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Martedì, 23 Aprile 2024
la recensione

"L’ultimo giorno sulla terra" ci racconta la crisi ecologica tra fantascienza e introspezione

Dal 20 gennaio nelle sale cinematografiche la pellicola con un bravissimo Jean Reno, che unisce elementi del road movie e del cinema post-apocalittico per raccontarci una dolceamara favola ecologica

Dal 20 gennaio al cinema, L’ultimo giorno sulla terra è il lungometraggio d’esordio del regista francese Romain Quirot. 
Adattamento del cortometraggio pluripremiato Le Dernier Voyage de Paul W.R, dello stesso regista, il film unisce elementi del road movie e del cinema post-apocalittico per raccontarci una dolceamara favola ecologica.

Nella sua ambientazione fatta di paesaggi desertici, tempeste di sabbia, edifici di lamiera, il film è sicuramente debitore della fortunata saga Mad Max, portata sul grande schermo da George Miller, e sicuramente condivide con essa il chiaro messaggio ecologico e di perduta connessione tra umanità e natura. L’ultimo giorno sulla terra rientra a tutti gli effetti quindi nel filone del film fantascientifico sul cambiamento climatico, che negli ultimi anni annovera sempre più titoli: basti pensare al recentissimo Don’t Look Up.

L’elemento innovativo del film sta però in come sceglie di affrontare il tema attraverso lo sguardo dell’infanzia, reiterando un senso di nostalgia percepibile anche nella scelta della colonna sonora e della messa in scena di scenografia e costumi. 

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Di cosa parla L’ultimo giorno sulla terra

 A seguito di un drastico innalzamento delle temperature, moltissime specie animali e vegetali si sono estinte la Terra è diventata un arido ambiente desertico. Esaurite le risorse del pianeta, le risorse energetiche necessarie vengono ricavate sfruttando il suolo di un vicino pianeta, chiamato Luna Rossa. Le cose cambiano quando, improvvisamente, la Luna Rossa muta traiettoria e inizia a dirigersi proprio verso la Terra.   

A sette giorni dall’impatto, Paul W.R. (Hugo Becker) è l’unico astronauta a poter pilotare la nave che distruggerà il corpo celeste. A poche ore dall’inizio della missione, però, l’uomo scompare nel nulla. 

Convinto nella sua scelta di non prendere parte alla missione, Paul attraversa il Muro che divide gli insediamenti civilizzati da una desertica terra di nessuno, per riuscire a dare un senso alle visioni che ha sin da quando è bambino. 

Inizia dunque una caccia all’uomo, capitanata dal padre (Jean Reno, il Léon di Luc Besson) e dal fratello (Paul Hamy) – dotato di poteri telepatici – del giovane astronauta, mentre questi viene aiutato dalla giovanissima Elma (Lya Oussadit-Lessert) nel suo viaggio.

Senza svelare di più sullo svolgersi del film, vi invitiamo a guardarne il trailer pubblicato sul canale Youtube di Notorious Pictures. 

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Un riuscito film di fantascienza, nonostante qualche pecca nella narrazione

L’incipit del lungometraggio di Quirot non è certo dei più originali: sullo sfondo di uno scenario post-apocalittico, un protagonista investito di un importante compito sfida le autorità per compiere la scelta moralmente giusta, assieme ad un’improbabile compagna di viaggio. 

L’ultimo giorno sulla terra sceglie però di dipingere con proposito e delicatezza un nuovo punto di vista su un tema affrontato numerose volte dal genere fantascientifico: quello della consapevolezza ambientale. Più che effetti speciali e scene d'azione, il punto di forza del film sta nel volerlo trattare attraverso il ricordo d’infanzia, motore dell’intera vicenda. 

Ricco di momenti d’introspezione, il film parla di una perdita: quella dello sguardo con cui, da bambini, guardiamo con fascinazione e rispetto il mondo che ci circonda, che inevitabilmente smarriamo affacciandoci ad un’età adulta cinica e spietata. In questo senso è proprio da questa che il protagonista Paul scappa, ed è questo che unisce l’astronauta alla giovane Elma, riuscitissima co-protagonista della vicenda.

La scelta di un’estetica vintage o, ancora della fotografia in bianco e nero per i numerosi flashback è in questo senso azzeccata e funzionale al tentativo di evocare un’atmosfera nostalgica, sospesa nel tempo. Ad una rappresentazione della tecnologia futuristica alla Blade Runner – ologrammi e cartelloni pubblicitari digitali – vengono infatti affiancati televisori con tubo catodico, vecchi telefoni a gettoni, console di videogiochi anni novanta. 

L’ultimo giorno sulla terra è, dunque, lontano dall’essere superficiale, nella sua cura dei dettagli e nell’affrontare temi complessi, ma allo stesso tempo ci regala il ritmo incalzante di un buon prodotto d’intrattenimento.  

E, sebbene a volte alcuni snodi narrativi ci possono apparire forzati, o non sufficientemente sviluppati – per esempio, i poteri telepatici di Elliot, il fratello del protagonista, non sono mai approfonditi e non aggiungono nulla alla narrazione, se non un elemento di shock value in fin dei conti superfluo – si tratta di un film complessivamente riuscito nel suo intento. 

Insomma: consigliamo L’ultimo giorno sulla terra come un film d’azione godibile, che non rinuncia a scavare nell’introspezione dei suoi personaggi, né ad un forte ed importante messaggio di consapevolezza ecologica.

Voto: 7.5

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