre detto che le mie peggiori nemiche sono state delle donne ma sono donne anche quelle che mi hanno sempre salvato. Noi donne siamo tante cose e mi sembra che ci sia una nuova consapevolezza di noi stesse, di fare squadra, di fare sistema, di aiutarci l'un l'altra e non combatterci tra di noi perché anche lì, quando siamo unite, non ci ferma nessuno".

Cosa ha imparato da questa esperienza da regista?

"Quella di stare dietro le telecamere è stata un'esperienza molto bella e che vorrò rifare perché mi sono appassionata e, soprattutto, ho potuto vivere una cosa nuova e per me questo è fondamentale per vivere. Io sono una persona che si annoia mortalmente e velocemente, per cui devo sempre fare delle cose nuove e buttare il cuore il cuore oltre l'ostacolo ed è esattamente quello che ho fatto anche questa volta. Qui, con questo documentario, mi sono molto emozionata, mi sono commossa molte volte e spero il pubblico farà lo stesso".

Con Le 7 giornate di Bergamo si è dedicata al genere del documentario ma qual è il cinema che piace guardare a Simona Ventura?

"Io guardo tutto, anche se la mia concentrazione spesso è minima ma se qualcosa mi piace la seguo con molta attenzione. Quando andavo al cinema mi capitava spesso di addormentarmi, più che altro per la stanchezza ma non sono mai andata via prima dei titoli di coda, ho sempre voluto guardare tutto fino alla fine perché le cose vanno viste nella loro interezza. Adesso siamo molto abituati alle serie tv quindi seguo le serie. Mi piace un po' di tutto, soprattutto i thriller, dopotutto, vengo da una grande retaggio di film horror, thriller e splatter ma cosa mi piace guardare dipende anche dall'umore che ho. Se sono allegra i thriller e gli horror mi vanno bene, se, invece, "mi girano" e sono triste guardo i film romantici che mi fanno piangere ancora un po' di più di quanto non lo stia già facendo". 

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