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Redazione

The Eyes of Tammy Faye: sotto quintali di trucco una Jessica Chastain da Oscar

“Dietro ogni moralista c’è un delinquente”, sottolinea il direttore della Festa del Cinema di Roma  Antonio Monda nel presentare il film d’apertura della 16esima edizione, The Eyes of Tammy Faye di Michael Showalter, quattro anni fa esploso negli States grazie al folgorante The Big Sick.

La trama

Accompagnato nella Capitale da Jessica Chastain e Vincent D’Onofrio, il film, applaudito anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, piombato all’Auditorium di Roma per l’inaugurazione della Festa, racconta l’ascesa e la caduta della telepredicatrice evangelista Tammy Faye e di suo marito, Jim Bakker, riusciti tra gli anni ’70 e ’80 a creare dal niente la più nota rete televisiva di trasmissioni religiose al mondo e un parco a tema cristiano. Idolatrata dal pubblico per il suo messaggio di amore, compassione e gioia, Tammy Faye diventò una sorta di leggenda per le sue ciglia finte, il suo modo di cantare e la voglia di accogliere persone di ogni estrazione sociale. Ma dietro quella maschera e quel volto esageratamente truccato si nascondevano irregolarità finanziarie, infidi rivali e scandali sessuali, in grado di provocare la caduta dell’impero che i due coniugi erano riusciti a costruire.

And the Oscar Goes to...

Ispirato dal documentario omonimo di Fenton Bailey di inizio '2000, The Eyes of Tammy Faye vive sulle spalle, sulla sublime voce e sul volto posticcio di un’attrice straordinaria, Jessica Chastain, che mai come in questa occasione punta al suo primo Oscar, nove anni dopo la seconda e ultima nomination con Zero Dark Thirty. Una Chastain a tratti irriconoscibile, nella stridula intonazione vocale con irritante risatina alla Betty Boop e nell’esorbitante look, che trasuda finzione dalla cotonata e imparruccata testa ai piedi, passando per le ciglia infinite, le sopracciglia tatuate, la mascella quadrata, le unghie chilometriche e gli abiti appariscenti. Al suo fianco un subdolo Andrew Garfield, manipolatore che sfrutta la candida innocenza dell’ingenua moglie per vivere una vita segreta, segnata dalla ruberia e dai tradimenti, dall’inganno e dalle menzogne.

Negli anni in cui l’America di Ronald Reagan dichiarava guerra all’omosessualità, vista come piaga biblica in grado di dar vita al castigo di Dio dell’AIDS, Tammy Faye e Jim Bakker sconvolsero l’opinione pubblica, ma a causa di comportamenti agli antipodi. Lui perché accusato di aver represso la propria omosessualità, con partner taciuti e una moglie di fatto spremuta unicamente per rastrellare soldi. Lei perché mai piegatasi ad alcun diktat ultraconservatore, ribadendo in tv la necessità di abbracciare qualsiasi figlio, che fosse gay o eterosessuale, per poi intervistare in diretta tv un omosessuale malato di AIDS, rimarcando l’importanza dell’accettazione e dell’accoglienza predicata da Gesù in persona.

Cosa non funziona

Un biopic classico nel più classico dei termini, quello diretto da Showalter, che prova con affanno ad amalgamare umorismo e dramma, affogando tutti i suoi protagonisti con quintali di trucco a lungo andare fatalmente insostenibile. Un film biografico dai rari guizzi registici che al tempo stesso si fa satira, faticando a trovare un equilibrio che riesca ad andare oltre una superficialità di fondo a tratti imperdonabile, visto l’enorme potenziale a disposizione.

La sceneggiatura di Abe Sylvia pennella i lineamenti di una Tammy Faye (in?)consapevole vittima di un uomo avido e contraffatto, una donna gentile e infantile folgorata dal Signore in tenera età e nei decenni successivi incapace di aprire quegli enormi e celebri occhi, affidandosi unicamente al proprio buon cuore, tanto da non vedere i magheggi finanziari del marito, i suoi ripetuti tradimenti e la terrificante opinione che aveva di lei. Una cantante da migliaia e migliaia di copie vendute che sognava di dare amore a tutti, difendendo la disuguaglianza in favore della parità.

Alla Festa di Roma Tarantino, Burton, Chastain, Verdone, Muccino

Una visione apparentemente semplicistica di una vicenda spaventosa, triste e al tempo stesso ridicola, che ha visto 20 milioni di telespettatori truffati per oltre un decennio da una coppia di telepredicatori arricchitisi cavalcando l’ipocrisia ultra-conservatrice d’America. Showalter non va mai realmente ad incunearsi tra le piaghe di un rapporto matrimoniale segnato dall'infelicità e dalla reciproca finzione, rimandendo sempre un passo di lato, perdendo così l'occasione di alimentare un conflitto che avrebbe reso l'intero biopic meno scontato e più feroce. Un’opera camp e imperfetta, resa comunque imperdibile da una Jessica Chastain semplicemente sontuosa.

Voto: 6

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