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Venerdì, 29 Marzo 2024
Film al Cinema

Una storia d’amore e desiderio, un film poetico e intenso che racconta una lotta interiore (e generazionale)

La pellicola, secondo lungometraggio della cineasta tunisina Leyla Bouzid, è il tormentato e profondo racconto di un giovane che prende coscienza della propria intimità e della propria identità culturale. Distribuita da Cineclub Internazionale, sarà nelle sale a partire dal 25 marzo

Nella lingua araba ci sono più di cento parole per descrivere gli stati dell’amore. E Leyla Bouzid, nel suo film “Una storia d’amore e di desiderio” cerca di farceli intravedere tutti. E ci riesce, grazie a un ottimo – giovanissimo – cast e a una scenografia impeccabile. Già alla regia del pluripremiato “Appena apro gli occhi – Canto per la libertà”, la cineasta tunisina presenta ora il suo secondo lungometraggio, mostrato in anteprima alla 60° Semaine de la Critique del 74° Festival di Cannes. La pellicola, distribuita da Cineclub Internazionale Distribuzione, sarà nelle sale a partire dal 25 marzo.

La trama

Ahmed e Farah si incontrano per la prima volta alla Sorbona. Entrambi frequentano il corso di letteratura nella prestigiosa università francese. Un corso, che per il primo semestre, sarà dedicato interamente allo studio della poesia araba. Lui (Sam Outalbali), è figlio di immigrati algerini, nato e cresciuto nelle banlieue parigine. Lei (Zbeda Belhajamor) arriva direttamente dalla Tunisia, con una ‘voglia matta’ di vivere Parigi. Tra loro, è amore a prima vista. Ma ognuno lo esprime a modo suo. Lui, intrappolato nei codici di una società che non riconosce a pieno, combatte il desiderio che prova. Lei, più libera ed emancipata, non comprende questo ragazzo che le resiste, rifiutandosi di vivere il sentimento che entrambi provano in modo carnale.

Un amore “incastrato” tra carnalità e purezza

Una storia di amore e desiderio è un film che si costruisce secondo contrasti e opposizioni: modestia e sensualità, apertura e pregiudizio, paura (maschile) e audacia (femminile), parole e silenzio, scritto e orale. La resa potrebbe risultare quasi ‘scolastica’, ma grazie al talento di Leyla Bouzid diventa dinamica, intensa e moderata allo stesso tempo. Il film, meravigliosamente fluido e pieno di empatia, racconta la nascita e la conseguente presa di coscienza della sessualità maschile, cristallizzando una situazione romantica in cui la virilità si esprime – finalmente - in modo completamente diverso dai soliti cliché. Pazienza e cupidigia, attesa e piacere, “Una storia d’amore e desiderio” è un film che non dimentica di collocare con precisione chirurgica i suoi due eroi dal punto di vista sociale e culturale. Inoltre, riesce a dare sostanza agli altri protagonisti, come il padre di Ahmed, incapace di sostenere il figlio nella sua presa di coscienza, quasi un ostacolo alla compiutezza di sé; ma anche la sorella, il gruppo di amici, sono tutti personaggi ben delineati e
completi. Bouzid, inoltre, riesce a descrivere alla perfezione la pluralità della comunità magrebina, ancora una volta senza scadere nei soliti cliché, e ci racconta la ricchezza della letteratura araba dell'età dell'oro, quella dove – “inebriati di vino e abbracci” -, uomini e donne erano liberi di vivere la propria sessualità senza censure.

Trailer

Ahmed e Farah incarnano due modi archetipici di essere due giovani magrebini nella Francia di oggi. Il padre di Ahmed è un intellettuale algerino costretto a fuggire dal suo Paese. Disoccupato da tempo, nutre un doppio risentimento: prima contro l'Algeria, che lo ha respinto, poi contro la Francia, che lo ha accolto così male. Suo figlio è cresciuto nell'ignoranza della cultura e della lingua delle sue origini con l'unica speranza di proseguire gli studi superiori a Parigi. Farah è completamente diversa: proviene dalla classe media tunisina, francofona e francofila. È nata e cresciuta a Tunisi, dove ha conseguito il diploma di maturità. Ma, dolorosamente consapevole della mancanza di opportunità che il suo Paese le offriva, è stata costretta ad emigrare a Parigi spinta dai suoi genitori, per continuare i suoi studi nella capitale francese.

Un film ‘preso per mano’ dalla letteratura

Con una scenografia impeccabile, e delle musiche azzeccatissime, il film riesce ad essere allo stesso tempo cerebrale e poetico. “Una storia di amore e desiderio” possiede il fascino quasi indescrivibile dei primi amori e dei viaggi iniziatici. Protagonista indiscusso, come suggerisce il titolo, è proprio l’amore, declinato in tutte le sue forme e preso per mano dalla letteratura, che rimane compagna non troppo silente per tutta la durata del film. Non manca, nonostante sia appena accennata, la denuncia sociale. La descrizione di una Parigi che fa (non troppo) da sfondo e che si mostra con tutti i vulnus di una società multietnica come quella della capitale francese.

“Volevo raccontare la storia di un giovane uomo che fatica a vivere con pienezza un sentimento d’amore” –ha raccontato Leyla Bouzid alla presentazione del film. – “Ahmed è letteralmente sovrastato dal desiderio, ma cerca in tutti i modi di resistergli. È un ragazzo di cultura araba, perché è la cultura che conosco meglio, ed è pieno di dubbi, fragilità, difficoltà ad accettare i suoi slanci vitali. (…) Avevo questa necessità di esplorare la vita intima di Ahmed, filmare la sua parte di mistero, e cercare di comprenderla. La sua resistenza mi sembrava risuonare particolarmente in questo territorio periferico, in cui il sentimento amoroso è spesso attraversato da non detti. Là dove domina l’immagine di una virilità esacerbata, ho voluto dare un autentico spazio alla fragilità maschile e accordare una parte significativa alla sua sessualità.”

E la fragilità di Ahmed è proprio ciò che dona alla pellicola una marcia in più. Vi è un rovescio delle parti laddove non è più il corpo femminile ad essere ‘strumentalizzato’, ma è quello maschile che viene fortemente sessualizzato. Così tanto da essere visto come un vero e proprio oggetto sessuale. Anche la resa del protagonista risulta catartica: alla fine della storia, Ahmed impara che l’amore, anche quello più puro, non è “costretto a rimanere platonico” per “fondersi con il divino”, ma trova nella sua esplicazione fisica la massima compiutezza.

Voto: 8

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