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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Lo sfogo di Giannini a Ballarò: "La Rai può licenziarmi, il Pd no"

Il conduttore torna sulla polemica che lo ha investito. E va al contrattacco: "Non spetta ai partiti decidere chi può lavorare nella più importante azienda culturale del Paese"

Ha aspettato sette giorni per rispondere all'ondata di dichiarazioni durissime che lo ha investito la scorsa settimana per il modo in cui ha trattato il caso di Banca Etruria e il presunto conflitto d'interessi del ministro Maria Elena Boschi. Prima della trasmissione, il conduttore di Ballarò Massimo Giannini aveva già twittato un'anticipazione del suo editoriale, di fatto le parole conclusive: "La Rai mi può licenziare. Il Pd, con tutto il rispetto, proprio no".

In onda, Giannini ha preso la parola ricordando la polemica della scorsa settimana, parlando di un "profluvio di dichiarazioni dei parlamentari del Partito democratico, innescati come spesso succede dal membro della Commissione di Vigilanza Michele Anzaldi" di fronte al quale "non so se ridere o piangere. Anzaldi mi accusa di aver 'offeso' il ministro Boschi, perché durante l'ultima puntata di questa trasmissione ho usato la formula 'rapporti incestuosi' per definire il pasticcio che si è creato, tra management, politica, massoneria e finanza, intorno a Banca popolare dell'Etruria. Per questo - dice Anzaldi - la Rai mi dovrebbe 'licenziare'. Altri esponenti del Pd, generosi, mi offrono almeno una scappatoia: 'Giannini chieda scusa'".

Il conduttore di Ballarò ha ricordato che Ernesto Carbone del Pd, presente in studio, "non ha battuto ciglio, né obiettato alcunché", ma "ventiquattr'ore dopo deve aver cambiato idea, forse folgorato dall'accusa postuma di Anzaldi". A giudizio di Giannini "è penoso che, per contestare un programma evidentemente, per qualche ragione, viene considerato 'fuori linea', si usi un argomento così strumentale. E si trasformi in un'offesa personale al ministro Boschi una frase che, per il significato e il contesto nel quale io l'ho pronunciata, non poteva e non può prestarsi ad alcun 'equivoco'".

"Nel partito di maggioranza - ha detto ancora il giornalista - c'è chi fa finta di non capire, e utilizza questo episodio come una 'clava' contro Ballarò (vezzo non nuovo, per altro). La cosa mi indigna. E mi dispiace molto. Ma non capisco proprio di cosa dovrei 'chiedere scusa', pubblicamente, dal momento che, come si direbbe nel gergo dei tribunali, 'il fatto non sussiste'". Giannini ha lanciato la sua accusa al "Palazzo che, di fronte ai tanti problemi in cui si dibatte l'Italia e ai tanti interrogativi che assillano il mondo, perde tempo a sollevare polveroni del genere. Ma quello che sussiste, va detto e lo voglio dire, è anche l'ennesimo attacco a chi cerca di fare solo informazione. E' l'ennesima torsione del concetto di 'servizio pubblico', utile se serve a chi governa, molto più che a chi guarda la televisione. Lo sapete, e l'ho detto già più di una volta. Io non sono paladino di niente, non voglio vestire i panni del martire che non sono, meno che mai per un episodio assurdo come quello che si è appena verificato. Ma resto convinto di un fatto. Non spetta alla politica decidere i palinsesti. Non spetta ai partiti decidere chi può lavorare nella più importante azienda culturale del Paese. A meno che non si debba dar ragione a Roberto Saviano, quando scrive 'ciò che sotto Berlusconi era inaccettabile, adesso è grammatica del potere'. La Rai mi può licenziare. Il Pd, con tutto il rispetto, proprio no". 
 

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