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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Alfredino, una storia di speranza oltre la tragedia: incontro con il cast

La vicenda di Alfredo Rampi commosse l'Italia intera nel 1981, oggi rivive nella miniserie in quattro puntate prodotta da Sky e Lotus Production. In onda il 21 e 28 giugno su Sky Cinema e Now

La tragedia di Alfredo Rampi, il bimbo di soli sei anni morto dopo essere caduto in pozzo artesiano a Vermicino, rivive a quarant'anni esatti di distanza nella nuova miniserie prodotta da Sky e Lotus: "Alfredino - Una storia italiana".

Quattro puntate che andranno in onda in prima tv lunedì 21 e lunedì 28 giugno (due episodi a serata). Venerdì 18 giugno la conferenza stampa di presentazione alla presenza di regista, cast, produttori e di Rita Di Iorio, presidente del Centro Alfredo Rampi. La storia raccontata in "Alfredino" va ben oltre il dolore privato che si fece trauma collettivo per un'intera nazione. La miniserie non si limita a mettere in scena la scomparsa di Alfredo Rampi ma racconta la tenacia, la determinazione e l'altruismo dei suoi genitori nel voler dare vita, subito dopo la tragedia, alla nascita della Protezione civile come la intendiamo oggi e del centro "Alfredo Rampi" dedicato ai più piccoli. Antonella D’Errico, executive vice president programming di Sky Italia, lo chiarisce fin da subito: «Il nostro scopo era quello di raccontare ciò che è accaduto dopo la morte di Alfredino, ovvero la nascita della Protezione civile e del centro Rampi. In quei giorni l’Italia ha assistito ad una trasformazione civile e sociale davvero importante. Più della cronaca ci interessava raccontare il "dopo" e come da un dolore così grande potesse nascere un progetto tanto importante. Si è trattato di un lavoro fortemente corale, nel pieno rispetto di una storia che doveva essere raccontata».

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Il regista Marco Pontecorvo racconta: «La storia di Alfredino Rampi appartiene al DNA dell’Italia in maniera transgenerazionale. Ricordo di aver vissuto la tragedia di Vermicino a casa con i miei genitori. Per raccontare un evento di questa portata siamo andati sempre con i piedi di piombo. Devo ammettere che la lavorazione è stata particolarmente difficile: abbiamo girato durante la pandemia in un periodo molto freddo e segnato dal maltempo. Sul set abbiamo girato con pozzi reali di 4/5 metri scavati in location, il resto è stato ricostruito in studio. Non ci interessava cavalcare i sentimenti del melodramma ma seguire una rotta che si allontanasse il più possibile dalla "tv del dolore" e dal pietismo televisivo. La speranza è che il pubblico, rivivendo oggi la storia di Alfredino, riesca a riviverla, superarla prendendone gli aspetti migliori».
Anna Foglietta è la protagonista indiscussa della miniserie: «Abbiamo trattato questo film per la tv come fosse un figlio, non nostro, bensì di tutta Italia. Nel 1981 avevo solo due anni ma sono cresciuta con il ricordo della storia di Alfredino. Fino a quando non ho letto la sceneggiatura non conoscevo però tutta la storia di speranza nata dopo la tragedia. "La cura" di Franco Battiato mi ha accompagnato molto negli ultimi mesi e penso rappresenti bene il senso della serie. Non ho incontrato né conosciuto Franca Rampi per rispetto del suo dolore e della sua grande dignità ma, dopo questa interpretazione in cui ho messo davvero tutta me stessa, credo un po’ di averla implicitamente conosciuta.  Era la mamma di tutti e penso ci voglia una forza ed un’empatia straordinaria per superare una tragedia simile. Dignità e rispetto sono i temi chiave alla base di tutta questa storia».
Luca Angeletti nei panni di Ferdinando Rampi spiega: «Interpretare il "padre d’Italia" è stato un viaggio emotivamente faticosissimo. Abbiamo girato in ordine cronologico e siamo entrati in contatto con questi personaggi, realmente esistiti, mano a mano. Mettere da parte la Storia e le emozioni è stato l'aspetto più difficile. Girando in sequenza il set diventava sempre più affollato giorno dopo giorno e recitare nelle vicinanze del pozzo in cui era caduto Alfredino ci metteva vera soggezione. Alla fine proiettare tutto sulla speranza e sul bene comune è stata la chiave per superare questa vicenda. Abbiamo raccontato insieme la parte intima della tragedia di Vermicino perché non c’è spazio per il dolore quando si cerca di salvare una vita umana».

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A guidare il "coro" di co-protagonisti della serie è invece Francesco Acquaroli (Suburra) nei panni del Comandante dei vigili del fuoco, Elveno Pastorelli: «La possibilità di lavorare per la prima volta con Marco Pontecorvo mi ha subito spinto ad accettare il ruolo. Nel 1981 avevo 19 anni, mi mancavano pochi giorni all'esame di maturità e ricordo tutto perfettamente: le ultime ore della diretta hanno tenuto me e mia madre incollati davanti allo schermo. Rivivere la tragedia di Alfredino con una nuova maturità è stata l’occasione per rielaborare quell’esperienza con un approccio storico ed emotivo al tempo stesso. Erano anni terribili per l’Italia, solo pochi giorni prima della morte di Alfredo Rampi c’era stato l’attentato a Papa Wojtyla, eppure l'incidente di Vermicino ha immobilizzato l’intero Paese. E’ stato davvero qualcosa di enorme». Vinicio Marichoni (Romanzo Criminale) interpreta Nando Broglio, figura chiave nelle operazioni di soccorso: «Girando questa serie tutti abbiamo avuto la sensazione di essere una sorta di megafono per dare voce ai quei milioni di italiani che, nel 1981, avevano assistito alla tragedia di Alfredino. Nando Broglio era uno dei vigili del fuoco più apprezzati dell’epoca, ho cercato di metterne in scena la sua gigantesca umanità non solo come pompiere ma soprattutto come padre di famiglia». Giacomo Ferrara, Spadino nella serie "Suburra", interpreta qui un ruolo molto lontano dal personaggio che l'ha fatto conoscere al grande pubblico: «Essendo nato nel 1990 non ho vissuto in prima persona la tragedia di Alfredino - racconta - la storia non la conoscevo così bene ma un grande aiuto mi è arrivato dalla sceneggiatura oltre a tutto il lavoro fatto sulla documentazione storica. Maurizio Monteleone era un ragazzo di cuore, un anarchico. Si è trovato a Vermicino un po’ per caso ma ha voluto fare fino in fondo il suo dovere. Quando mi sono calato nel pozzo a testa in giù ho capito sulla pelle l'enorme sforzo fatto dai soccorritori per salvare la vita di Alfredino. E’ stata un’esperienza emotivamente fortissima, basata su rispetto e sensibilità». Massimo Dapporto conclude: «Nel 1981 avevo 35 anni, ero già grande. Ho seguito tutta la storia di Alfredino e sono stato onorato quando il regista mi ha offerto il ruolo di Sandro Pertini. Tagliarmi i baffi è stata la chiave per entrare nel personaggio, di cui sono sempre stato un grande ammiratore. Quell’anno l’Italia era diventata davvero una famiglia stretta intorno ai genitori di Alfredino. Sarebbe bello se questa serie ci facesse riscoprire quanto sappiamo essere uniti come popolo nei momenti di difficoltà e non solo per le partite di calcio della Nazionale».

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