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Giovedì, 25 Aprile 2024
Musica

Arturo Stàlteri: "Indimenticabile la collaborazione con Rino Gaetano. Era molto diverso da come è stato raccontato" (INTERVISTA)

L'artista, storico collaboratore di Rino Gaetano, presenta il suo ultimo disco, 'Trilogy', e ricorda con grande affetto quegli anni trascorsi nello studio di registrazione con il cantautore 'nonsense'

Su Rino Gaetano si è detto qualsiasi cosa. Il cantautore 'giullare', descritto spesso nei suoi lati più oscuri, ha rivoluzionato un'intera generazione con alcune delle sue canzoni, entrate presto nella storia della musica italiana, da 'Nuntereggae più" a 'Mio fratello è figlio unico', 'Gianna' e 'Ma il cielo è sempre più blu', con quell'indimenticabile intro al pianoforte composta da Arturo Stàlteri. Proprio Stàlteri, che in questi giorni ha presentato il suo ultimo album, 'Trilogy', racconta a Today gli anni trascorsi nello studio di registrazione accanto a Rino Gaetano: un ricordo che oggi suona forse come l'omaggio più bello, certamente il più veritiero, da parte di chi lo ha conosciuto davvero.

Lei è stato il collaboratore storico di Rino Gaetano, partiamo da quegli anni. Che ricordo ha?
"Sono passati tanti anni, più di quaranta. Ho conosciuto Rino nel '76, naturalmente non posso che avere un bel ricordo perché è stata un'esperienza che mi ha coinvolto totalmente. Era una forza della natura, stare in studio con lui significava provare mille cose. Aveva sempre le idee chiare. Il produttore Vincenzo Micocci chiamò me e Gaio Chiocchio, che allora avevamo un gruppo, dicendoci di dare una mano a questo ragazzo che aveva fatto un Lp e ora faceva un 45 giri. Ci chiamò per aiutarlo negli arrangiamenti, ma in realtà fu Rino a portarci dalla sua parte. Inventava le melodie e ci diceva come suonarle. Pur essendo un autodidatta aveva il concetto del pezzo finito, con gli arrangiamenti e i suoni. Non era solo un autori di grandi testi, testi che lì per lì sembrano ironici, ma in realtà erano abbastanza duri, raccontavano i drammi della società di quegli anni. Per questo oggi è ancora tanto amato, i giovani credo ci si riconoscano. Ho il ricordo di una persona vivace e piena di vita, molto diversa da quella che è stata raccontata in certi sceneggiati televisivi".

Si riferisce alla fiction del 2007 interpretata da Claudio Santamaria. La sorella di Rino si arrabbiò molto, disse che molti aspetti erano completamente romanzati, come il suo rapporto con l'alcol. Lei è d'accordo?
"Quella fiction è stata molto romanzata. Sono state dette cose non vere, Rino è stato dipinto come una sorta di maniaco sessuale, alcolizzato, tanto che c'è una scena in cui la sua fidanzata lo lascia quando nella realtà Rino stava per sposarsi. E' morto un mese prima del suo matrimonio. Si sarebbe sposato nella chiesa dove invece hanno celebrato il suo funerale. Mi rendo conto che ci sono delle esigenze di copione, che è importante riuscire a creare una sorta di trama avvincente, ma secondo me non ha reso giustizia a quello che era il vero Rino Gaetano".

Chi era il vero Rino Gaetano?
"Come tutte le persone che si dedicano a scrivere e a raccontare la realtà, soprattutto in quegli anni, Rino era sicuramente una persona con le sue malinconie e i suoi momenti di dubbio e di incertezza, ma da quello che ho potuto vedere io, era una persona estremamente positiva. Era sempre pronto, anche attraverso la lente dell'ironia, a raccontare quello che non andava ma dando sempre una soluzione, suggerendo un modo per affrontare le cose. Era una persona molto vera e molto dentro la realtà, anche se la trasfigurava con questi testi un po' folli".

Com'è nata 'Ma il cielo è sempre più blu'?
"Quella fu la nostra prima collaborazione. Micocci ci chiamò per incontrare Rino, lui venne negli studi della It. C'era una saletta con un pianoforte e ci suonò il pezzo così com'era, chitarra e voce. Mi chiese di fare una piccola intro, anche solo due note che introducevano il pezzo. Basandomi sui suoi accordi, ho buttato le mani sul pianoforte per vedere cosa veniva fuori e sono uscite quelle battute. Pensavo di fargliene sentire anche altre, di fare via via altre interpretazioni, invece lui mi ha fermato subito dicendo che erano perfette e che avrebbero caratterizzato il pezzo".

Aveva ragione.  
"Sì, anche in quel caso aveva visto giusto".

L'introduzione de 'Il cielo è sempre più blu' è famosa come una canzone a sè...
"E' incredibile, non lo avrei mai immaginato. Il mio istinto mi ha fatto fare quell'intro e a lui è piaciuto perché evidentemente ha pensato che questa spontaneità avesse colto anche lo spirito della canzone". 

Tra le sue collaborazioni anche quella con Franco Battiato e molti altri grandi artisti. Una che invece ancora sogna?
"Avevo alcuni miti in gioventù, che erano Brian Eno, Philipp Glass e Battiato e con loro sono riuscito a collaborare. C'è un mito per me, che però purtroppo non è più con noi: Keith Emerson e lo ho omaggiato nel mio disco. Credo che Emerson abbia fatto delle cose incredibili dal punto di vista musicale. Quando ero bambino, mentre studiavo al conservatorio, cercavo di imparare i suoi pezzi. La cosa che mi manca è di non averlo mai potuto incontrare di persona, pur avendolo visto diverse volte in concerto, e non aver potuto condividere un passaggio in un disco insieme a lui".

Lo ha omaggiato nell'ultimo album, 'Trilogy'. Nel nome c'è il significato di questi brani?
"C'è proprio la mia versione per due pianoforti del suo pezzo 'Trilogy' e con questa scusa ho pensato di dedicare il disco al numero tre, che ha sempre la sua magia. E' un numero perfetto che ha mille significati, esoterici, religiosi, cosmici. Nel libretto interno, infatti, un mio caro amico, Guido Maria Landucci, che si interroga sempre sulla realtà e su quello che è fuori dalla realtà, ha scritto un piccolo saggio dedicato al tre. Tutti i pezzi hanno a che fare col tre: o sono dei trittici o hanno il tre nella formazione, oppure hanno un tre nel titolo".

Oggi la tv è uno dei principali trampolini di lancio per cantanti e musicisti. Secondo lei il suo genere, più di nicchia, meriterebbe più spazio?
"Io credo che tutte le forme di espressione che stanno dimostrando di essere interessanti e di dare un contributo dovrebbero essere proposte anche in televisione. Mi rendo conto che i tempi televisivi sono diversi da quelli radiofonici o da quelli della rete, che è diventata forse il maggio trampolino di lancio per chi non riesce ad accedere a certi canali, però vedo che quando questo accade, funziona. Ad esempio quando Allevi va in televisione, riesce a coinvolgere facendo la sua musica, così come Einaudi o Ezio Bosso riescono a colpire. Ezio Bosso suona da quarant'anni, ha diretto in tutto il mondo, ma finché non è andato a Sanremo, con il suo problema fisico, non era così conosciuto e la gente improvvisamente ha iniziato ad amarlo. Penso che la televisione dovrebbe iniziare a osare un pochino di più e a pensare che la gente è pronta ad ascoltare anche solo un brano al pianoforte, non per forza deve entrare un cantante col basso e la batteria".

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