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Venerdì, 19 Aprile 2024

Roberta Marchetti

Giornalista

Ultimo non è l'erede di Venditti. E' Ultimo

Dalla cameretta al Circo Massimo. Se quel 4 luglio del 2019 Niccolò Moriconi, ormai per tutti Ultimo, a 23 anni piangeva davanti a uno stadio Olimpico pieno, chissà a immaginare ciò che sarebbe accaduto tre anni dopo, sempre nella sua città. Settantamila persone, ieri sera, nella storica arena della Capitale per il giovane cantautore di San Basilio, che nel frattempo ha imparato a governare meglio tanta emozione, senza però far mancare i brividi al suo pubblico. 

Completamente padrone di un palco così importante, con un immancabile bicchiere di vino rosso ad accompagnarlo, esplosivo in ogni performance e preciso nella vocalità, con qualche sporcatura qua e là che non guasta. Poche 'chiacchiere', tante canzoni, figlie di 5 anni di carriera e di soli 4 album, che però bastano a riempire il Circo Massimo e a fargli cadere tra capo e collo quel pesante passaggio di testimone che a Roma va tanto di moda. L'eredità artistica nella Capitale è una cosa seria. Carlo Verdone ha raccolto a furor di popolo quella di Alberto Sordi, mentre per Gigi Proietti il posto è ancora vacante. Non ce l'ha fatta Mannarino con Franco Califano o Gabriella Ferri - cantautori di una 'Roma nuda', sfacciata e maledettamente vera -, Ultimo invece entra in corsa ancora prima del necessario. Il paragone con Antonello Venditti - che fanno in molti - può sembrare quasi d'obbligo, ma per tanti aspetti non regge e non soltanto per i 45 anni di carriera e i 25 dischi che li separano. 

Stamattina, a 12 ore di distanza dal concerto del Circo Massimo, in radio è passata 'Sara'. Che non è 'Giusy', scritta dall'allora sedicenne Moriconi. Entrambe adolescenti, Sara e Giusy sono l'emblema di due generazioni diverse e distanti, anche se raccontate con la stessa cura. E questo è principalmente ciò che lega e allo stesso tempo allontana Antonello Venditti e Ultimo. Uno canta di gravidanze indesiderate - tema gettonatissimo nelle canzoni fino ai primi anni '90 ('Cenerentola Innamorata' di Masini una delle ultime, ma anche delle più belle) - l'altro della fragilità che travolge una ragazza di oggi. Sono i tempi che cambiano, anche se la profondità di scrittura è la stessa. L'amore, l'amicizia, la fine di una storia, il dolore, il senso della vita, raccontati con due linguaggi diversi, a quarant'anni di distanza. Ma della famosa 'scuola romana' Ultimo non è stato l'unico a portare avanti il cantautorato di stampo vendittiano. Anzi, è proprio l'ultimo ad averlo fatto, per servirmi di un utile gioco di parole. Prima di lui potevano averci provato Niccolò Fabi e Daniele Silvestri - anche se lontani per musicalità - mentre ad andarci vicino è stato ed è tuttora Fabrizio Moro. Nemmeno lui però ha mai riempito il Circo Massimo. 

C'è qualcosa che fa di Ultimo un innegabile fenomeno musicale e questo non va ricercato esclusivamente nei suoi testi, tantomeno tra le note delle sue canzoni. Forse molto lo fa il messaggio di riscatto che porta, speranza importante per la sua generazione, oppure "l'ossessione per la sua passione, che vale molto più del talento", come ha ricordato nell'unico discorso fatto durante la tappa romana, ma la capacità di attirare un pubblico così vasto - ieri al concerto c'erano adolescenti e ultratrentenni - è qualcosa di trascendentale a cui si può solo assistere, come hanno fatto i 70 mila del Circo Massimo. E senza il bisogno di dover necessariamente tirare le somme fra trent'anni. 

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