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Giovedì, 25 Aprile 2024
Film al Cinema

“Un’ombra sulla verità”: il potere subdolo e distruttivo del veleno negazionista

Esce nelle sale il 31 agosto "Un'ombra sulla verità", il nuovo film di Philippe Le Guay tratto da un'inquietante storia vera

Un film che parla di noi, della nostra società senza filtri e senza memoria, del veleno che silenziosamente e fatalmente avvolge più o meno ogni tema, capace di corrodere addirittura verità accertate, fino a riscrivere una storia immaginaria e distorta. Al centro di “Un’ombra sulla verità”, il nuovo film di Philippe Le Guay che arriva nei cinema italiani distribuito da Bim il prossimo 31 agosto, dopo alcune anteprime in rassegne estive, c’ è la storia di una famiglia normale che viene messa in crisi dall’incontro con un personaggio all’apparenza innocuo, ma che si rivela invece una mina vagante, capace di minacciarne l’unità e la tranquillità.

In questo film Philippe Le Guay ci parla di una malattia che ha intaccato in modo significativo la società contemporanea, diffondendosi senza controlli attraverso i nuovi media, manipolando, arringando, rimescolando le carte e scambiando il posto della verità con quello della menzogna, mettendo in discussione i concetti di bene e di male, di giustizia e sopraffazione, e rivoltandoli a proprio piacimento: negazionismo, complottismo, benaltrismo e via elencando, accompagnati sempre dall’invocazione alla ‘libertà di espressione’ e dalla comoda e fittizia posizione di ‘martiri della libertà’. Ad incarnare tutto questo groviglio esplosivo di razzismo, antisemitismo, ma anche di frustrazione, insofferenza, ignoranza e arroganza, nel film di Le Guay è François Cluzet che interpreta ‘l’uomo della cantina’, il negazionista Fonzic, capace di sconvolgere con la sua presenza e con tutte le ombre lunghe che l’accompagnano, la quotidianità degli incauti coniugi Simon (Jérémie Rénier) ed Helene (Berenice Bejo) Sandberg e della loro figlia adolescente Justin.

“Un’ombra sulla verità”, la trama

Simon ed Helene Sandberg sono una coppia che vive nella casa di famiglia di Simon in un elegante palazzo parigino con una figlia adolescente, Justine, e una vita piuttosto ordinaria. Un giorno Simon decide di mettere in vendita la cantina che possiede in comproprietà con la madre e il fratello nei sotterranei del palazzo. A rispondere all’annuncio si presenta il dimesso signor Fonzic, un uomo anziano, gentile e ‘a modo’, che racconta di essere un ex professore di storia e di aver bisogno di fare quell’acquisto perché deve liberare casa della madre morta di recente e ha quindi bisogno di un luogo dove stoccare le sue cose. 

Simon Sandberg è un uomo di buon cuore che dà sempre fiducia al prossimo. Ancor prima che l’accordo sia firmato, comprendendo l’urgenza e le difficoltà del ‘buon’ Fonzic, gli cede le chiavi della cantina e incassa l’assegno che dovrà dividere con i suoi parenti. Inizia così quello che si rivelerà un incredibile e doloroso incubo, che sconvolgerà la quotidianità della famiglia Simon e di molti di coloro che sono loro attorno.

L’uomo infatti si piazza armi e bagagli nella cantina e la rende il suo covo, la tana impenetrabile in cui si dedica instancabilmente alla sua principale attività: quella di blogger e fomentatore negazionista, appartenente a gruppi e forum di matrice neonazista. Quando Simon, che è di famiglia ebrea, ed Helene, si rendono conto della realtà, ingaggiano una battaglia legale per cacciarlo dalla cantina-bunker, ma i tentativi vanno a vuoto, mentre la rabbia, l’indignazione, la frustrazione e il senso di impotenza crescono, abilmente manipolati ed esaltati dal viscido Fonzic, fino ad esplodere e a rischiare di mandare per sempre in pezzi la serenità di una famiglia normale.

“Un’ombra sulla verità”, uno sguardo sincero e inquietante su una realtà di cui non ci occupiamo abbastanza

“Un’ombra sulla verità” è innanzitutto un film utile, contemporaneo e coraggioso. Philippe Le Guay ci porta davanti agli occhi una storia che fino a quindici, venti anni fa avremmo giudicato incredibile e oggi invece ci appare così terribilmente possibile e quasi famigliare da inquietarci e spingerci a farci importanti domande che, nelle nostre lunghe giornate passate a scrollare bacheche, molto difficilmente ci facciamo.

Tutti abbiamo davanti i danni dei deliri negazionisti, ma anche complottisti, dell’hate speech ecc., tutti, teoricamente, dovremmo avere una vaga idea delle conseguenze che questa propaganda folle e distorta provoca fuori dalla rete, con effetti reali sulla nostra vita vera e su quella di tutta la collettività. Eppure, sono ancora poche le opere che riflettono su questo, che è un segno distintivo dei nostri tempi. Questo film lo fa alla perfezione. Non a caso la storia dei malcapitati signori Sandberg e del negazionista rifugiato nella loro cantina è stata ispirata al regista da una vicenda vera. La storia di due coniugi che nella realtà sono entrambi ebrei e che, inconsapevoli, hanno ceduto la loro cantina a un neonazista, che da lì portava avanti le sue ‘attività’.

“Un’ombra sulla verità” è un film che non urla sguaiatamente la propria disapprovazione contro personaggi pericolosi come Fonzic: come prova a fare Simon finché la forza lo assiste, non passa mia ‘dalla parte del torto’, non ridicolizza nè demonizza apertamente. Il regista lascia tutta la narrazione ai dialoghi, quindi al ragionamento, e non assume mai il punto di vista di Fonzic, non ci porta a scoprire le sue ‘giustificazioni’, a seguirlo nelle sue giornate che immaginiamo, dietro la porta blindata della cantina, consumate ad alimentare le sue ossessioni, no. Però, allo stesso tempo, ci mette in guardia, fotografando la realtà che più dovrebbe inquietarci e farci realmente paura. Perché Fonzic, all’apparenza, è una persona ‘normale’, anzi banale, e nella sua banalità si porta dentro un seme di male che sparge per il mondo, a iniziare dal condominio che ha scelto come base.

L’aspetto dimesso, i ragionamenti lucidi, i gesti gentili, la storia patetica che l’accompagna: è così che il lupo si traveste da agnello, e riconoscerlo non è sempre facile, figuriamoci raccontarlo. Le Guay ci riesce, sorretto anche da un grande cast: bravissimo Cluzet, ma anche Jérémie Rénier, che riesce a raccontare bene tutta la tempesta emotiva del placido Simon, costretto dalla situazione a fare finalmente i conti con un passato che non aveva ancora affrontato ed accettato. E brava anche Berenice Benjo, con tutta la usa carica di indignazione e il suo non voler girare la testa dall’altra parte.

Voto: 7

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